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Salone del Libro: perché riservare uno stand agli Emirati Arabi?

Lo stand riservato agli Emirati Arabi Uniti

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La 32esima edizione del Salone del Libro di Torino sta catalizzando l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale come, forse, mai accaduto prima.

La decisione di escludere la casa editrice Altaforte dalla corposa lista degli espositori ha infatti lasciato non pochi strascichi di polemica sul terreno. Come scritto su questo portale, tale scelta sembra essere stata dettata più da un capriccio ideologico in vista delle elezioni europee, piuttosto che da una reale natura minacciosa di una realtà piccola come Altaforte.

Il risultato di questa querelle

si è comunque ritorto contro gli stessi alfieri dell’antifascismo, considerato il boom di vendite del libro intervista di Matteo Salvini, pomo della discordia della vicenda. Archiviato il capitolo Altaforte, ecco che il Salone del Libro ha creato altri imbarazzi per gli organizzatori. Risulta infatti che un posto d’onore, esattamente il primo stand del Padiglione 1 e quindi immediatamente visibile all’ingresso, sia stato riservato agli Emirati Arabi Uniti. Si tratta di uno spazio espositivo di notevoli dimensioni, in cui si celebra il Sharjah Book Fairl’evento letterario più importante della monarchia islamica.

Lo stand riservato agli Emirati Arabi Uniti

Tale passerella d’onore stona con i principi di antifascismo e difesa della democrazia tanto decantati dagli organizzatori del Salone, dal sindaco Chiara Appendino e dal Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino. “Dio, la Patria e il Presidente” è, per dire, il motto del Paese. Frase che non si discosta molto da quel “Dio, patria e famiglia” di mazziniana memoria, ma a cui troppo spesso viene attribuito un connotato fascistoide. Gli Emirati Arabi Uniti, le cui bandiere campeggiano all’ingresso del Salone, sono una monarchia assoluta in cui vige la rigida applicazione della shar’ia (legge coranica).

Il rapporto di Amnesty International che condanna gli Emirati Arabi

Le autorità hanno continuato a imporre arbitrariamente restrizioni alle libertà d’espressione e d’associazione, applicando leggi penali sulla diffamazione e l’antiterrorismo, allo scopo di detenere, perseguire, condannare e incarcerare persone critiche verso il governo e un noto difensore dei diritti umani. Decine di persone, compresi prigionieri di coscienza, che erano state condannate al termine di processi iniqui, sono rimaste in carcere. Le autorità hanno trattenuto i detenuti in condizioni equiparabili a tortura e non hanno provveduto a indagare le accuse di tortura emerse negli anni precedenti. Le donne sono rimaste discriminate nella legge e nella prassi. I lavoratori migranti sono rimasti esposti a sfruttamento e abusi. I tribunali hanno continuato a emettere condanne a morte.

Questo l’estratto di un rapporto di Amnesty International risalente al 2016, quindi nemmeno troppo obsoleto.

Ci chiediamo ora: era necessario riservare tale passerella d’onore ad un regime teocratico e liberticida? Come si concilia l’allestimento di un “tappeto rosso” per gli esponenti di un simile regime con i principi di antifascismo militante espressi dagli organizzatori del Salone? Infine, perché è moralmente lecito ospitare gli Emirati Arabi Uniti, mentre non lo è altrettanto per Altaforte?

 

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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