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Quello che dovrebbe esserci nei programmi elettorali, ma non c’è: Amazon e l’e-commerce

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Amazon.

Nel viaggio all’interno dei programmi elettorali per le vicine elezioni continuano a uscir fuori pezzi mancanti. I dibattiti che appassionano i politici, un po’ meno i cittadini, scadono puntualmente e superficialmente su migrazione, stipendi d’oro, rimborsi vari, nepotismo e clientelismo.

Tutto questo consegna agli osservatori attenti un quadro agghiacciante che rappresenta la futura classe politica dotata di una visione che non va oltre il prossimo quarto d’ora e non si allontana di più di 10 metri dal proprio cortile di casa. In sostanza, più che una visione, manca una previsione del futuro. Non è la preveggenza magica che si pretende, ma una logica lettura dei fenomeni presenti con conseguente trasposizione nei prossimi 15/20 anni. È con questo tipo di “occhiali” che si potrebbe osservare come ius soli, sbarchi e leggi anti corruzioni diventino problemi del tutto secondari di fronte a cambiamenti epocali. E non si tratta di cambiamenti climatici.

Amazon distrugge le vendite al dettaglio

Parliamo del commercio digitale. Si tratta di quella trasformazione poco analizzata e approfondita che sta colpendo come un meteorite l’universo delle vendite al dettaglio. Prendiamo Amazon. Amazon è un’azienda di commercio digitale americana con sede a Seattle, fondata nel 1994 da Jeff Bezos. Cosa vuol dire commercio digitale? Si tratta di piattaforme che lavorano all’interno di internet e che collegano in maniera diretta il produttore con il consumatore.

L’azienda thailandese di scarpe può così vendere i propri prodotti direttamente al signor Gianni, residente a Mantova, attraverso la piattaforma Amazon. Il signor Gianni ha infatti scelto di comprare proprio quelle scarpe per il basso prezzo e la velocità di consegna garantita da Amazon. Bene. In questa catena che potrebbe a primo impatto apparire virtuosa, c’è in realtà un risvolto devastante. Perché il signor Gianni, e come lui milioni di altre persone nel mondo, nel comprare il suo paio di scarpe thailandesi salta un passaggio, che finora aveva caratterizzato il rituale del consumo: il negozio.

Prima del 1994, nascita di Amazon, il signor Gianni, per fare un qualsiasi acquisto, doveva necessariamente recarsi nel negozio di vendita al dettaglio, ove il bene veniva venduto. E in quel negozio cosa c’era? C’era un proprietario che pagava la licenza e i permessi allo Stato italiano, che incamerava soldi, e c’erano dei dipendenti, che ricevevano uno stipendio, il quale stipendio veniva reinvestito nell’economia. C’erano ovviamente anche i prodotti che, potevano effettivamente costare di più rispetto all’infinita offerta presente su Amazon, ma almeno avevano la cara e vecchia garanzia del “toccare con mano” prima di comprare.

Il boom del Black Friday di Jeff Bezos

Passiamo ora ai dati. Nel novembre 2017, in occasione del Black Friday, il patrimonio di Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon, ha raggiunto la cifra record di 100 miliardi netti. Sempre durante il Black Friday oltre 4 milioni di persone hanno sottoscritto l’abbonamento ad Amazon Prime, mentre 2 milioni di unità sono state ordinate sulla piattaforma in sole 24 ore. La ricchezza però non si crea dal nulla e così il denaro incamerato da Bezos diventa spesso e perlopiù denaro sottratto al settore della vendita al dettaglio.

Nel febbraio dello scorso anno Business Insider parlava di “onda gigantesca” in riferimento alle continue chiusure e tagli al personale che colpivano le grandi catene di vendita al dettaglio. WalMart, Macy’s, American Eagle, Kmart e CVS sono solo alcune  delle sigle commerciali che hanno chiuso negozi e mandato a casa personale a causa dell’espansione di Amazon. Un trend che era stato confermato dal British Retail Consortium, federazione die commercianti del Regno Uniti, che in una proiezione per il 2025 prevedeva la perdita di lavoro per ben 900mila persone. Questo ovviamente nel solo Regno Unito.

Il mondo si prepara ad arginare Amazon, l’Italia no

In ogni caso parte del mondo si sta attrezzando per affrontare quest’ascesa del commercio digitale. Donald Trump, per esempio, ha proposto di elevare le tasse di spedizione per Amazon, mentre in Cina Xi Jinping ha già più volte richiamato all’ordine Jack Ma di Alibaba (l’equivalente cinese di Amazon) per ricordargli che la sua libertà d’azione finisce nel momento in cui si rischia di mettere in crisi l’ordine della società cinese.

In Italia invece si è in alto mare. La questione Amazon è saltata fuori, quasi per caso, in seguito alla vicenda legata ai “braccialetti elettronici”. Il Ministro del Lavoro Poletti ha così finalmente incontrato i responsabili di Amazon per parlare. Di cosa? Di trovare una soluzione per far convivere vendite al dettaglio e e-commerce senza perdere milioni di posti di lavoro? No. Il Ministro Poletti ha voluto parlare solo del braccialetto elettronico. Ci vogliono leggi, ci vuole uno Stato, ma soprattutto ci vuole una visione del mondo, che vada oltre il prossimo quarto d’ora.

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