Gli investimenti papali sono oggetto dal 2019 di un’indagine vaticana, dove la prima testa a saltare è stata quella di Angelo Becciu. Il cardinale, nominato dallo stesso Papa Francesco, si è dimesso dalla carica di capo di Stato maggiore dopo la scandalosa notizia di investimenti poco chiari.
Oltre a vari milioni persi fra una birra artigianale e la cooperativa di suo fratello, incuriosisce l’accanimento verso un investimento immobiliare: l’edificio Harrods in Sloane Avenue a Londra. Dopo la dichiarata volontà dell’investimento, il prezzo di Harrods inizia a lievitare, finché non è abbastanza alto perché possa essere acquistato da Becciu alla cifra di 200 milioni.
L’uso indebito dell’elemosina dei cristiani però non si ferma qui, perché – secondo l’inchiesta vaticana – si potrebbe raggiungere la cifra di 450 milioni in altri interessanti investimenti papali. Collegata all’operazione Harrods, gestita da Credit Suisse e dalla Banca della Svizzera Italiana, vediamo infatti emergere il nome di Raffaele Mincione.
Mincione è un investitore già apparso numerose volte nelle carte del vaticano, noto soprattutto per aver avuto un ruolo decisivo nella lotta fra i libici di Tripoli e di Tobruk per l’acquisizione del più grande operatore di Fibra, l’italiana Retelit Spa.
Fra i clienti della Retelit, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, Vodafone Group e Orange Sa. Interessante notare un piccolo particolare: l’avvocato che assisteva Raffaele Mincione nella questione era Giuseppe Conte, a suo servizio fino a pochi giorni prima dell’insediamento.
Il monsignore Perlasca, nominato da Papa Francesco promotore di Giustizia (sostituto di Edgar Peña Parra) presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, è una figura centrale della Segreteria di Stato del Vaticano sin dal 2009. Questo illustre individuo, insieme al dipendente vaticano signor Tirabassi, capo ufficio amministrativo della prima sezione della Segreteria di Stato, decidono di penetrare nel Fondo Discrezionale UBS, creato nel 2015 come riserva per le spese discrezionali del Santo Padre.
Ora non chiediamoci il motivo per cui il Papa dovrebbe avere un fondo discrezionale e quali mai potrebbero essere queste spese, essendo dal primo giorno mostratosi come il paladino dei poveri, ma vediamo dove finiscono le sue venti milioni di sterline: nei conti di Gianluigi Torzi, intermediario finanziario del vaticano, già sotto inchiesta per aver fatto sparire misteriosamente 711mila euro di spese per consulenze inspiegabili.
Torzi propone così delle operazioni immobiliari al duo Perlasca Tirabassi, che finanziano: un albergo a Milano in zona San Siro, un palazzo in piazza Cavour, un grattacielo su La 5th Avenue di New York, un hotel per l’Expo di Dubai. Torzi in totale fattura 5 milioni.
L’indagine interna scova anche un legame più che raggelante fra Vaticano e la criminalità organizzata pugliese. Infatti, grazie alle raccomandazioni del nostro Sig. Tirabassi, la cooperativa OSA (sempre intrallazzata con gli affari celesti) si aggiudica un contratto con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù. E in questo super affare è coinvolto un innominato individuo frequentatore di persone e circoli legati ai clan Campana e Sacra Corona Unita.
L’inchiesta della Santa Sede è un plico di 59 pagine. E’ un’indagine immensa che continua a scavare e continua a trovare letame. Si potrebbe così andare avanti all’infinito. Bisogna però ricordare due passaggi chiave:
Voi a chi destinerete il prossimo Otto per mille?
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