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La sfortuna di aver letto il libro di Speranza

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Ho avuto la ventura, o secondo altri la sventura, di leggere il best seller subito ritirato dal commercio del ministro Roberto Speranza, dal titolo promettente Perché guariremo, edito da Feltrinelli.

di Diego Fusaro

Premetto subito che sono contrario per principio ai roghi dei libri e dunque estendo questa mia condotta anche a quello del ministro Speranza. Debbo dire che non considero nemmeno tempo perso quello consacrato a tale lettura, che pure mi ha portato via ore che avrei più volentieri dedicato a Platone e a Spinoza.

Il libro di Speranza è, in effetti, istruttivo, dacché ci permette di capire molto della tragedia che abbiamo vissuto e che, purtroppo, ancora stiamo vivendo. Un passaggio memorabile del testo è quello in cui il ministro dal sempre riflessivo sguardo precisa che bisogna chiudere le attività non essenziali e imporre agli italiani di stare a casa.

Ora, uno stato democratico si caratterizza

anche e non secondariamente per il fatto che è il cittadino a stabilire che cosa sia essenziale per la sua vita. Del resto, anche un semplice caffè può essere essenziale, soprattutto se ci si trova dall’altra parte del bancone. Ed è una ovvietà (ma anche l’ovvio vuole la sua parte) ricordare che ogni attività è essenziale per chi di quella attività vive.

“Imporre di stare a casa” è, con tutta evidenza, una ingiunzione che suona palesemente anticostituzionale e anche, diciamolo, degna di un regime novecentesco. Un altro passaggio clamoroso del testo del ministro riguarda il fatto che, a un certo punto, confessa di essere terrorizzato dall’idea di assembramenti di due persone o financo dal passaggio delle auto in strada.

Qui, naturalmente, dal tema politico si passa a quello psicologico e vi sarebbe davvero molto materiale da analizzare con cautela.

Non passi neppure inosservato il punto in cui

con tono solenne, il ministro riflessivo dice di aver trovato sostegno in Barbara D’Urso o nella legione degli influencer e degli artisti convocati per la demenziale campagna “Io resto a casa”; campagna nella quale, come senz’altro ricorderete, comparivano in ville fastose e in attici sontuosi musici cinti da noia patrizia che, potendo loro vivere di rendita anche per venti lockdown consecutivi, invitavano gli italiani a rimanere tappati in casa a oltranza.

Tra un elogio delle Sardine di Santori e una beatificazione delle prodezze scandinave di Greta, Speranza non perde occasione per chiarire, nero su bianco, che l’emergenza epidemiologica può rappresentare un buon momento per la riconquista della egemonia da parte della sinistra ormai totalmente dimentica delle classi lavoratrici, verso le quali anzi nutre un sovrano disprezzo.

Insomma, seguendo lo scoppiettante ordito narrativo del ministro, sembra giunto il momento per il transito dalla ormai logora sinistra fucsia alla nuova e più seducente sinistra lockdown.

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