La vicenda del nuovo allenatore della Lazio è andata a finire nel peggiore dei modi come forse qualcuno aveva già incominciato a percepire sia dai surreali tempi di attesa che dalle frasi sibilline del presidente. Argentina o non Argentina, Bielsa alla fine, sembra dopo una serie di tempestose telefonate tra lui e la dirigenza biancoceleste, ha rinunciato all’incarico lasciando la Lazio con tanto di palmo di naso. La motivazione, come abbiamo poi appurato è stata quella delle mancate promesse fatte dal duo Lotito-Tare riguardanti quello che avrebbe dovuto essere un sontuoso quanto mai opportuno mercato di entrata.
Promesse mancate come tante ce ne sono state in questi stentatissimi dodici anni di sofferenza. Promesse mancate a cui ha fatto riferimento anche Keita nel suo post fuori dai denti in cui ha messo la dirigenza con le spalle al muro definendola in pratica inaffidabile. Questo in pratica il poco entusiasmante prologo di una stagione partita ancora peggio di quella già ampiamente fatiscente dell’anno scorso. Una dirigenza sempre più lenta e impacciata che cerca in tutti i modi di andare a nozze con i fichi secchi ovvero con i pochi spiccioli con i quali Lotito pretende di guidare una società di serie A per giunta quotata in Borsa.
Se uno non ha i baiocchi si spiega allora perché, per comprare un toast al bar, ci impieghi una mattinata intera tra offerte, controfferte e richieste di compromesso con lo scopo neanche tanto remoto di prendere per stanchezza il barista di turno. Ma se questo è possibile con una spesa di tre euro figuriamoci cosa succede quando si parla di milioni (che ovviamente Lotito non ha e non ha mai avuto). Il buon Bielsa, da acuto osservatore quale è, ha capito quasi subito a fronte dei “faremo” “concluderemo” “porteremo” promessi dalla società ma in verità mai portati in porto, quanto Lotito stesse “bluffando”.
Un Lotito che magari, all’ultimo secondo di mercato, così come successo tante, troppe volte, finirà per “regalare” l’ennesimo saldo di stagione al costo di..un toast, spacciandolo per la vincente scommessa in grado di rialzare le sorti di una squadra ormai caduta tanto in basso da rasentare il fondo ammesso che il fondo sia stato già toccato. Ora si parla di cause milionarie, di reazioni rabbiose della società pronta ad andare in tribunale ad appellarsi alla Fifa e…al Padreterno per essere stata proditoriamente “fregata” dal punto di vista legale. Ma di cosa abbia in definitiva provocato l’ennesimo terremoto in casa biancoceleste neanche a parlarne perché se no si rischia di svelare l’arcano che già tutti conoscono perfettamente.
L’arcano che consiste nella pretesa di chi non ha e non ha mai avuto né la struttura né le capacità personali e finanziarie di guidare una società di serie A ma che, per il proprio interesse personale, si ostina a non mollare l’osso pur sapendo che se le cose continuano così finirà per andare a fondo lui con tutta la barca. Se hanno un minimo di orgoglio ora tocca ai tifosi dire la loro con civiltà ma anche con decisione e mettere la parola fine ad un rapporto nato malato anzi…mai neppure concepito. Di fronte allo stadio vuoto e al nulla degli abbonamenti e delle entrate forse Lotito capirà finalmente che la Lazio non è più la sua personale mucca da mungere e allora magari chissà che anche i tifosi laziali non debbano incominciare ad imparare gli ideogrammi cinesi e…sarà tutta un’altra storia, almeno lo speriamo.