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Pavolini: bravo ragazzo prima, spietato gerarca poi

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RUBRICA STORICA

Quest?uomo, segretario del Partito Fascista Repubblicano della Repubblica Sociale italiana, era già stato insigne traduttore di romanzi dal finlandese, conosceva sanscrito e greco antico alla perfezione, aveva una laurea in giurisprudenza e una in scienze politiche. Era un ragazzo timido ed educato, appartenente alla borghesia fiorentina. Un fisico asciutto e non troppo alto, da perfetto ciclista qual era preferiva le tenute ginniche all?uniforme militare. Alessandro Pavolini fu l?artefice dei Littoriali della>
..cultura (nomi famosi come Antonioni e molti altri futuri oppositori del regime figurano tra i vincitori), dello Stadio Franchi (la forma a D sta a indicare il capo del fascismo), della mostra del cinema di Roma e in epoca repubblicana di quella di Venezia e di mille altri eventi culturali e sportivi, nonchè ideatore di molte altre infrastrutture. Era un romanziere piacevole: si ricorda ad esempio il libro “scomparsa d?Angela”. Giornalista nell?animo e fin da bambino, quando componeva articoli a favore dell?intervento militare italiano in Libia. Pavolini però a vent?anni decide di entrare in politica, e qui imbocca la via delle convinzioni irremovibili che lo porteranno al tragico epilogo della fucilazione e all?impiccagione al palo di un benzinaio, ove da cadavere venne ricoperto di sputi. Non è uno squadrista della prima ora, bensì un intellettuale fascista, si colloca dunque in uno tra i due modi di essere fascista nel primigeno fascismo. Questo salvo poi invocare lo squadrismo iniziale per ridestare il fervore nelle sue, quasi spente, Brigate nere (milizia volontaria repubblicana). E? avulso dal contesto violento dello squadrismo becero e goliardico dei primi tempi. 


Cosa spinse Pavolini ad assumere i tratti dello spietato vice-capo del Fascismo repubblicano? Le sue convinzioni irremovibili. Quando il “capo naturale” del Fascismo (espressione pavoliniana) era ormai fiacco e rassegnato a lasciar fare tutto ai tedeschi sarà Pavolini a riorganizzare il Nord Italia, non perdendosi d?animo quando a Roma la gente che un momento prima inneggiava a fascismo (e sì, pure al nazismo) aveva ormai mutato repentinamente il suo sostegno, inneggiando ora alla salvifica democrazia. Pavolini, gerarca dimenticato e spesso citato marginalmente nei libri di storia, è persona chiave della sua epoca, perchè fu il vero artefice di uno Stato indipendente e sovrano che comprendeva tutto il Nord Italia. Pavolini andò in Abissinia come giornalista e come aiutante di Ciano, di cui esaltò (forse anche troppo) le gesta belliche e qui s?innamorò più che mai dell?idea fascista. Questo disse degli Abissini “?Distanti, o vicini, fanno un mondo a se’, che non ci riguarda. Li vediamo passare, lontano, con quel loro bellissimo passo, alto contro il cielo? Troppo alti per essere forti. ?Al ritmo tende la loro fatica, come il rematore al banco. Ritmiche e soltanto ritmiche sono nell’amore le loro donne?”. Si dilettava anche nella composizione di poesie. Durante questo conflitto Badoglio gli parlò, criticando la strategia bellica fascista, e lui, all?epoca galoppino di Ciano, corse da Mussolini a riferire. Badoglio dirà, in seguito alla strigliata che si prese dal duce: “un piemontese non dimentica”. Tornato dalla guerra Pavolini rimaneva un intellettuale, ma la carriera politica lo coinvolse così tanto che, da federale di Firenze a ventisei anni, divenne deputato a 31 e ministro a 36. Per continuare con le tappe anagrafiche della sua vita, prese le redini di uno stato indipendente che contribuì a formare a soli 39 anni, e a 41 venne fucilato. Il ragazzo timido e impacciato, che partecipò alla Marcia su Roma solo perchè ivi si trovava per caso, per dare un esame all?università, divenne infine un uomo di polso e celebre amante di donne. Tutta l?Italia spettegolava sulla sua relazione con la più grande diva dell?epoca: Doris Duranti. Di questa relazione chiese conto a Pavolini il Duce, infastidito di cotanta celebrità che circondava i due amanti. Mussolini gli disse chiaramente di lasciare l?attrice per evitare scandali. Pavolini per l?unica volta nella sua vita disse: “No, duce!” e gli consegnò un nastro che il dittatore proiettò nel suo cinematografo privato. Tale nastro costituiva l?anteprima del film in cui per la prima volta un?attrice italiana, Doris Duranti per l?appunto, discopre il seno davanti a una cinepresa. Il duce dirà quindi a Pavolini di aver inteso il motivo per cui non la voglia lasciare, e di non preoccuparsi. Pavolini fu un genio della comunicazione massmediatica, oltreché un giornalista a tutto tondo. Egli convinse abilmente gli italiani che la seconda guerra mondiale fosse ormai necessaria, e, pur essendo questa guerra contro gli americani, faceva passare in radio (sue almeno un paio di trasmissioni dell?epoca) jazz e swing e nei cinema spopolavano i film statunitensi. Non faceva importare sicuramente ciò che fosse tedesco e ai tedeschi fu sempre inviso, per il motivo di cui sopra e per l?antico motivo delle sue relazioni con famiglie ebraiche della borghesia fiorentina, di cui invece non si curò minimamente al momento della guerra civile. Fu estimatore del modo di combattere dei partigiani, che introdusse altresì nelle sue Brigate Nere, forse fomentando ulteriormente la violenza fratricida che dilaniava il Paese. Divenne un gerarca spietato e masochista, che vedeva o diceva di vedere la vittoria ad ogni dove e trasformava le disfatte in ritirate strategiche. La sua coerenza fu comunque netta in due soli àmbiti: l?amore per la sua amante e la lealtà (letale) al fascismo.


Di Freddie



Immagine dell’istituto Luce
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Di Redazione Elzeviro.eu

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