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I genitori non sanno (e non vogliono) più educare

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Amare riflessioni dopo gli ultimi tragici fatti di cronaca.

Se un ragazzo fino a prova contraria sano di mente uccide la propria fidanzata bruciandola viva e soprattutto guardandola mentre agonizza trasformata in una torcia umana, vuol dire che la nostra società non è più degna di essere definita società civile, ma al tempo stesso dobbiamo allontanare una volta per tutte le ipocrite frasi del tipo: siamo tutti colpevoli, è colpa della società che crea i mostri.

Frasi comode che servono solo a stornare le nostre coscienze dalle cause vere di questo autentico disastro umano. E’ ormai evidente che siamo, e da un bel po’ di tempo, ripiombati nella barbarie, in un tempo dove il nemico più temibile dell’uomo è l’uomo stesso. Se siamo arrivati al punto di dover temere di uscire fuori di casa per non correre il rischio di essere affettati a colpi di accetta dal primo “fratello” che ci incontra per strada, è segno che siamo ormai arrivati al prologo di una riedizione dell’uomo delle caverne. Altro che alba del terzo millennio, qui non siamo degni neppure dell’anno mille, tempo distante da noi mille anni, ma sicuramente più evoluto del nostro, se non altro perché allora, se era pur vero che ti potevi trovare con la testa spiccata dal collo per motivi banali, l’umanità non era in possesso di tutti quegli strumenti che abbiamo al giorno d’oggi e che ci dovrebbero permettere di condurre una vita ben più decorosa e a dimensione umana di allora.

Dobbiamo farcene una ragione: siamo di colpo regrediti ad uno stato di natura, dove prevale su tutto il soddisfacimento immediato delle nostre più surrettizie necessità fisiologiche, e per tutto intendiamo quello che si differenzia semplicemente da noi stessi e che ha magari l’unica enorme colpa di attraversarci la strada. Questa non è più civiltà, da secoli ci hanno insegnato che i nostri antenati, e per antenati intendo gli artefici dell’Impero Romano, erano in fondo dei degenerati assetati di sangue, vedi Nerone, vedi Domiziano, vedi Caligola o Commodo, un mondo insomma incentrato sull’ambizione, sull’immoralità e sulla violenza gratuita perseguite con l’unico scopo di rendere “immortali” imperatori che si credevano pari se non superiori agli dei. Ma se noi ci riferiamo a loro che cosa in definitiva ci rende migliori o almeno più giustificabili ai loro occhi?! La risposta è…nulla. E sapete perché siamo ripiombati in un’era dominata dalla legge del più forte, dall’arroganza e dalla violenza che da questa ne consegue?

 La risposta è molto semplice: le nuove leve nascono, crescono e diventano gli uomini di oggi e di domani senza avere la benché minima idea di cosa vuol dire rispettare gli altri, di quali siano i valori che devono dominare la vita, primo fra tutti il rispetto verso il prossimo. Di questo sono responsabili due istituzioni, gravemente latitanti e al tempo stesso dominate da un’accidia che ha ormai connotati inquietanti: sto parlando della Scuola e della Famiglia. Proprio quella Scuola con la esse maiuscola che dovrebbe impostare la personalità dei futuri uomini che si dovrebbero assumere la responsabilità di continuare il cammino della civiltà umana. Purtroppo proprio nella Scuola dobbiamo registrare la presenza all’interno della stessa dirigenza scolastica di tanti elementi provenienti dalle schiere dell’ultra sinistra lassista e buonista, quella per intenderci che vede nella libertà totale, disancorata da ogni principio elementare di convivenza civile, il futuro per instaurare l’avvento mai abbandonato e sopito del socialismo reale. A differenza di quanto avveniva quarant’anni fa, ora se un insegnante si permette di fare seriamente il suo lavoro nei confronti di chi non sopporta le regole e la disciplina della cultura condivisa, viene non solo ripreso dal preside di turno ma anche additato nei confronti dei genitori dell’allievo in questione come un reazionario bastardo e incapace di trasmettere la cultura, ovviamente solo quella che grida i suoi peana di fronte all’immagine stereotipata di Che Guevara.

 A questo si aggiunga l’ignavia di molti genitori che, di fronte all’inevitabile fallimento del proprio figlio ultra viziato e male educato, non pensano minimamente di correggere quella che in fondo è una vittima della loro incapacità educativa, ma anzi lo trattano come se fosse solo l’oggetto della persecuzione del bastardo reazionario, vedi insegnante, che si è permesso di redarguirlo e di dargli un “diseducativo” brutto voto.

 E’ la stessa logica che trasforma in martire chi attenta alla vita di un Carabiniere al quale viene disconosciuto pure il sacrosanto diritto di compiere il proprio dovere e per questo di difendersi. Quello che sosteniamo non è frutto di fantasie partorite da una mente malata e affetta da manie di persecuzione ma l’inevitabile conclusione derivante da fatti concreti testimoniati non solo dal sottoscritto quando insegnava nelle superiori, ma anche da chi nella scuola ci lavora tutt’ora. L’ignavia dei genitori che non si permettono più di combattere la maleducazione e la mancanza di valori dei propri figli, trova un suo interessante prologo in alcune teorie strampalate che andavano di moda a cavallo degli anni settanta, ottanta, ad opera di non meglio precisati pedagoghi in cerca di gloria immeritata. Pedagoghi che blateravano in tema di rispetto della personalità dei ragazzi, di condanna senza appello degli strumenti educativi coercitivi, quali il “santo” ceffone o la punizione portata coerentemente fino in fondo. Secondo tali personaggi, di cui oggi si è persa pure la memoria del nome, i ragazzi potevano in pratica fare un po’ quello che volevano salvo dare ai genitori il contentino della patente di “imbecilloni” sempre pronti a “capire“, sempre pronti a un “civile confronto” con i propri figli, sempre pronti ad una “pacifico scambio di opinioni“, sempre nel rispetto dell’idiozia di figli sempre più incapaci di uscire dall’uscio di casa con le proprie gambe. Del riconoscimento di ruoli diversi genitore-figlio, neanche a parlarne perché questo avrebbe voluto dire ripiombare nella società classista, fascista e borghese del padre padrone… .

 D’altronde cosa possiamo pretendere da una società che ha distrutto quel poco che restava della Famiglia sostituendola con non ben definiti aggregati promiscui di persone dello stesso sesso senza più alcun ruolo e senza ovviamente alcuna autorevolezza che di questo dovrebbe essere la naturale derivazione? Bene, il risultato di questa per certi versi ben calcolata latitanza da parte di quelli che una volta erano i pilastri della società civile, ha portato allo scempio che vediamo nelle cronache di tutti i giorni, e fortunati noi se riusciamo anche solo a passare indenni sotto il cavalcavia di una tangenziale senza correre il rischio che qualche “Polifemo” ci lanci un macigno sulla nostra macchina gridandoci “Nessuno“. Ed è proprio questo il risultato di quanto sopra: per quel Polifemo, sia che abbia un coltello in mano, sia che abbia un macete, sia che abbia un fiammifero per darci fuoco o una pistola per spararci a brucia pelo, noi non siamo…nessuno.

di Roberto Crudelini

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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