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Tra gender fluid e buonismo gli Oscar 2019 sono un incubo

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La notte degli Oscar 2019 è il manifesto dell’America liberal, progressista e anti Trump. Peccato che trasformare la storica notte hollywoodiana in uno squallido teatrino politico abbia messo in secondo piano il tema centrale dell’evento: il cinema.

Che la kermesse degli Oscar 2019 dovesse prendere una piega prettamente politica lo si era già capito dalla rinuncia (obbligata) di Kevin Hart come presentatore della serata. La sua colpa? Aver pubblicato su Twitter, nove anni or sono, delle frasi omofobe.

Razzismo e omosessualità, i criteri per vincere gli Oscar

Il chiaro indirizzo politico del Gran Galà di Hollywood si è palesemente smascherato una volta rivelati i vincitori dei premi più ambiti. L’Oscar di miglior film è andato infatti a Green Book, una storia strappalacrime incentrata sul pregiudizio razziale patito da un pianista afroamericano. Miglior fortuna avrebbe sicuramente meritato il regista Spike Lee che con il suo BlacKkKlansman, ha descritto in maniera ben più cruda (e realistica) i difficoltosi, e talvolta, impossibili, processi di integrazione tra diverse etnie.

Politica che è entrata poi a gamba tesa nella notte del cinema con il discorso dell’attore Rami Malek, premiato con l’Oscar per l’interpretazione di Freddy Mercury:

Abbiamo girato un film su un omosessuale, un immigrato, che ha vissuto la sua vita con impudenza e senza pentirsi di nulla. Il fatto che io stia celebrando lui e la sua storia con voi, stasera, dimostra che desideriamo storie come questa.

Non sarebbe stato meglio vantarsi di aver interpretato la parte del migliore cantante degli ultimi 40 anni?

Siamo tutti gender fluid con i soldi di Porter

Il punto più basso della serata è stato però sicuramente raggiunto dall’attore Billy Porter che, non nuovo ad abbigliamenti discutibili, ha deciso di presentarsi agli Oscar 2019 in quella che viene chiamata una tenuta gender fluid. Si tratta invero di una carnevalata di dubbio gusto e l’enorme gonna che contorna l’attore susciterebbe la giusta ilarità di qualsiasi persona presa in un contesto “normale”. E invece la scelta d’abito di Porter viene acclamata come gesto coraggioso, nonostante sia stato indossato ad una cerimonia presenziata esclusivamente da plurimiliardari annoiati, magari reduci dal solito festino con annessi droga, donne e uomini (rigorosamente a pagamento), pronti quindi ad emozionarsi per la “merda d’artista” di turno.

Il vestito carnevalesco di Billy Porter

 

La notte degli Oscar è ormai la parodia di sé stessa, una cerimonia organizzata e pilotata da precise scelte politiche di un’élite che ormai se la canta e se la suona da sola.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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