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Non è un paese per inermi

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Il recente fatto di cronaca avvenuto nel paese di Motta Visconti è di quelli che ti fanno tremare le vene e i polsi. Un atroce episodio che potrebbe essere solo il frutto della fantasia di qualche scrittore di romanzi horror se non fosse purtroppo per la tetra realtà che ci incute sbigottimento e paura, sì paura con la P maiuscola. Paura perché se due bambini e una madre non possono neppure più fidarsi del loro padre e marito vuol dire che nessuno, ma proprio nessuno può dirsi sicuro, in questo paese, della propria incolumità fisica. Quello che è successo nella piccola cittadina dell’hinterland milanese a cui, per uno strano scherzo del destino, è seguita l’identificazione, dopo tre anni e mezzo di ricerche, del presunto assassino della povera Yara, apre in tutti quelli che credono ancora nella civile convivenza tra esseri umani, una ferita, una piaga che difficilmente potrà essere guarita, lenita dal poco bene che ancora esiste tra le pieghe di una civiltà malata, quasi defunta.

Se un uomo apparentemente sano di mente, decide di sgozzare i suoi due bambini e sua moglie perché gli sono semplicemente di impaccio alla sua presunta relazione extraconiugale e, dopo che lo ha fatto, se ne va tranquillamente a guardare  la partita di calcio con gli amici come se niente fosse, vuol dire che la nostra civiltà è arrivata al suo drammatico e definitivo capolinea.
 

Vuol dire che il mondo che credevamo di dominare e controllare dall’alto delle nostre presunte capacità razionali, è diventato in realtà un buco nero nel quale abbiamo perduto ineluttabilmente ogni certezza sulla nostra esistenza e sul significato del nostro stesso vivere. Se pensiamo poi, riferendoci alla tragedia di Brembate, che una bambina di tredici anni può uscire di casa e sparire nel nulla per poi essere ritrovata morta tre mesi dopo perché un vicino insospettabile, con molta probabilità, l’ha uccisa, il quadro lugubre si chiude su un mondo che forse meriterebbe di essere schiacciato dal dito di Dio.
 

Sarebbe quasi inutile, perché ci fa male e ormai il danno è già fatto, ricordare come la nostra società da tempo ha dimenticato, perché gli erano scomodi, quei valori sui quali si è fondata da tempi immemori la convivenza civile tra esseri umani. In nome di un sinistro e blasfemo relativismo che premia qualsiasi istintività umana e che rende lecita ogni azione purché sia di quella la fedele esecutrice, il nostro mondo post moderno ha eliminato quei pilastri morali senza i quali non può sussistere alcuna relazione tra esseri umani e che ci sta facendo precipitare nel famoso Homo homini lupus.

Nessuno insegna più quelli che dovrebbero essere i valori di riferimento di una società cosiddetta civile, perché forse quegli stessi valori non sono più condivisi in nome di un materialismo ateo che, per sua stessa natura, finisce per non avere più alcun riferimento morale assoluto.
 

Siamo ricaduti purtroppo in uno stato di natura selvaggio e primitivo dove ci si ammazza solo per il proprio tornaconto immediato e ferino, dove esiste solo e soltanto la difesa a oltranza della propria piccola territorialità e per quella si sarebbe disposti ad azzannare il primo intruso che, senza neppure volerlo,  impedisce la realizzazione capricciosa dei propri interessi animali. Non c’è alcuna differenza a nostro giudizio tra chi trucida la propria stessa famiglia con la facilità con cui si schiaccia una mosca e chi rapisce e uccide una ragazzina di tredici anni o tra chi si diverte a lanciare massi da un cavalcavia dell’autostrada o tra chi ti accoltella per una precedenza non data o chi ti ammazza perché così eredita i tuoi beni e si può comprare la sua brava dose di droga quotidiana.

Tutti questi fatti di ordinaria follia hanno un solo elemento in comune: l’amore sconfinato per il proprio ego e i propri capricci e il disprezzo dell’esistenza degli altri. Se condiamo tutto questo con una buona dose di vigliaccheria, le vittime sono quasi sempre innocenti e inermi, non ci resta che piangere sui resti fumanti di una civiltà che non ha più nulla di umano e che a questo punto deve essere risettata e rifondata dalle basi. Ma per fare questo occorrerà riprendere in mano anche la frusta e il bastone perché altrimenti il nostro immane sforzo potrebbe essere vano.

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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