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Italia: il rigore non fa per noi

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Ancora fatali i tiri dagli undici metri: forse non è solo questione di sfortuna

L’Italia nella sua lunga storia se non fosse stato per gli sbagli dal dischetto, a quest’ora avrebbe forse vinto due mondiali in più (Italia 90 e Usa 94) e sarebbe felicemente approdata alle semifinali di Francia 2016. Questo è il dato impietoso che salta fuori al di là dei se e dei ma. Se è pur vero che un altro mondiale, quello del 2006, lo abbiamo vinto proprio grazie ai rigori, rimane il dato purtroppo negativo della cattiva attitudine dei nostri a eseguire quel maledetto tiro dal dischetto. Un tiro che se te lo danno in partita sembra quasi fatto ma che se ci arrivi dopo due ore di gioco e con le gambe e la testa molli è capace di rovinarti una carriera oltre al fegato dei tuoi tifosi.

Qualcuno dice che i nostri dovrebbero una volta per tutte allenarsi sui calci di rigore ma, se così fosse, allora sarebbe sufficiente la ripetizione costante e quasi maniacale del gesto tecnico in stile Conte almeno un’ora al giorno e invece sembra che la soluzione non sia così semplicistica. Oltre alla tecnica, comunque necessaria, occorrono nervi saldi, concentrazione spietata e …tanto ghiaccio sull’anima con quella maledetta porta che diventa piccola come e più della capocchia di un ago e con il portiere che improvvisamente diventa una gigantesca piovra con tentacoli lunghi pronti ad arrivare stile tiramolla dovunque il pallone osa andare.

Di certo noi se dovessimo scegliere quale ruolo rivestire nel fatal momento non avremmo dubbi di sorta: meglio i guantoni e magari pure la fascia da capitano tanto non cambia. Dei due personaggi lo stoccatore è quello sul quale ricasca ogni responsabilità: a nessuno verrebbe in mente di criticare un portiere perché non è riuscito a parare un rigore. Per l’estremo difensore nessun processo ma anzi la statua dell’eroe da mettere nelle principali piazze della nazione o della città se per caso riesce nell’impresa di negare la suprema felicità agli avversari e…se non ci riesce chissenefrega.

Se andiamo ad analizzare il comportamento delle altre squadre vedremo una quasi perfetta alternanza di rigori fatti e di rigori maldestri, quello che ci si aspetta insomma da esseri umani quali siamo, ma la differenza tra noi italici e gli altri è che mentre nel resto del mondo ci sta un perfetto 50% tra ok e…ko, i nostri in casacca azzurra non arrivano al 20% di realizzazioni e…quel 20% ci è servito per portare a casa un mondiale…punto. Per il resto…è meglio non parlarne per non rivangare angosce e delusioni sopite ma mai dimenticate. Perché perdere contro un avversario semplicemente più forte di te ci sta e ti mette il cuore in pace ma perdere dopo una partita durata un’eternità all’ultimo rigore ti fa male, anzi malissimo.

Che dire quindi all’ennesima alba tragica del giorno dopo se non che dobbiamo in futuro sperare, anzi fare di tutto per evitare una lotteria per noi assolutamente indigesta cercando ad ogni costo di vincere durante il tempo regolamentare inclusi i tempi supplementari a noi quasi sempre cari anche…a costo di perdere per un malefico contropiede all’ultimo minuto dell’extra time…perché anche così sarebbe sempre meglio che continuare a scrivere la solita fatal tiritera. 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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