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“Cristiada”, per la prima volta in Italia il film sulla persecuzione dimenticata dei cristiani messicani

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Dal 15 ottobre (oggi) Cristiada sarà al cinema grazie alla Dominus Production, che ha realizzato il doppiaggio in italiano e la distribuzione del film di Dean Wright, già direttore effetti speciali del “Signore degli Anelli”, “Titanic”, “Le Cronache di Narnia”. Si parte da Milano con la prima assoluta, per poi passare il 16 a Torino, poi Bologna, Ferrara, Firenze fino a Roma.

 

Il 16 ottobre, si diceva, a Torino. Qui verrà proiettato alle ore 20,30 presso l’Uci Cinemas Lingotto, via Nizza 230 (link con maggiori info: http://www.dominusproduction.com/index.php?option=com_rsform&view=rsform&Itemid=95&lang=it).

 

Perché vedere Cristiada? Non solo per il cast eccezionale, con attori del calibro di Andy Garcia, Eva Longoria, Peter O’Toole che rendono i protagonisti del film indimenticabili, ma anche e specialmente per il grande merito di narrare un evento altrimenti sconosciuto come l’epopèa del popolo cattolico contro le leggi ingiuste del governo messicano laicista e massone degli anni Venti. Pochi prima di Dean Wright hanno parlato di quei fatti: tra cui Pio XI con tre encicliche e il grande scrittore inglese Graham Greene con il romanzo “Il potere e la gloria”. La persecuzione dei cattolici non ebbe inizio soltanto negli anni Venti ma; in realtà, forti limitazioni del culto e della libertà religiosa erano iniziate nel 1914 quando l’esecutivo aveva già cominciato a perseguitare il clero e a limitare i riti. Fu però il 14 marzo 1926 che la repressione del governo guidato dal presidente Plutarco Elía Callés, detto “El turco”, insignito di prestigiose medaglie dalle logge massoniche, ebbe il suo apice. Callés, rivoluzionario filosovietico, in un paese in cui la percentuale dei cattolici era del 95 per cento, fece espellere i sacerdoti nati all’estero, chiuse le scuole, gli ospedali, gli ospizi, gli orfanotrofi cattolici, nonché i seminari i cui studenti furono deportati. Abolì molte diocesi e ogni manifestazione pubblica della fede (persino farsi il segno di croce era rischioso).

 

Il film parte con la narrazione da questo momento, per poi narrare gli accadimenti nel paese nei tre anni successivi. È la storia di come un’élite di intellettuali, sacerdoti e laici diede vita il 14 marzo 1925 alla Lega Nazionale per la Difesa religiosa che, dopo gli innumerevoli e vani tentativi di trovare un accordo col presidente, escogitò altri stratagemmi non violenti per opporsi alle sue leggi. Dapprima con una petizione, poi con un boicottaggio delle banche e di tutti i prodotti di Stato che ebbe notevoli effetti (la Banca di Tampico e la Banca inglese fallirono), ma che non fermò le violenze di Callés e dell’esercito. Fu allora che il Messico insorse e accanto a quell’élite si schierò un popolo che chiedeva solo di poter continuare a professare la propria fede. Questo nel film è mostrato con dovizia di particolari storicamente documentati. L’esercito dei cristeros – così chiamati in senso dispregiativo dai filogovernativi, perché si lanciavano in battaglia al grido di «Viva Cristo rey» – devotissimi alla Madonna di Guadalupe, non era composto da rivoluzionari assetati di potere. Prima di ogni battaglia facevano il segno della croce prima di ogni scontro e si salutavano così: «Preghiamo per noi e per essi (i “nemici”)».

Non volevano rovesciare un potere e sostituirlo. La loro fu una guerra per poter continuare a professare pubblicamente quello che erano: cattolici. Tant’è vero che, quando nel 1929 si arrivò a un accordo per il cessate il fuoco, i cristeros, in obbedienza alla Chiesa di Roma, deposero malvolentieri le armi, ben sapendo, come poi accadde, che il governo avrebbe ricominciato a impiccarli ai pali delle luce.

 

L’afflato religioso e non fanatico dei cristeros è confermato dalla figura di José Luis Sánchez del Rio, che a 14 anni divenne portabandiera dei cristeros. Nel film si vedrà come è importante per la crescita umana del generale Gorostieta (Andy Garcia). Catturato e torturato, José si rifiutò di pronunciare la frase: «Muerte a Cristo rey». Ucciso il 10 febbraio 1928 mentre urlava «viva Cristo rey» è stato beatificato nel 2005 da papa Benedetto XVI.

 

Come ricorda Emanuele Biffi su Tempi.it, “il luogo in cui si tenne la cerimonia è Guadalajara, la città più perseguitata del Messico. Tertulliano ha scritto che «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». Oggi a Guadalajara c’è il più grande seminario del mondo, con oltre 1.200 seminaristi”. Il resto del film, al cinema!

 

 

 

 

 

 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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