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Salvini si fa ipnotizzare da Trump e mostra le sue lacune in politica estera

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La visita ufficiale del Ministro degli Interni, nonché vicepremier italiano, Matteo Salvini negli Stati Uniti doveva essere l’esame di maturità del segretario del Carroccio.

L’occasione si è invece presto svelata come conferma dell’inadeguatezza di Salvini nel maneggiare il già difficile dossier della politica estera italiana. Su questo giornale abbiamo manifestato diverse volte le nostre perplessità circa le posizioni in politica estera espresse dal vicepremier durante il suo primo anno di mandato, in particolare per quel che riguarda la geopolitica mediterranea e mediorientale.

Il sostegno incondizionato alla politica espansionistica di Israele

Al Sisi insieme a Giuseppe Conte

nonché l’accondiscendenza nei confronti di regimi coinvolti in macabri assassinii, come l’Egitto di Al Sisi (con il caso di Giulio Regeni ancora aperto) o l’ambiguo emirato del Qatar, erano suonati come campanelli di allarme di un approccio quantomeno discutibile. Poi si è aggiunta la condanna senza condizione al movimento sciita libanese di Hezbollah, nonostante il suo indubbio contributo nella sconfitta militare dell’Isis.

Infine, con la recente visita negli States è arrivata la conferma di quella che appare ora chiaramente come l’infantile aspirazione ad imitare qualsiasi mossa del proprio modello di riferimento: Donald Trump. Nella conferenza stampa, tenuta non appena conclusi gli incontri con i vertici Usa Mike Pompeo e Mike Pence, Matteo Salvini ha interpretato alla perfezione la parte dell’avvocato difensore del tycoon.

Donald Trump punisce gli Stati europei

Uno scravattato Matteo Salvini in compagnia del premier israeliano Benjamin Netanyahu

che commerciano con l’Iran causando milioni di euro di danni alle aziende del Vecchio Continente? Salvini è pronto a dire che l’Iran è un pericolo per il mondo libero e per le democrazie e quindi è giusto isolarlo (con il rischio di far fallire le imprese italiane). Israele annette un territorio nuovo ogni settimana ed effettua raid aerei in uno Stato sovrano (la Siria) violando ripetutamente il diritto internazionale? Il Segretario della Lega è pronto a rassicurare il mondo sul fatto che Israele sia avamposto di democrazia in Medio Oriente.

Un semisconosciuto laureato in ingegneria chiede l’intervento armato di Stati stranieri contro il suo stesso Paese (il Venezuela), fallendo per giunta il tentato golpe, nonostante l’appoggio e i soldi americani? Salvini non ha nessun dubbio: l’Italia doveva riconoscere Juan Guaidò come legittimo Presidente del Venezuela.

Un simile appiattimento alla politica estera tracciata a Washington

ci fa tornare in mente i periodi più bui della nostra storia recente. Come quando, per esempio, il Governo Berlusconi concesse senza batter ciglio le basi italiane agli aerei NATO per bombardare la Libia e uccidere il Colonnello Gheddafi. Oppure quando il Governo D’Alema partecipò attivamente al bombardamento a tappeto su Belgrado (solo ora sappiamo quanto il Kosovo sia diventato fucina di jihadisti per colpa di quell’intervento scellerato).

Insomma, se Matteo Salvini voleva davvero essere il principale protagonista del Governo del cambiamento, possiamo ragionevolmente dire che sul dossier esteri abbia recitato invece una parte decisamente conformista. Su quest’approccio pesa probabilmente la storia culturale ed ideologica della Lega, un partito nato con l’unico obiettivo della secessione e quindi non in grado di concepire una dottrina sugli esteri oltre le sorgenti del Po.

L’Italia ha bisogno di tutt’altro

Ha bisogno di un movimento politico in grado di farle recitare ancora una volta quel ruolo di ponte tra due mondi: oriente e occidente. L’Italia è completamente affacciata sul mar Mediterraneo. Ha di fronte a lei il Nord Africa e tutto il continente nero. A qualche miglia più a est si estende il Medio Oriente, una porta sull’Asia. Per questo motivo la politica estera italiana non può essere il mero riflesso di quanto stabilito negli Stati Uniti, un Paese che muove principalmente le sue pedine per interessi petroliferi con la tranquillità di chi, trovandosi protetto dalla vastità di un oceano, non può sentirsi minacciato dalle ritorsioni della sua aggressività politica.

L’Italia, al contrario, ha la necessità di relazionarsi con un Nord Africa e un Medio Oriente stabili, senza guerre, cambi di regime o tentativi di esportazione di democrazia. La riduzione dei flussi migratori, ma anche la crescita, della già elevata attività commerciale delle nostre aziende nel mondo arabo, hanno bisogno di un contesto pacificato, dove l’Italia possa dettare la sua agenda alla pari con gli altri Stati e non come semplice portavoce degli interessi di qualcun altro.

 

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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