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Juve: fine della corsa…anche del calcio italiano

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Alla fine è andata come non doveva andare: la Juve, e con lei tutto il calcio italiano, rimane fuori dai giochi che contano nonostante un avversario che, con tutto il rispetto, non è sembrato proprio un’invincibile armata. La chance di fare approdare una squadra italiana in una delle due finali continentali è sfumata come un bel sogno si volatilizza al momento di un risveglio, mai così amaro come questa mattina.

C’è da chiedersi cosa avrebbe potuto fare la stessa Juve, anche in Champion’s League, se avesse risparmiato un po’ più di forze psico-fisiche in campionato per usarle in modo più convinto in Europa. Ai posteri l’ardua sentenza perché la decisione della società di dare la precedenza al terzo scudetto consecutivo piuttosto che ambire a quella coppa che manca ormai da diciotto anni (Supercoppa Uefa e Coppa Intercontinentale del 1996) non spettava al popolo calciofilo ma alle leve del comando della società di Corso Galileo Ferraris.

Questo, beninteso, è un discorso che inesorabilmente va a toccare tutte le altre squadre italiane impegnate, inutilmente, in coppa. Squadre che mettono bene in evidenza un paradosso tutto nostrano che vede le nostre stesse società scannarsi per arrivare ai posti che contano nel nostro piccolo orticello di casa, salvo poi, una volta accomodate tra i ranghi europei, uscirne puntualmente e…brutalmente fuori…chi prima e chi dopo. Lo abbiamo già detto altre volte e lo ripetiamo a costo di sembrare ossessivi e compulsivi: il nostro calcio, ormai sempre più sprofondato ai margini dell’Europa, ora anche i portoghesi ci hanno superato nel punteggio UEFA, sembra non avere più prospettive e latita ai margini del movimento calcistico continentale in una zona grigia fatta di mediocrità e di basso livello tecnico.

La stessa Juve, autentica schiaccia sassi in campionato, una volta che si è affacciata sulla piazza europea, non sembra aver profuso uguale impegno, o almeno l’impegno che le era richiesto, tanto che, in maniera evidente, dopo aver perso un mare di energie per dominare in campionato, è arrivata all’appuntamento europeo che contava, con quelle stesse risorse ridotte al lumicino. A questo punto forse è stata più “onesta” dal punto di vista sportivo, la scelta di un Napoli che ha preferito concentrasi maggiormente in coppa pur mantenendo un ottimo terzo posto e che è uscito dalla massima compagine in modo forse più sfortunato che consequenziale.

Comunque la tristissima morale della favola è che, alla fine, è perfettamente inutile essere grandi e onnipotenti nel piccolo orticello di casa e finire di essere solo una delle tante nel quartiere europeo, le grandi squadre sono quelle che ora si contenderanno le due coppe e sono tutte acquartierate al di là del fiume Ebro: un cocktail micidiale formato da tre quarti di buon vino spagnolo, un quarto di Mateus portoghese e quattro gocce di angostura. L’ottimo Campari nostrano alla fine della fiera ce lo beviamo solo noi.

Le nostre società, se il nostro calcio vuole ambire a tornare grande, dovranno, una volta per tutte, lasciare la mentalità sparagnina e un po’ provinciale che le contraddistingue dalla prima all’ultima, e fare scelte coraggiose: ora come ora non si può più pensare, come si faceva negli anni settanta-ottanta, di prevalere sia in casa che all’estero, occorre fare delle scelte precise. Se continueremo a percorrere testardamente il vicolo cieco che abbiamo scelto, alla fine avremo grandi campionati, grandi campioni d’Italia, grandi detentrici di coppe Italia e di Coppe di Lega, ma…non saremo più nessuno a livello europeo, che poi alla fine è quello che conta veramente.

E’ inutile fare la raccolta di scudetti, come si fa con le figurine dei calciatori della Panini, se poi alla fine tutto questo non ci porta ad essere grandi dove più conta. Sulla cronaca di quanto è successo ieri, non c’è molto da dire se non che i bianconeri non hanno saputo sfruttare il minor tasso tecnico degli avversari che, dopo essere partiti a razzo i primi quindici minuti, si sono trincerati nella loro metà campo e hanno chiuso le porte del fortilizio. Se di fronte ci fosse stata una Juve fisicamente più fresca e meno usurata dagli scontri di campionato, dove ha dato sicuramente il meglio, il doppio confronto con i portoghesi avrebbe avuto quasi certamente un epilogo diverso.
E’ improduttivo, oltre che psicologicamente distruttivo, piangere ora sul latte versato del mancato goal di Vidal, spizzato sulla linea di porta dall’onnipresente Luisao, o della punizione del solito Pirlo respinta a bagher rovesciato dal bravo portiere lusitano, o del tiro dello stesso Pirlo deviato sulla traversa sempre da Oblak, o del tiro finale di Caceres sempre deviato dall’ottimo estremo difensore iberico. Ripetiamo, la Juve era ed è stanca, e agli uomini di Conte nulla può essere rimproverato, ma il punto è proprio questo: si tratta di esseri umani, non di robot, e come tali soggetti alle leggi, prettamente umane, della stanchezza e dell’usura psico fisica. Quello che è successo…anzi che non è successo ieri, è semplicemente conseguenza, quasi matematica e logica, di scelte a suo tempo fatte a monte dalla stessa società sulle quali non è ovviamente nostro compito giudicare: si è semplicemente deciso di puntare a vincere l’ennesimo scudetto piuttosto che provare almeno a trionfare dove più conta. Fu questa vera gloria? Ai posteri l’ardua e…amara sentenza.

 

 

Juventus 3-5-2: Buffon, Caceres, Bonucci (Giovinco), Chiellini, Lichsteiner, Vidal ( Marchisio), Pirlo, Pogba, Asamoah, Tevez, Llorente (Osvaldo), all. Conte;

 

Benfica 4-2-3-1: Oblak, Siqueira, Garay, Luisao, Maxi Pereira, Amorim, Perez, Gaitan (Salvio), Rodrigo (Almeida), Markovic (Sulejmani) all Jesus;

 

Arbitro: Clattenburg;

 

 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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