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L’ultimo abbraccio

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Di fronte ad un gesto come quello di oggi non si può restare in silenzio. Riportiamo la vicenda: a Lendinara, in provincia di Rovigo, un nonno di 73 anni ha posto fine all’agonia del nipote, un bambino di cinque anni affetto da una grave e rara malattia genetica. L’anziano ha preso il nipotino, lo ha sollevato dalla carrozzina e si è gettato, abbracciando forte il piccolo, in un fiume. I due sono così annegati nell’Adigetto, piccolo corso d’acqua, un tempo navigabile, che si distacca dall’Adige.

Lo zio del bambino, che stava sopraggiungendo per dare il cambio all’anziano, ha trovato la carrozzina sulle rive del fiume e ha cercato, temendo il peggio, tracce dei due scomparsi. Li ha poi rinvenuti poco oltre, seguendo il lungofiume, stretti nell’ultimo abbraccio. I genitori del piccolo, che si trovavano a Perugia per un convegno sulla malattia del piccolo, sono immediatemente ripartiti alla volta di Lendinara. I carabinieri, con tipito linguaggio tenico, hanno definito l’atto un omicidio-suicidio.

Questo gesto può venire sbrigativamente condannato dai moralisti d’accatto come un assassinio, o dai ferventi religiosi ed indottrinati come un avere osato togliere all’imperscutabile disegno di Dio la sua sacralità. Invero per rispondere a questo secondo ordine di ipotesi si può agevolmente replicare, e laicamente, con che la nostra intera esistenza è caratterizzata da un determinismo causale, dove tutto è già stabilito e pertanto tale tragico evento faceva parte del disegno, non di Dio, ma del susseguirsi degli eventi.

A chi invece propende per liquidare il gesto come un assassinio, e facendo un giro per i media si nota come vi siano diversi sostenitori di tale superficiale concetto, abbiamo solo da chiedere compassione e silenzio per i veri sofferenti del caso, che sono i genitori del piccolo, i quali si sentiranno forse colpevoli di avere lasciato il figlio nelle mani del nonno.

Nonno Danilo, invece, avrà preso questa decisione con il cuore pesante, come potrebbe suggerire anche il fatto che si sia tolto la vita nel gesto estremo, forse con la consapevolezza di non poter vivere con un macigno sul cuore di tale portata, ma più probabilmente, diciamo noi, con la voglia di accudire per sempre il piccolo, anche nel caso dovesse esserci un qualcosa dopo la vita, dove gli scampoli della nostra materia impalpabile dovessero riversarsi, casomai esistessero.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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