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Salvini scivola nel razzismo istituzionale e se ne frega della sua responsabilità

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La prima boutade agostana di Matteo Salvini segna un punto di non ritorno: lo scivolamento nel razzismo istituzionale aperto e sfacciato, ma in Italia abbiamo dei precedenti che non dobbiamo dimenticare.

Matteo Salvini su Twitter ha adoperato, riferendosi ad una persona che lo aveva minacciato e insultato in maniera indegna, l’aggettivo dispregiativo riferito alla di questa persona specifica genia. Genìa che è stata aggettivata e spregiata.

Il Ministro dell’Interno, insomma, ha voluto bollare con un epiteto insopportabile una persona che aveva paventato l’opzione se non sarebbe meglio che qualcuno tirasse una pallottola in testa al ministro stesso. Questi, anziché affidare solamente alle forze dell’ordine – senza troppo clamore – l’intera vicenda, ha de facto strumentalizzato l’accaduto aizzando il popolo dei social network contro gli zingari, oggetto – più o meno giustamente – delle ire del popolo del web. Un popolo virale, spesso incazzato (e a ragione), contro le popolazioni Rom stabilitesi e mai integratisi nelle nostre città, rinfocolate dalle recenti migrazioni massiccie da Romania e Bulgaria.

Salvini ha fatto di una bega personale, di una minaccia, ancorché grave, da investigare, ghiotta occasione da sbattere sui social per aizzare l’odio, che già è protervo e diffuso, specialmente tra i leoni da tastiera che infestano le pagine elettroniche ed i social network.

Il commento del nostro collaboratore Giuseppe Masala sulla vicenda.

 

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L’intervento personalistico e deprecabile dell’onorevole Matteo Salvini.

Si tratta forse del peggior cinguettio di Salvini. Un ministro non dovrebbe entrare, forte del suo ruolo istituzionale, in personali tenzoni con cittadini, nemmeno trattandosi (e qui il dubbio aleggia) di questioni che ineriscano alla sua sicurezza personale. Perché la sicurezza personale del ministro va trattata dagli organi di polizia e di intelligence, ma non usata a fini propagandistici ed elettorali, in quella campagna elettorale perpetua che è il brand distintivo dell’azione politica del segretario della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania (nome da statuto del partito a cui si riferisce la lista elettorale Lega – Salvini Premier).

Salvini è quantomai lontano dal quel distacco istituzionale che dovrebbe garantire uno dei pilastri della democrazia, ossia il potere esecutivo che rappresenta, e istituzionalmente, e di fatto.  Dov’è finita l’interpersonalità delle istituzioni, quella garanzia di terzietà che dovrebbe garantire che l’azione di Governo fosse improntata alla difesa non della maggioranza dei cittadini, ma della cittadinanza in senso globale, zingaracci compresi, per intenderci.

E le continue boutades, come: “i rom italiani dobbiamo tenerceli”… Avevano già anticipato questa attitudine pericolosa, ma mai si era scivolati nel razzismo aperto e conclamato. Qui non si tratta più di politicamente corretto da abbattere per rendere la comunicazione vera e trasparente: cosa che chi scrive condivide appieno. Qui si tratta di cavalcare a fini politici l’ignoranza ed il rancore della gente, e ciò è intollerabile.

Come si fa a condannare un singolo individuo, pure da condannare, facendo riferimento al suo gruppo etnico-culturale?

Si tratta di un nemico politico e di classe che riporta alla storia italiana peggiore: il terrorismo degli anni di piombo ma, ancora più nefaste, le leggi a difesa della razza e la codardia dei seguaci del potere senza intelletto, acume, o voglia di elevarsi dal letame delle istituzioni. E oggi le istituzioni odorano di letame, in Italia.

Come appellare

chi soffia sulle tensioni interrazziali in seno ad una società caratterizzata da forbice salariale insopportabile e diffuso malcontento popolare? Come descrivere chi trova come capro espiatorio argomenti come l’esistenza di una razza straniera e nemica?

Nel 1938, a Milano, città dove è sorta la lunghissima carriera politica di Salvini, un biglietto anonimo che caratterizzava una persona per la sua razza ha portato alla morte di questa persona. Recitava così:

L’ebreo che era in casa Monti Giosuè si trova nascosto dalla dott. Gentile in via di Doria al 9 che ha negozio di calze all’ingrosso a Milano.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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