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Ebola: tutto quello che dobbiamo sapere

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Il terribile virus dell’Ebola è arrivato in Europa: sono già diversi i casi sospetti registrati nel nostro continente, mentre peggiorano le condizioni dell’infermiera ausiliare Teresa Romero ricoverata in un ospedale di Madrid. L’opinione pubblica, che fino a qualche mese fa si limitava ad ascoltare con un certo distacco le notizie sempre più allarmanti che venivano dall’Africa sub-sahariana, ha incominciato ora ad allarmarsi perché la malattia mortale della febbre emorragica nei prossimi mesi potrebbe bussare alla porta di casa nostra facendoci trovare assolutamente impreparati. 

L’Ebola ha origini abbastanza recenti perché la sua prima manifestazione si è avuta nel 1976 nella Repubblica Democratica del Congo, tanto per intenderci, nei territori dell’ex Zaire. Il nome Ebola deriva dalla valle dell’Ebola dove, all’interno di un ospedale gestito da suore missionarie olandesi, scoppiò per la prima volta l’epidemia. Il virus, composto da ben quattro ceppi di cui tre letali per l’uomo, stando a quanto sostengono i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), ovvero la massima autorità sanitaria degli Stati Uniti, non sembra, o almeno non ci sono prove scientifiche a riguardo, che possa trasmettersi, per via aerea ma solo per contatto diretto con i malati, anche animali, tramite anche solo il semplice contatto con l’epidermide, il sudore, i fluidi organici (sangue, liquido seminale, saliva), le mucose, le membrane. Ha un’incubazione che va da 2 a 21 giorni. Di solito la malattia diventa trasmissibile soltanto nella fase conclamata, ovvero quando i sintomi si sono già manifestati con una precisazione importantissima da parte del Centro Europeo per il Controllo della Malattie (Ecdc) riguardo alla possibilità, in caso trasfusione di sangue o trapianto di organi, della trasmissibilità già nella fase asintomatica di incubazione. 

Abbiamo detto che la trasmissibilità non avviene per via aerea ma, secondo Anthony Banbury, capo della missione dell’Onu in Africa Occidentale, il virus, se non arginato in tempo, potrebbe, il condizionale è d’obbligo, subire col tempo una mutazione genetica e diffondersi in seguito anche per via aerea così come avviene per il virus dell’influenza. In base a quanto riportato in uno “Speciale” dedicato all’Ebola sulla rivista scientifica Focus.it per creare i presupposti di una sua trasmissibilità per via aerea il virus dovrebbe incominciare a duplicarsi nelle cellule delle vie respiratorie dell’ospite ma il virus, come si legge nell’articolo in questione, non sembra attratto da questa parte del corpo prediligendo invece i vasi sanguigni e il fegato. Per ora quindi, grazie al cielo, non ci sarebbero i presupposti perché l’epidemia possa trasformarsi in pandemia. Una relativa tranquillità che, se da un lato non deve farci allarmare in modo esagerato, dall’altro non deve farci neppure abbassare la guardia, perché nei prossimi mesi, forse anni, una condotta che non terrà conto delle giuste precauzioni potrebbe rivelarsi pericolosa. 

La domanda che tutti si fanno a questo punto è relativa all’effettiva pericolosità del morbo in questione: si tratta infatti, per chi si ammala, di una sicura condanna a morte senza possibilità di appello oppure qualche possibilità di salvezza effettivamente c’è? Ebbene, leggendo sempre quanto riportato nella rivista Focus.it, scopriamo che l’indice di mortalità è pari a circa il 68% delle persone colpite. Ma quali sono i sintomi che devono farci suonare il campanello di allarme? Come riportato sempre dall’articolo di Focus.it, questi non sembrano distinguersi per nulla da una banale influenza: febbre alta, forte mal di testa, dolore muscolare, diarrea, vomito, dolori addominali. Ben presto però a questa sintomatologia se ne aggiunge un’altra ben più preoccupante: quella delle emorragie interne ed esterne sempre più diffuse e devastanti. 

Sempre in base all’articolo della rivista scientifica di cui sopra, la malattia, se non presa in tempo, porta nel giro di pochi giorni (2-21) alla morte. Vaccino a parte, la cura attualmente disponibile, che può effettivamente contribuire alla guarigione del paziente, non è specifica ma è  caratterizzata da una terapia di supporto che, stando a quanto possiamo leggere a riguardo anche su Wikipedia, prevede il bilancio degli elettroliti per combattere la disidratazione, il ripristino dei fattori di coagulazione per cercare di arrestare le copiose perdite di sangue, il mantenimento dei parametri ematici, la somministrazione di antipiretici per combattere la febbre e infine il trattamento delle complicanze infettive. In pratica, da quello che noi non addetti ai lavori possiamo capire, si fa di tutto perché il sistema immunitario dell’organismo colpito trovi il tempo di reagire da solo all’aggressione virale in corso. 

Sul fronte vaccino, anche se le autorità mediche mondiali hanno colpevolmente perso tempo in tutti questi anni, in vari laboratori del mondo, anche in Italia, si stanno mettendo a punto dei vaccini in grado di far sviluppare agli organismi non ancora colpiti gli anticorpi necessari ad evitare il diffondersi del virus. In Italia in particolare si sta lavorando su un vaccino che usa come vettore un adenovirus modificato di scimpanzè che non è altro che il virus di un raffreddore modificato. I tempi necessari prima che i suddetti vaccini siano comunque  operativi non sono brevi e prevedono delle fasi protocollari e diversi mesi prima della definitiva messa sul mercato. 

I ricercatori, nonostante il tempo perduto in precedenza, sono ottimisti: presto potremmo contare su una protezione ulteriore che potrà contribuire alla non espansione dell’epidemia in corso. A questo aggiungiamo tutta una serie di provvedimenti e protocolli messi in atto dalle autorità europee e mondiali che hanno contribuito ad instaurare cordoni sanitari che sembrano in grado di tenere sotto controllo l’avanzata del virus. C’è n’è insomma a sufficienza per non disperare e per dormire sonni ancora abbastanza tranquilli: ma guai ad abbassare la guardia anche perché, di certo, non aiuta a questo riguardo una situazione migratoria proprio dall’Africa che si fa di giorno in giorno sempre più massiccia e incontrollabile e che potrebbe mettere a dura prova proprio le  procedure sanitarie di sicurezza di cui sopra.

di Redazione 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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