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L’amore da oriente a occidente

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Il buddismo è una grande teoria filosofico-religiosa della vita ed in quanto tale, in tutte le sue varie sfaccettature geografiche e teologiche, prende in esame ogni aspetto dell’esistenza umana ed animale. Tutto è incentrato sulla compassione, il sentimento più alto e più nobile che si possa provare nei confronti dell’altro. Anche l’amore è influenzato da questo concetto base. Leggendo varie teorie dei padri del buddismo si può rimanere sulle prime scossi da una visione dell’amore totalmente diversa e contrastante rispetto a quella occidentale.

L’amore imperituro e romantico “vita natural durante” e l’amore eroico, per il buddismo, non esistono. La compassione, uno dei due pilastri della dottrina del Dharma (insieme alla saggezza), si sostanzia anche nella legge dell’amore, per la quale amore significa desiderare che tutti siano felici e ciò si deve successivamente sviscerare nel fare di tutto perché gli altri siano felici. La religione che si può ritenere la più contemplativa tra tutte è quella che però spinge ad agire per ottenere questo risultato.

Essendo tutto ciò che siamo il risultato di ciò che abbiamo pensato, detto e fatto, tutto ciò che saremo è il risultato di ciò che pensiamo, diciamo e facciamo ora. Dacché in ogni secondo utile noi costruiamo il nostro futuro è d’uopo non perdersi in vaneggiamenti o pensieri quando sia possibile rendere concreto l’insegnamento: agire positivamente, qui ed ora è il modo migliore per rendere felici gli altri.

Se si prendono in considerazione tre punti cardine del buddismo si può bene intendere come la concezione stessa del sentimento amoroso non possa collimare con quella, di attaccamento che talvolta sconfina nell’idea sbagliatissima del possesso, di noi occidentali:

1. Considerare l?esperienza dei sensi relativamente non importante, ovvero percepire e riconoscere la natura transitoria ed instabile di tutti i fenomeni sensoriali;

2. Tentare di rinunziare a ciò verso cui si sente attaccamento, ovvero assumere un atteggiamento di sereno distacco nei confronti dei propri impulsi e desideri;

3. Proporsi di trattare tutti gli uomini allo stesso modo, ossia coltivare una disinteressata equanimità nei confronti del prossimo, chiunque esso sia.

La bellezza insita nell’amore romantico e nell’attaccamento talvolta inscindibile tra un uomo e una donna, attaccamento per il buddismo caratterizzato da alcune incoerenze ed errori di fondo nell’approccio alla vita, è talmente grande da superare ogni concezione contemplativa della vita perfetta. Un peccato che vale la pena di essere commesso.

Una poesia di Gozzano, “Paolo e Virginia“, che si ispira all’omonimo romanzo d’amore romantico dell’abate Prévost.

Amanti, misereremiserere di questa mia giocosaaridità larvata di chimere!

IIo fui Paolo già. Troppo mi scuoteil nome di Virginia. Ebbro e commossoleggo il volume senza fine amaro;chino su quelle pagine remoterivivo tempi già vissuti e possopiangere (ancora!) come uno scolaro…Splende nel sogno chiarol’isola dove nacqui e dove amai;rivedo gli orizzonti immaginarie favolosi come gli scenari,la rada calma dove i marinaitrafficavano spezie e legni rari…Virginia ride al limite del boscoe trepida saluta…Risorge chiara dal passato foscola patria perdutache non conobbi mai, che riconosco…IIO soave contrada! O palme sommeerette verso il cielo come dardi,flabelli verdi sibilanti ai venti!Alberi delle manne e delle gomme,ebani cupi, sandali gagliardi,liane contorte, felci arborescenti!Virginia, ti rammentidi quella sempiterna primavera?Rammenti i campi d’indaco e di the,e le Missioni e il Padre e il Viceré,quel Tropico rammenti, di maniera,un poco falso, come piace a me?…Ti rammenti il coloredel Settecento esotico, l’odoredi pace, filtro di non so che fruttoe di non so che fiore,il filtro che dismemora di tutto?…IIITi chiamavo sorella, mi chiamavifratello. Tutto favoriva intornole nostre adolescenze ignare e belle.Era la vita semplice degli avi,la vita delle origini, il Ritornosognato da Gian Giacomo ribelle.Di tutto ignari: delleScienze e dell’Indagine che prostrae della Storia, favola mentita,abitavamo l’isola romitasenz’altro dove che la terra nostrasenz’altro quando che la nostra vita.Le dolci madri a serac’insegnavano il Bene, la Pietà.la Fede unica e vera;e lenti innalzavamo la preghieraal Padre Nostro che nei cieli sta…IVSeduti in coro, nelle sere calme,seguivamo i piròfori che ardeanonella verzura dell’Eremitaggio;fra i dolci intercolunni delle palmescintillava la Luna sull’oceano,giungeva un canto flebile e selvaggio…Tra noi sedeva il Saggioe ci ammoniva con forbiti esempiispirati da Omero e da Virgilio…L’isola si chiamò per suo consigliosecondo la retorica dei tempi:Rivo dell’Amistà, Colle del Giglio,Fonte dei Casti Accenti…Era il tempo dei Nestori morali,dei saggi ammonimenti,era il tempo dei buoni sentimenti,delle virtù, dei semplici ideali.VImmuni dalla gara che divampanel triste mondo, crescevamo paghidei beni della rete e della freccia;belli e felici come in una stampadel tuo romanzo, correvamo i laghinella svelta piroga di corteccia;sull’ora boschereccianumeravamo l’ora il giorno l’anno:Quanti anni avrete poi? – Quanti n’avrannoquei due palmizi dispari, alle soglie…Verrete? – Quando i manghi fioriranno…Sorella, già si chiudono le foglie,trema la prima stella…Il sicomoro ha l’ombra alle radici:è mezzodì, sorella…Era la nostra vita come quelladei Fauni e delle Driadi felici.VIMa giunse l’ora che non ha conforto.Seco ti volle nei suoi feudi vastila zia di Francia, perfida in vedetta.Il Viceré ti fece trarre al portodalle sue genti barbare! E lasciastilacrimando la terra benedetta,ogni cosa dilettapiù caramente, per la nave errante!Solo, malcerto della mia sciagura,vissi coi negri e le due madri affrante;ti chiamavo; nei sassi e nelle pianterivedevo la tua bianca figurache non avrei rivista…E volse l’anno disperato… Un giornoil buon Padre Battistaannunciò la tua fuga e il tuo ritorno,ed una nave, il San Germano, in vista!VIIFolle di gioia, con le madri in festa,scesi alla rada: – Giunge la mia sposa,ritorna a me Virginia mia fedele!…Or ecco sollevarsi la Tempesta,una tempesta bella e artificiosacome il Diluvio delle vecchie tele.Appaiono le veledel San Germano al balenar frequente,stridono procellarie gemebonde,albàtri cupi. Il mare si confondecol cielo apocalittico. La genteguata la nave tra il furor dell’onde.Tutto l’Oceano Indianoribolle spaventoso, ulula, scroscia,ma sul fragore s’alza un grido umanoterribile d’angosca:Virginia è là! Salvate il San Germano!… VIIIIl San Germano affonda. I marinaitentano indarno il salvataggio. Tuttibalzano in mare, da che vana è l’arte.Rotto ha la nave contro i polipai,sovra coperta già fremono i flutti,spezza il vento governi alberi sarte…Virginia ecco in dispartepallida e sola!… Un marinaio nudotenta svestirla e seco darsi all’onda;si rifiuta Virginia pudibonda(retorica del tempo!) e si fa scudodelle due mani… Il San Germano affonda;il San Germano affonda… Un sciabordareultimo, cupo, mozzo:e non rivedo al chiaro balenarela nave!… Il mio singhiozzodisperde il vasto singhiozzar del mare.IXEra l’alba e il tuo bel corpo travoltostava tra l’alghe e le meduse attorte,placido come in placido sopore.Muto mi reclinai sopra quel voltodove già le viole della mortemescevansi alle rose del pudore…Disperato dolore!Dolore senza grido e senza pianto!Morta giacevi col tuo sogno intatto,tornavi morta a chi t’amava tanto!Nella destra chiudevi il mio ritratto,con la manca premevi il cuore infranto…Virginia! O sogni miei!Virginia! – E ti chiamai, con occhi fissi… Virginia! Amore che ritorni e seila Morte! Amore… Morte… – E più non dissi.XMorii d’amore. Oggi rinacqui e vivo,ma più non amo. Il mio sogno è distruttoper sempre e il cuore non fiorisce più.E chiamo invano Amore fuggitivo,invano piange questa Musa a luttoche porta il lutto a tutto ciò che fu.Il mio cuore è laggiù,morto con te, nell’isola fiorente,dove i palmizi gemono sommessilungo la Baia della Fede Ardente…Ah! Se potessi amare! Ah! Se potessiamare, canterei sì novamente!Ma l’anima corrosasogghigna nelle sue gelide sere…Amanti! Miserere,miserere di questa mia giocosaaridità larvata di chimere!

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Di Redazione Elzeviro.eu

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