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Caso Marò: dopo il danno adesso arriva anche la beffa.

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E’ di questi giorni la notizia riportata dal settimanale “Panorama” e dal quotidiano “Il Giornale” secondo la quale il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini, nel mese di novembre è andato a rendere omaggio al nostro peggior nemico, quel Narendra Modi, leader nazionalista indù, accanito fautore della pena di morte nei confronti dei nostri due Marò, che ora sono ospitati in attesa di processo nei locali dell’ambasciata italiana a New Delhi.

Il leader massimo dell’oltranzismo indiano, che forse vincerà anche le prossime elezioni di maggio,  è la stessa persona che gridò allo scandalo quando i nostri due soldati fecero per breve tempo ritorno a casa osando allora parlare ( sic…) di insulto al popolo indiano. Ed è sempre la stessa persona che vorrebbe vedere pendere dalla forca già oggi i nostri due connazionali.

Ebbene è da un simile personaggio che il nostro ambasciatore si è fiondato, due mesi fa,  portando pure doni, strette di mano e sorrisi, manco fosse andato a trovare Suor Teresa di Calcutta. Ora non dobbiamo stupirci più di tanto di tale diplomatico vezzo, perché i nostri attuali governanti, quando qualcuno ci fa del male, e il governo indiano in questo momento ce ne sta facendo eccome, invece di impedirglielo con le buone o con le cattive, si limitano ad andare a rendergli omaggio sperando così nella sua pietà. Questa si chiama “legge del più debole” ed è il dettato che in questo momento sta dominando nelle alte sfere del nostro governo e in quelle della diplomazia. Il direttore de “Il GiornoGiancarlo Mazzuca ha tentato di fare una difesa d’ufficio nei confronti dell’ambasciatore in questione parlando di un’arte della diplomazia con regole ben precise che non possono tenere conto degli stati d’animo, ma evidentemente il giornalista si dimentica che se l’ambasciatore Daniele Mancini è andato ad omaggiare quel signore che ci odia con tutte le sue forze è perché qualcuno gli ha sicuramente detto di farlo, facendoci fare per giunta ridere dietro da mezzo mondo.

Ci sarebbe però ben poco da sganasciarci dalle risate perché i nostri due compatrioti rischiano la forca e la rischiano per aver semplicemente fatto il loro dovere di militari italiani e quindi pur essendo totalmente innocenti. La surreale scenetta, di cui ci sono in giro “bellissime” foto, vede il nostro rappresentante di bandiera scambiarsi amorevolmente fiori, doni e sorrisi con chi vorrebbe morti i nostri soldati. Non ci può non venire  in mente, a questo riguardo,  un famoso episodio risalente a più duemila anni fa quando Roma venne attaccata e messa a ferro e a fuoco dalle orde dei Galli agli ordini di Brenno. Dopo che i barbari si erano divertiti diversi giorni a scannare innocenti e  a stuprare le donne romane mentre alcuni valorosi si erano asserragliati sulla rocca del Campidoglio per tentare un’estrema e disperata difesa, una delegazione di tremebondi ambasciatori si presentò al cospetto del capo barbaro  portando oro e doni in quantità con la speranza di ammansirlo convincendolo a tornarsene una buona volta da dove era venuto. Evidentemente non avevano capito come vanno le cose su questa terra: per tutta risposta il capo gallo infatti  prese la spada e con fare prepotente la mise sulla bilancia gridando loro “Guai ai vinti!”. Meno male che allora, stando alle fonti storiche in nostro possesso, arrivò all’ultimo il generale Furio Camillo a strozzare l’urlo in gola al barbaro strafottente, con la famosa frase “Non con l’oro ma con la spada si riscatta l’onore della patria!” .

Ora non saremo noi così ingenui da invocare l’uso della forza militare, ma ricordiamo che, quando la diplomazia fallisce il suo compito e soprattutto quando c’è in ballo la vita dei nostri connazionali, l’uso della forza può essere ammessa come estrema ratio, è il diritto internazionale stesso a prevederlo e…al diavolo interessi economici, politici e quant’altro… signori la vita umana vale molto di più. Ora la frase di Furio Camillo dovrebbe essere inquadrata e appesa negli uffici dei vari funzionari della Farnesina e dello stesso Ministro degli Esteri, come semplice monito perché l’intero episodio che abbiamo raccontato rende bene l’idea di una certa tendenza levantina, evidentemente dura a morire nei millenni, una tendenza che porta molti nostri rappresentanti a svendere a basso conio l’onore e la dignità del Popolo Italiano. Onore e dignità nazionali che sono in fondo gli unici valori, invalicabili, che ci sono ancora rimasti, oltre, beninteso, alla capacità di sopportare la povertà in cui ci hanno fatto piombare e le offese di chi ci disprezza per essere semplicemente e splendidamente Italiani.

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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