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Silvia Romano, il trofeo perfetto per un governo di narcisisti

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Il rientro in patria della giovane cooperante milanese è stato salutato da forti polemiche: dalle più fondate a quelle decisamente inopportune. Un inconveniente che avrebbe potuto essere sedato sul nascere, semplicemente garantendo a Silvia Romano la riservatezza di cui necessita; anziché approfittarsi di lei per soddisfare la propria brama di passerella.

Negare che la vicenda del giorno sia costellata di misteri e zone d’ombra, sulle quali sarà necessario fare chiarezza quanto prima, è senz’altro impossibile. Dal ruolo di intermediazione attiva giocato dalla Turchia (che comporterà un inevitabile tornaconto geopolitico), al finanziamento diretto di Al-Shabaab (che per chi non lo sapesse è praticamente la succursale di al-Qaeda nel Corno d’Africa), passando infine per la conversione della ragazza (che solo il più gonzo dei progressisti cosmopoliti può credere essere stata raggiunta tramite una didattica imparziale o per mezzo di iniezioni di pane e amore).

Senza dimenticare naturalmente, la criticità più importante di tutta questa straziante vicenda. Se è vero infatti che proprio dalle tragedie si possono trarre gli insegnamenti più preziosi, il rapimento della Romano consente di conferire il giusto risalto ad una aberrante consuetudine, nei cui confronti si è fatto troppo spesso orecchie da mercante. Un segreto di pulcinella che riguarda la recidiva negligenza di molte ONG, le quali sempre più spesso sono solite inviare giovani cooperanti in zone a rischio sensibile; lasciandoli successivamente allo sbaraglio, privi di una adeguata protezione e trasformandoli, di conseguenza, in facili vittime per i predoni locali.

Ciò detto, è necessario analizzare un punto altrettanto dolente. In tutta franchezza, non si sentivano, né leggevano così tante fesserie dai tempi dell’estradizione di Cesare Battisti. Un fatto non del tutto casuale considerato come, a pensarci bene, la liberazione di Silvia Romano possieda un elemento in comune più che evidente con il summenzionato episodio: il narcisismo delle istituzioni. In entrambi i casi infatti, le più alte cariche dello stato non sono state capaci di accontentarsi del risultato, finendo per cedere in modo grossolano ai più primitivi impulsi da prima donna. E quindi via con la passerella autocelebrativa; con lo sbarco in pompa magna; con l’allestimento di una cerimonia in grado di saziare la propria vanità, utilizzando il rimpatriato di turno come un trofeo di caccia.

Accantonando per un attimo Battisti, che tutto sommato non gode delle simpatie di nessuno (al di fuori di un manipolo di revisionisti ed ex compagni di militanza), qual è stato il prezzo di tutto questo fracasso nel caso della Romano? Naturalmente, quello di dare in pasto alle più demenziali illazioni del circo mediatico e dell’opinione pubblica una ragazza che, dopo un anno e mezzo di prigionia, meriterebbe ragionevolmente solo un po’ di sacrosanta serenità. E forse, perché no, anche quello di offrire ai cittadini un argomento su cui scannarsi diverso dal dirompente impoverimento del paese: che viste le loro responsabilità dirette, agli odierni eroi da passerella male non fa.

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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