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LO STUDIO/ come si manifesta la sazietà. Passi avanti per combattere l’obesità

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Interessante studio dell’Università di Firenze e della Sapienza di Roma sul senso di sazietà.

E’ sempre in voga il detto “il segreto è alzarsi da tavola con un po’ di fame”, e spesso questo è il caso di un pranzo improvvisato nel pomeriggio in una giornata di lavoro. Più difficile durante le feste e durante le ferie fermarsi prima che insorga il famoso senso di sazietà, anzi: spesso si cerca il cosiddetto “spazietto” per il dolce e per gli amari.

Cos’è, però, che fa insorgere il senso di sazietà nel nostro organismo? Per rispondere a questa domanda si prenda visione dello studio indagato dall’Università di Firenze di concerto con l’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ibcn-Cnr) e con il Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia dell’Università La Sapienza di Roma.

La ricerca ha identificato un meccanismo all’interno dell’encefalo che induce il senso di sazietà agli organi periferici. E’ l’istamina il neurotrasmettitore individuato dallo studio, pubblicato sui Proceedings dell’Accademia nazionale delle Scienze americana (PNAS).
Il segnale anoressizzante (quello che genera il senso di sazietà) parte dall’intestino (e non dallo stomaco, come si potrebbe essere indotti a pensare), in presenza di un lipide (OEA: oleoiletanolamide) coinvolto nel senso di cessazione della fame.

Questo studio è anche utile al fine di comprendere i disturbi dell’alimentazione in alcuni individui nei quali tale disturbo abbia un’origine ormonale: è infatti manifesto come l’effetto anoressizzante del lipide in questione venga ridotto sensibilimente in animali che non hanno la facoltà di sintetizzare la istamina, o in animali le cui riserve di istamina neuronali sono state inattivate in maniera temporanea a causa della somministrazione mirata nell’encefalo di un agente inibitore.

“La conoscenza di questi meccanismi neuronali che assolvono un ruolo essenziale nel comportamento alimentare poiché contribuiscono alla riduzione dell’appetito, offre nuove prospettive per sviluppare farmaci più efficaci e sicuri per il trattamento dell’obesità, che mirino a incrementare il rilascio di istamina nel cervello”, afferma Maria Beatrice Passani, ricercatrice del Dipartimento di Neuroscienze, Area del Farmaco e Salute del Bambino dell’Università di Firenze.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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