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Addio, Fabo”

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Fabo è morto alle 11.40. Ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo” sono queste le parole con cui Marco Cappato, membro dell’Associazione Luca Coscioni, ha annunciato la morte di Fabio Antoniani, 40 anni, noto come Dj Fabo, divenuto cieco e tetraplegico dopo un gravissimo incidente d’auto.

Da anni Fabio si sottoponeva a cure dolorose ed invasive al solo scopo di migliorare il suo stato; a nulla era servito il trapianto di cellule staminali. Come lui stesso definito, viveva “immobilizzato in una lunga notte senza fine“.

Molti erano stati gli appelli rivolti alle istituzioni affinchè si esprimessero a favore della “dolce morte”. L’ultimo era stato per il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nessuno ha mai risposto, nessuno ha sentito la necessità di dedicare del tempo ad un tema così delicato e sentito.

“Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille” è stato l’ultimo Tweet di Fabio arrivato tramite l’associazione.

“Marco Cappato rischia fino a 12 anni di carcere”  ha detto a Sky Tg24 Filomena Gallo, segretario dell’associazione.

“Ancora una volta il Parlamento italiano dimostra di non essere all’altezza dei suoi compiti” afferma lo scrittore Roberto Saviano dalla sua pagina Facebook. “Ti abbiamo sentito distintamente chiedere una morte dignitosa, non esiste giustificazione possibile al silenzio che hai ottenuto in risposta. Non esiste giustificazione e urgenza possibile per la mancanza di empatia, di attenzione e di umanità del Parlamento e del Paese in cui ti è toccato in sorte di nascere e dal quale sei stato costretto ad auto esiliarti per morire. Perdonaci per aver reso la religione che crediamo di osservare talmente vuota da non saper più riconoscere un Cristo quando lo abbiano di fronte”.

Nel 2009 ci toccò, nel profondo, la vicenda di Eluana Englaro, in coma vegetativo da ben diciassette anni. Suo padre, Beppe Englaro, chiese a gran voce che le istituzioni legiferassero in materia. Anche i suoi appelli sono rimasti inascoltati.

Ci troviamo di fronte ad uno Stato che ha deciso di non scegliere.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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