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Alla Natura non si domanda

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Quest’oggi si ospita la profonda e commovente riflessione sulla famiglia, di Maria Vietti. Buona lettura.

Agli occhi più attenti risulta evidente come l’uomo sia spinto da sempre dal desiderio di riconoscere e definire un significato proprio della diversità e della normalità. Se ne sente parlare spesso sia in discorsi di notevole spessore morale sia in quelli di quotidiano consumismo e buonismo. Forse sono le sviste che accadono nella storia e nel tempo contingente a farci finalmente e umanamente riflettere e decifrare questi concetti che troppo spesso vengono plasmati e manipolati a seconda delle circostanze. Il linguaggio è una convenzione trovata dai popoli per comunicare tra uomini, per condividere i propri pensieri e i giudizi sulle cose della vita. Quanto scritto vuole giungere a chi legge con umiltà e senza alcuna pretesa di verità.

Ad oggi tutte le eventuali convenzioni, i tradizionali significati e i valori che da sempre hanno definito il concetto generale di normalità sono saltati, si sono confusi tra loro generando il caos. La storia e il tempo ci hanno mostrato come questa situazione inizialmente abbia generato scompiglio ed euforia per arrivare a quel “piattume umano” attuale generato dall’assuefazione. Se l’eccitamento e l’interesse per la possibilità di cambiamento, resi possibili da quella tensione per la ricerca di una verità valida e credibile per tutti, dalla parte opposta la noia costringe l’uomo moderno a vivere una falsa curiosità per l’innovazione.

Da sempre l’istinto naturale di ogni essere umano ha guidato i passi dell’evoluzione. Questo, accompagnato da giudizio, coscienza e conoscenza, ha permesso il progresso e il continuo cambiamento. Nonostante queste realtà inconfutabili sull’agire umano, non si può certo pensare tutto ciò come semplice risultato di un’idea o un’azione umana. Qualcosa (o più facilmente Qualcuno) ha plasmato nella natura prima dell’uomo un’identità inconfutabile che vuole riconoscere lo spazio che le è stato assegnato nel creato.

Qualche tempo fa passeggiando per un parco chi scrive si è imbattuta in una tenerissima scena tra una mamma e una simpatica bimba. Mentre la piccola giocava felice con altre coetanee, la madre la scrutava attenta, seduta su una panchina. Dopo qualche minuto giunge da lontano un uomo, rigorosamente in giacca e cravatta e con una ventiquattr’ore in pelle in mano. D’improvviso la bambina si volta verso di lui e urlando: “Papà, papà!”, gli corre incontro con tale forza che l’uomo è costretto a far cadere la valigetta a terra. Subito anche la donna li raggiunge, schioccando un bacio, prima alla bambina e poi al marito. Un’immagine forse da sala cinematografica ma che sicuramente rimarrà nel cuore della felice famigliola e, molto probabilmente, nel ricordo della bambina. Gli occhi innocenti di quel volto scrutavano l’amore di papà e mamma, un uomo e una donna che incontrandosi avevano deciso di mettere al mondo una creatura da curare e amare. Lo sguardo spensierato della bimba doveva solo aspettare di crescere per fortificare quel senso di appartenenza che solo l’amore riesce a dare. Appare sconsiderato come, oggi, questa tanto meravigliosa quanto “comune” realtà debba essere categorizzata, valutata e classificata con un nome. Si spera che un giorno quella bambina non dovrà preoccuparsi di rispondere a domande a cui la Natura ha già dato risposta. “All’amore non si comanda”. Questo è vero, ci sono tanti tipi di legame e affettività ma, per quella bambina come per tutti noi, l’unico amore capace di generare la vita è quella tra due persone di identità ben riconoscibile e opposte. Si spera che un giorno a quella bambina non venga chiesto, o imposto, di vedere qualcosa troppo distante dal concetto di normalità.

Spera, chi scrive, di non doversi mai trovare di fronte a quella ragazzina e imbarazzata cercare di spiegargli che la famiglia è un’entità indiscutibile e invalutabile in un semplice concetto.

Una coppia inevitabilmente composta da un uomo e una donna, chiamati papà e mamma, che non vedono nella figlia lo scontato risultato di un’unione da difendere più o meno giuridicamente bensì ne scorgono il frutto desiderabile del loro amore, non perverso e ragionato ma naturale rispettosamente libero. Non si augura a quella bimba di dover “sopportare” tanti tipi di mamme e tanti generi di papà (anche perché come tutti sappiamo non basta una vita per capire quelli che già naturalmente ci sono donati). Ci si augura che un giorno quella figlia possa chiedere con libera curiosità ai suoi genitori come si sono conosciuti, corteggiati, amati, sposati ed infine sopportati nelle loro umane e “genetiche” diversità.

Si spera che andando a scuola non si debba domandare se per lei è giusto o meno giocare con le bambole e se, andando avanti con gli anni, sia accettabile sentirsi attratta dal compagno di banco. Il rispetto dell?uomo e della natura (di cui tanto la società moderna si fa paladina) si scontra con la realtà per cui è l?essere umano stesso a non rendere conto alla propria identità. Questo mondo paradosso in cui viviamo ci pone davanti a continui ossimori di idee: da una parte vuole giustamente proporre economie a favore della famiglia, dall?altra demonizza la sua primaria natura difendendo l?omosessualità e la sfrenata parità dei sessi. Da un lato considera la vita e i diritti che essa costituisce come fondamenti del rispetto dell?essere umano mentre dall?altra propone continui messaggi di odio, violenza e morte, proponendo spesso mozioni in favore di aborto e eutanasia. Sembra il Paese del “ridicolo”. Un mondo in cui si è ecceduto nel pensiero a discapito del giudizio. Vale la pena, ancora, sperare tanto che quella bambina, come tutti gli italiani, smettano di farsi domande alla quale la Natura ha già provveduto a dare risposta. La famiglia non è solo un valore universale e condiviso, è la radice dell?identità di ognuno.

Essere genitori è una missione che tutti possono decidere di affrontare. Certo è che nessuno può “scegliere” quale genitore essere.

26 settembre, santi Cosma e Damiano, martiri

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Di Redazione Elzeviro.eu

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