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Quella domanda destinata a mettere in crisi la nostra coscienza

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Ieri, davanti ad una folla di ben 60.000 fedeli, il Santo Padre ha celebrato la SS. Messa della Domenica delle Palme, celebrazione che da inizio alla Settimana Santa. Un Papa Bergoglio ben diverso da quello che siamo abituati a vedere, nella sua omelia condotta a braccio senza leggere gli appunti preparati, ha semplicemente fatto una domanda destinata a mettere tutti i Cristiani con le spalle al muro: di fronte ai vari personaggi che si succedono nel lungo e drammatico racconto della Passione, con quale di questi siamo propensi a schierarci e a identificarci? Una bella domanda, semplice e, al tempo stesso, profonda e diretta, destinata a mettere sottosopra la coscienza non solo di tutti i fedeli in Cristo ma anche di tutti gli uomini.

A pensarci bene nessuno di noi può esimersi dal chiedersi quale ruolo avrebbe giocato nel contesto storico della vicenda di Cristo. Ognuno dovrebbe, per onestà di coscienza, chiedersi come si sarebbe comportato di fronte ad un evento così incredibile e al tempo stesso “poco credibile” secondo i miseri e limitati canoni umani. Un evento che fu destinato a mettere a soqquadro le certezze del tempo: un uomo che va dicendo di essere il Figlio di Dio e che, per questo, viene crocifisso come il peggiore dei malfattori.

Per chi è nato Cristiano è semplice oggi dire quella frase che ripetiamo quasi meccanicamente dopo l’omelia del sacerdote: “Io credo“. E’ facile e soprattutto poco impegnativo perché molte cose le diamo per scontate e poi perché, al tempo stesso, quella fede non è mai stata messa a dura prova fino al rischio della propria incolumità personale. Ma allora, nella Palestina controllata dall’Impero Romano era diverso: se ti fossi detto seguace di Gesù avresti rischiato di essere appeso ad una croce, proprio come lui.

A questo punto cosa avremmo fatto tutti noi se ci fossimo ritrovati di fronte all’uomo storico Gesù? Forse, come ha detto Papa Francesco, ci saremmo comportati come Giuda, pronti a tradire per interesse? Cosa che, forse senza neanche renderci conto fino in fondo, siamo propensi a fare tutti i giorni nel nostro lavoro, nella nostra vita sociale quando per il nostro interesse personale siamo disposti a tradire i sentimenti degli altri, a giocare con quegli stessi sentimenti e soprattutto a calpestare i diritti e le aspettative degli altri? Forse agiremmo come Pilato che, di fronte alla difficoltà, che può essere quella di una scelta o di una prova, semplicemente decise con ignavia di lavarsene le mani? O forse faremmo come la massa manovrata dagli Scribi e dai Farisei che, magari per avere qualche vantaggio personale a tempo debito, si misero a gridare a favore di Barabba e contro Gesù? O forse agiremmo proprio come gli stessi  Scribi e Farisei che vedevano in Gesù un rischio e una minaccia per il proprio potere di casta? O invece faremmo come il Cireneo che, pur stanco dalla giornata di lavoro, aiutò il Cristo a portare la sua Croce? Oppure faremmo come Giuseppe di Arimatea che, senza alcun interesse personale, fornì la propria tomba personale per seppellire il corpo di Gesù soltanto perché mosso da compassione? O forse faremmo come l’Apostolo Pietro che per ben tre volte rinnegò di avere persino conosciuto Gesù perché dominato e paralizzato dalla paura? O forse ci potremmo identificare in parte con ognuno di questi personaggi che nel loro insieme incarnano perfettamente la fragilità e al tempo stesso la grandezza della natura umana?
 

Ecco la domanda che Papa Francesco ha voluto rivolgere alla coscienza dell’uomo contemporaneo. Una domanda che nello stesso tempo mette in evidenza quanto la scelta dell’essere Cristiani e dei valori che ne conseguono non sia affatto una scelta di comodo, di facciata ma una scelta di campo che dovrebbe portare a “sporcarsi” quelle mani che il procuratore romano invece si sciacquò insieme alla sua coscienza solo perché pensò per un attimo alla sua convenienza politica e in ultimo al suo interesse personale. Il silenzio che in seguito alla domanda del Pontefice si è creato sull’intera piazza San Pietro è metafora di quel silenzio che si creò improvvisamente ai piedi di quella Croce duemila anni fa e che continua anche oggi a mettere a nudo la nostra anima.

R.Crudelini 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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