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Unione Europea ed euro: tutti sapevano ed erano stati avvertiti

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Spesso si parla di Unione Europea e di euro come progetti magnanimi ma ricchi di difetti ed imperfetti. Tuttavia, documenti e colloqui ufficiali raccontano una realtà diversa: quella della consapevolezza delle loro storture, e della scelta politica di farle proprie comunque.

Autore: Gilberto Trombetta

Non incidentalmente, ogni tanto è utile andare a scavare tra la polvere dei faldoni d’archivio e ri-scoprire cose che – una volta – erano note. È utile per comprendere quanto si sapesse delle conseguenze dell’adozione di politiche liberali da parte degli attori protagonisti.

Ce ne siamo solo dimenticati. Hanno lavorato per quello, a livello dei futuribili (poi concretizzati) Unione Europea e moneta unica continentale: politici e informazione.

Come nelle parole del famoso intervento alle Camere di Napolitano del 1978 contro l’adesione dell’Italia allo SME. Come nell’intervista di Scalfari a Berlinguer, sempre del 1978. Quella in cui si diceva di voler cambiare l’Europa da dentro.

Lo sapeva Federico Caffè che nei suoi scritti pubblicati tra il 1977 e il 1985 aveva avvertito sinistra e sindacati dei pericoli della deriva liberale.

Lo sapeva Guido Carli come dimostrano le parole pronunciate nel 1993. Lo sapeva Federico Rampini autore nel 1996 di Germanizzazione (altro che integrazione europea): «Avallare la deflazione oggi, può significare – per la sinistra – dover avallare la repressione domani».

Ed ancora:

«Finora questo insieme di riflessioni non è riuscito a farsi molta strada nella discussione sulla politica economica, che appare dominata da un curioso gioco delle parti: la sinistra propone alla destra, come proprio programma, la deflazione (chiamiamola “lotta all’inflazione”); e la destra, mentre fa la deflazione, piange sulle sorti del Mezzogiorno (costruendovi le basi per la propria rivincita elettorale)».

Inoltre: «Già nel dopoguerra la sinistra italiana fu vittima di un abbaglio: dell’identificazione fra fascismo e intervento dello Stato nell’economia, e fra fascismo e protezionismo, fu fatta discendere, in molti casi, quella fra antifascismo e liberismo economico».

Infine:

«Oggi, come allora, non è facile dire in che misura la fede liberistica funga da copertura di una scelta politica le cui ragioni vanno ricercate altrove, e in che misura rifletta invece l’influenza di vecchi modi di pensare».

Lo sapeva anche l’economista Fernando Vianello. Che queste cose le ha scritte ne “Il profitto e il potere una raccolta di saggi (1974, 1979)”.

Sapeva lui. E tanti come lui. Su Unione Europea ed euro, sapevano tutto.

Revisione ed impostazione grafica: Lorenzo Franzoni

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Di Lorenzo Franzoni

Nato nel 1994 a Castiglione delle Stiviere, mantovano di origine e trentino di adozione, si è laureato dapprima in Filosofia e poi in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Trento. Nella sua tesi ha trattato dei rapporti italo-libici e delle azioni internazionali di Gheddafi durante il primo decennio al potere del Rais di Sirte, visti e narrati dai quotidiani italiani. La passione per il giornalismo si è fortificata in questo contesto: ha un'inclinazione per le tematiche di politica interna ed estera, per le questioni culturali in generale e per la macroeconomia. Oltre che con Elzeviro.eu, collabora con il progetto editoriale Oltre la Linea dal 2018 e con InsideOver - progetto de il Giornale - dal 2019.

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