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Due riflessioni, tra il serio ed il faceto, sul nostro destino ultraterreno

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Ovvero quello che non mi convince della versione che la religione cristiana ci ha dato dell’aldilà.

 Come tutti gli anni, all’appressarsi della ricorrenza dei morti, il mio animo viene assalito da un vago senso di angoscia e di disagio. Mi viene da pensare all’improvviso a quello che sarà di me una volta conclusa, con onore o disonore, la mia raminga esistenza su questa sperduta roccia rotonda posta ai margini della Galassia.

La nostra sorella morte, così come la chiamava il nostro San Francesco, dopo una vita intera passata tra bagordi e gozzoviglie e un clamoroso ripensamento dell’ultima ora, mi da da pensare e quando ci penso mi inc…zo come una bestia perché dico: non ci siamo e no che non ci siamo! Perché mai, dopo una vita intera passata tra problemi di ogni genere, dalle rate da pagare ad Equitalia a quelle del mutuo, ai problemi di salute che prima o poi “acchiappano” anche i più robusti e fortunati, alla questione, mica da ridere, che tutto quello che facciamo sulla base della nostra povera ma cara carnalità non è gradita all’Onnipotente e quindi per noi mortifera, tutto quello che otteniamo è al massimo una bella stretta di mano? Insomma una vita passata, chi più chi meno, a combattere contro noi stessi rinunciando a buona parte di ciò che l’esistenza ci offre perché così deve essere, perché qualcuno ci ha detto che dobbiamo rinunciare ad una parte di noi, alle nostre esigenze psicologiche, affettive e corporali, che finisce per sfociare in sole tre opzioni, nessuna delle quali, a dire il vero, mi attira più di tanto.

 E sì perché stando a quanto ci raccontano le Sacre Scritture, ma soprattutto in base all’interpretazione che di queste ha dato la Chiesa, le prospettive che ci aspettano nel nostro poco simpatico oltretomba mi sembrano un ben misero scenario di post mortem.

Ma andiamo con calma. La prima opzione ci dice che se non facciamo i bravi passeremo l’eternità con i nostri fondo schiena, anche se fondo schiena spirituali per carità, appoggiati su roventi avelli, oppure inglobati fino al collo in un mare di ghiaccio, o peggio, infilati dentro un’incredibile zuppa di fango e di escrementi e via con altre simili amenità. Bé di fronte ad una simile evenienza ci sarebbero elementi sufficienti per convincersi a rigare dritti fino all’ultimo spasmodico e affannoso tentativo di respirazione. Ma chi sa come mai così non è e non lo è per nessuno neanche per i Santi: di rigare sempre dritti non se ne parla proprio, nel senso che, anche se armati di buona volontà, proprio non ci riusciamo, e se ci riusciamo questo accade spesso solo in…articulo mortis, ovvero quando il sacerdote arriva con tanto di acqua santiera e stola a dare l’estremo saluto alla nostra…”sovrumana” fragilità.

 Insomma sembra che, nella migliore delle ipotesi, siamo destinati a salvarci in…zona Cesarini, magari pure dopo i tempi supplementari e i calci di rigore. Ma proseguiamo: i più fortunati, quelli che all’ultimo secondo riescono con il fiato che gli resta a liberarsi dei loro moltissimi peccati mortali, ma che non sono riusciti evidentemente ad espiarli in questa vita, si trovano davanti lo stesso destino dei cattivacci di cui sopra ma almeno con la consolazione che prima o poi il Capo li chiamerà ai piani superiori. Diciamo subito che questa storia delle pene provvisorie mi sa tanto di retrocessione in serie B in attesa di riconquistare sul campo la sospirata promozione alla massima serie. E poi, altra cosa alquanto strana: ma scusate non si era detto che l’aldilà è fuori dal tempo? Che una volta morti non avremmo più avuto l’assillo delle lancette dell’orologio che scorrono e della maledetta sveglia del mattino? E allora come è possibile che il cosiddetto Purgatorio…duri solo per un po’ fino a quando ci diranno che…lassù c’è un…bel caffè caldo che ci aspetta. Se il tempo non esiste più, quali strumenti avrà mai il Buon Dio per stabilire che per noi è arrivata…l’ora di un bel “Crema e Gusto”? Non lo sappiamo e forse è meglio che continuiamo a rimanere nella nostra beata ignoranza, perché più ci pensiamo e meno ci convinciamo.

 Ed eccoci, in questo riassuntivo viaggio para-dantesco, arrivati finalmente alle soglie del Paradiso, dove per la verità, si concentrano quasi tutti i miei personalissimi problemi di interpretazione. Bene qualcuno mi spieghi perché dopo una vita passata nel vano tentativo di mettere i bastoni alle ruote al mio Io, ma con lo scopo, spesso raggiunto, di rovinarmi la festa sul più bello grazie ai miei innumerevoli e nevrotici sensi di colpa, mi si premia lasciandomi semplicemente in calza maglia bianca e con l’arpa in mano a cantare a squarcia gola e a pregare per il resto dei miei eterni giorni? Questo in effetti sembrerebbe il premio per chi facendosi un c…o così è riuscito nel tentativo di rovinarsi per bene la vita, sapendo di riacquistarne un’altra, questa volta (sic!) di durata indefinita.

 Ma mi domando io a questo punto: tutto qui il premio?! Tutto qui il premio per avere fatto il proprio dovere avendo pure avuto la sfortuna di non essere nati da una copula di Rotschild o…dello zio Paperone, o di aver detto di no ad un mare di donne stupende e ben disposte nei nostri confronti semplicemente perché a noi Cristiani questo è vietato? Tutta sta fatica per ritrovarmi a cantare all’infinito insieme agli angioletti, magari con tanto di parrucca bionda, mandolino e voce in falsetto… . Mi sovvengono dei grossi dubbi e un’altra inquietante considerazione: se all’Inferno possiamo, come dice la famosa barzelletta, sempre sperare di ritrovarci nel settore degli Italiani con la possibilità di essere ogni tanto graziati da qualche sciopero improvviso vuoi degli enti fornitori del fango, di quelli del fuoco o magari dei diavoli stessi, nel Paradiso questo purtroppo non può succedere. Se infatti qui ci sono solo i buoni, la nostra cantata non potrà mai essere pietosamente interrotta da qualche provvidenziale presa di posizione sindacale semplicemente perché in quel posto non ne è ammessa l’eventualità.

 E allora provate a immaginare invece un paradiso dove potete finalmente fare quello che vi è stato sempre vietato: vivere alla grande senza l’assillo di doversi fare un c…così per campare, donne bellissime e sempre disponibili, partite di calcio a go go, senza le donne di cui sopra a lamentarsi e a rompervi gli attributi, con la vostra squadra del cuore che vince eternamente il campionato, il derby stracittadino e magari anche la Champions, invece che essere costretti a cantare e a pregare senza sosta….fino alla fine dei tempi. Poi mi dite cosa può provare un poveraccio anche solo dopo mille anni di questa…baldoria salmodiata! Se confrontiamo il nostro paradiso con quello di altre religioni viene da chiedersi perché mai noi Cristiani dobbiamo fare sempre la parte degli “sfigati” di turno? No, come disse qualcuno qualche anno fa: non ci sto e no che non ci sto! A me questo, per giunta finto, “riposo eterno” proprio non va giù.

 Volete che faccia il mio dovere e che rinunci a me stesso? Ok mi impegno e lo faccio, anche perché, da pavido quale sono, le fiamme mi fanno una gran paura, ma allora, in questo caso, voglio un Paradiso come dico io, anche perché, a pensarci bene, credo che in quel coretto di evirati sopra le nuvolette stonerei alla grande. Se il Buon Dio, dall’alto della Sua infinita misericordia, vorrà, sono disposto anche a presentarmi con tanto di certificato medico dichiarante la mia inettitudine al canto a causa della mia laringe infiammabile e della mia ugola stonata. Mi auguro che uno…strappo alla regola si possa anche fare ogni tanto. Anche perché penso che ognuno debba avere il Paradiso che si…merita no? Miserere nobis. Amen.

di Roberto Crudelini

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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