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La chiusura de l’Unità, ovvero l’addio alla Storia

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La vicenda della chiusura de l’Unità ci tocca intimamente. Chi scrive su questo squattrinato foglio elettronico è una penna senza pretese, salvo la soddisfazione intima. Un foglio online che scrive per diletto, pur sapendo che al giorno d’oggi non c’è trippa per gatti: all’agognato traguardo di fare i giornalisti di professione giungono invero in pochi. Sappiamo che, nonostante una maturità classica, nonostante una laurea, nonostante la ferrea volontà di scrivere e riportare, filmare e mangiarci il fegato tutti i giorni dell’anno, tutto ciò è solo per la gloria. In definitiva: per passione. Quasi impossibile avere la fortuna, la faccia di bronzo sufficiente o il calcio in culo per collaborare con un quotidiano storico italiano, che sia Stampa, Corriere, Giornale (meno storico, ma importante), Foglio, Unità, o qualunque altro, perfino il Manifesto: lo sappiamo. Non siamo stati colle mani in mano, abbiamo collaborato con giornali di Cronaca e abbiamo comunque creato instancabilmente, con i mezzi della tecnologia.

Non possiamo tuttavia ignorare che l’apporto della tecnologia sta progressivamente piegando la carta stampata: chiunque può andare online e leggere articoli gratis. Perfino gli editoriali dei quotidiani saranno online, subito dopo la pubblicazione cartacea, vuoi per la pubblicazione sul sito del quotidiano, vuoi per la foto all’articolo fatta con un cellulare, o vuoi infine per la ripubblicazione su qualche blog. Il diritto d’autore è spesso un concetto vuoto e che non viene perseguito con sufficiente determinazione dall’autore, perché non gli converrebbe. Internet è un vorticoso roteare di centinaia di migliaia di notizie, dove ormai tutti possono creare news (evitiamo l’argomento della fondatezza o del merito, naturalmente). Perfino i social networks hanno una sezione che si chiama “Notizie“.

In questa polifagia di fatti, opinioni, lettere e colonne, per molti, la cui magari maggior fonte d’informazione è il blog di Beppe Grillo o il canale d’informazione a lui legato (Tze Tze), poco importa che un quotidiano storico italiano scompaia. 

L’Unità, gestito in maniera irresponsabile, è in liquidazione nonostante gli aiuti di stato. Era un giornale troppo politicizzato? Era un giornale piccolo, ormai, con direttori militanti e che sostenevano posizioni spesso assurde, ma che dava ancora adito a numerose discussioni: il sale della democrazia. Sotto la direzione di Condita De Gregorio, ad esempio, uno degli ultimi direttori, l’Unità ha ottenuto una certa rilevanza mediatica nel quadriennio 2008-’11, e se anche le copie in edicola non erano soddisfacenti, quella sembrava la strada da percorrere, attirando poco a poco altre penne irriverenti e, perché no, sconvolgenti come fu quella del giornalista Sansonetti.

La società editrice del quotidiano fondato da Antonio Gramsci è in parte detenuta dal Partito democratico, ma secondo il segretario Renzi il partito non ha avuto la possibilità di salvare il giornale. Organo ufficiale del Pd è infatti quell’Europa (ai più sconosciuto), giornaletto che era organo ufficiale de la Margherita, partito cattolico cofondatore del Pd, appunto. L’Unità nacque nel ’24, venne stampato clandestinamente a Lille dal ’27, divenne poi organo del PCI e contribuì nel bene e nel male alla storia del nostro paese. Già nel 2000 il quotidiano fallì e risorse dalle sue ceneri sei mesi dopo, con l’aiuto di Baldini Castoldi Dalai e con vice direttore quel Padellaro che oggi dirige il Fatto quotidiano. La concorrenza spietata di quest’ultimo giornale, e, appunto, delle notizie a mitraglia fatte con i titoli spettacolosi di un certo online populista lascia però poche speranze all’ennesima rinascita del giornale.

Grillo urla da anni il suo essere contrario ai finanziamenti pubblici ai giornali, ma l’Italia è il paese in Europa che ne fornisce di meno, ed essi appaiono necessari (ancorché da cambiare, forse, adattandosi ai criteri di tiratura) per lo sviluppo della cultura nel nostro paese. Certo è che con la legge del mercato non si possono fare troppi sofismi: quasi quattro milioni all’anno non dovrebbero permettere ad un giornale con dei dirigenti oculati e con un minimo di senso degli affari, di fallire.
Il giornale cartaceo come concetto di informazione per chi scrive non potrà mai essere del tutto fagocitato dalla leggerezza eterea dell’online, dall’isterismo del blog e della notizia pubblicata, poi modificata, poi eliminata. Forse però questa è più una speranza che una previsione… Scripta manent, ma su inchiostro. In questo caso, però, publicationes manent in loco historiae.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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