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Addio alla presunzione e al buonismo di Prandelli

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Dopo la sconfitta con l’Uruguay e la seconda eliminazione ripetuta in due mondiali di seguito della Nazionale nella fase a gironi (eguagliando il record negativo di 50 anni fa) Prandelli e Abete si dimettono. Qualche considerazione.

Roberto Crudelini nel suo articolo Azzurro tenebra analizza la condizione disperata del nostro campionato da cui scaturisce una Nazionale pallida e sfibrata. Non se la sente di dare la colpa alle scelte tattiche del mister, le quali, tutto sommato, sono condivisibili perlomeno nelle convocazioni. Il tentativo disperato di inserire all’ultimo Balotelli e Immobile è segno di un lodevole saper cambiare idea rispetto alle proprie convinzioni, eppure i peggiori fantasmi (Balotelli che ruba spazio al capocannoniere Immobile) si sono palesati e la partita è andata come è andata, con tutta la sfortuna e l’ingiusta espulsione di Marchisio. Ci siamo strameritati l’esclusione dalla fase ad eliminazione diretta però, e questo è palese.

Il vero fallimento è invece, per chi scrive, di un Prandelli non sbiadito e non condivisibile nelle sue convinzioni extracalcistiche, quando si sa che l’allenatore della Nazionale di calcio è un simbolo dotato di una potenza mediatica straordinaria e tutto quello che dice ha ampia eco da Bolzano a Lampedusa. Prandelli diceva oggi di avere subito le stesse critiche insopportabili di un partito politico, lasciando intendere che non si può invero addossargli colpe e critiche di tal fatta ed extra-agonistiche. Tutto sbagliato. La Nazionale di calcio è come un partito politico: consideriamo infatti che negli stadi la politica c’è ed è forte ed estrema e consideriamo pure che le dichiarazioni “politiche” del mister sono state tante e tanto spiacevoli negli ultimi anni. A partire dall’italianità presunta degli oriundi per arrivare, giusto ieri, ad affermare che l’Uruguay ha un patriottismo che ci manca.
Gli italiani hanno invero paura ad usare la parola Patria, derivati compresi: ecco perché utilizzare questa parola (patriottismo) da parte di un personaggio pubblico ha oggi un forte connotato politico, nonostante non dovrebbe averlo. 

Tirare fuori e strumentalizzare il “patriottismo” per scaldare gli animi dei calciatori in occasione di quello che lui stesso definiva “il match più importante della mia carriera” è stato un colpo basso, uno sfruttare un concetto alto e che nulla dovrebbe avere a che fare con il calcio malato e negletto che siamo costretti a vedere. Parliamo di uno sport dove i maggiorenti finanziari litigano per i diritti tv, quando gli stadi sono vuoti, persino ai mondiali! E’ l’apoteosi dell’obesità e della pigrizia da divano che ebetizza un popolo: non è più uno sport, non è più un gioco: è solo uno specchietto per le allodole, e Prandelli si è divertito, per decisamente troppo tempo, a fare la figura del progressista, parlando di outing di omosessuali in nazionale (di omosessuali poi non se n’è visti). Una nazionale progressista che però convoca ancora lo stanchissimo, viziatissimo e panzuto Cassano, che avrà anche buoni piedi, ma non si meritava sicuramente una convocazione. Il Primato nazionale non usa mezzi termini parlando di retorica anti-italiana. Non creda, il ct, che ci si possa dimenticare la becera propaganda pro ius soli, o il concetto invocato ad ogni pié sospinto, dei nuovi italiani.

La nostra nazionale di calcio è specchio fedele della decadenza del paese, ma anche di quanto di buono ancora c’è e da cui bisogna ripartire. Indomiti gladiatori come Buffon e Pirlo, giovani valenti come Marchisio, Verratti, Immobile eccetera sono ciò da cui bisogna ripartire. Buffon dice che il posto in nazionale bisogna meritarselo per ciò che si è fatto vedere in campo, conferendo una dobbia stilettata a Prandelli e a Balotelli, ed ha perfettamente ragione. Immobile, dall’alto della sua caterva di gol, con Cerci prestigioso escluso, si meritava un posto fisso e come sostituto il Balotelli attorno a cui il ct ha costruito il progetto tecnico, per sua stessa ammissione, fallito.

Caro Prandelli, fuori dal campo hai fatto molti errori che non vuoi ammettere. Non soltanto in campo hai fallito: tirando fuori un patriottismo rancido e fasullo dell’ultimo minuto non hai impressionato nessuno. Costruendo la squadra non attorno al merito, ma ad estrose convinzioni smentite dal campionato e da comportamenti di superiorità e presunzione (Balotelli, Cassano) hai fatto ridere i polli. Giusto che anche il presindente della Figc Abete, che ha avallato tale comportamento, si sia dimesso. Non basta dire che si ha sbagliato, ma cercando indegnamente di smarcarsi dalle critiche.
Prandelli: ora ti becchi le critiche e gli insulti, conditi da tutto lo stress e quell’odio italico che sta rinascendo nei confronti di un buonismo di maniera che ormai siamo costretti a vedere (ma non a digerire!) persino quando siamo rilassati a goderci una partita.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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