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Il vergognoso spot di Mediaset contro le fake news

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Per controllare una società è necessario avere le redini dell’informazione e ai tempi del coronavirus, il controllo sociale sta diventando una prerogativa dei Governi in carica.

Un principio che nasce dal nobile e legittimo intento di voler contenere la diffusione del virus facendo uso del contenimento sociale su larga scala. Purtroppo però anche i sistemi democratici sembrano non essere del tutto immuni da una certa deriva autoritaria, conseguente alle norme di controllo sanitario.

Sembra infatti diventata una vera e propria ossessione da parte delle istituzioni italiane quella di dover controllare capillarmente le informazioni che vengono diffuse riguardo al coronavirus. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Martella ha addirittura istituito un task force governativa per stanare le fake news. Sulla palese illegittimità costituzionale di questa iniziativa ne abbiamo già parlato in un nostro recente articolo.

Questa vera e propria caccia alle ipotetiche bufale

viene poi rilanciata compulsivamente dalle principali reti televisive. Quasi con un intento un po’ fantozziano di far vedere a chi ci governa quanto siano ligi ed ossequiosi nell’applicare nuovi diktat, anche se palesemente contrari alle norme costituzionali vigenti.

La Rai ha per esempio scimmiottato il Governo istituendo a sua volta un comitato anti fake news. Non da meno è però Mediaset che ha deciso di rilanciare sulle proprie reti in maniera martellante un feroce spot contro le fake news. In questa sequenza della durata di circa venti secondi, l’emittente privata intende inculcare all’uditore l’idea che le fonti cosiddette mainstream siano le uniche attendibili.

Fidati solo degli editori responsabili, degli editori veri


Recita pomposamente lo spot, facendo passare in carrellata le immagini dei principali Telegiornali della rete Mediaset oltre alle testate quali il Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa e il Sole 24 Ore.

Lungi dall’essere uno spot in difesa della professionalità giornalistica

tale reclame sembra avere più il volto di un peana nei confronti del padrone/editore di turno. Conosciamo infatti bene la drammatica realtà dell’editoria giornalistica italiana, dove precisi gruppi di potere (pochi) detengono pressoché il monopolio dell’informazione, con delle conseguenze spesso pesanti sulla qualità e la libertà delle notizie fornite. L’Italia è al 43esimo posto nella classifica mondiale per la libertà di stampa, dietro al Burkina Faso, a Taiwan e alla Papua Nuova Guinea.

Viene in mente per esempio la fatica fatta dalle penne di Repubblica nel far comparire il nome dei Benetton (gruppo che finanzierebbe la pubblicità di questo giornale) in correlazione al crollo del Ponte Morandi.

Oppure come non dimenticare la controversa narrazione del Corriere della Sera riguardo la trattativa tra Unione europea e Italia per la manovra economica del 2018. Secondo il giornale milanese, la procedura d’infrazione contro l’Italia era certa. Peccato che poi non si sarebbe mai palesata. In quel caso il Direttore del giornale venne accusato apertamente da un suo dipendente per aggiotaggio.

Per arrivare poi all’indimenticabile “Fate presto”

titolato da Il Sole 24 Ore nel 2011, che invitava alla destituzione del Governo Berlusconi. Lo stesso giornale vicino a Confindustria che nello scorso febbraio 2020 sfornava titoli ed articoli a raffica volti a minimizzare l’impatto del covid-19, per evitare che il Governo procedesse alla chiusura delle grandi fabbriche del nord Italia.

Insomma, il curriculum dei cosiddetti “editori responsabili” è tutto fuorché immacolato. Anzi, verrebe da dire che proprio chi detiene una possibilità di diffussione maggiore, dovuta principalmente al peso economico del proprio editore, dovrebbe avere maggiore responsabilità nella diffusione di una notizia. Attenzione che tuttavia non si ravvisa nella storia recente del giornalismo italiano.

Nello spot di Mediaset non si ravvisa quindi altro intento se non quello della rieducazione coatta, che dovrebbe essere tuttavia aliena ad un maturo sistema democratico. Così noi cittadini ci sentiamo come tanti Alex DeLarge (il protagonista della celebre pellicola di Arancia Meccanica) che legati ad un sedia e obbligati a tenere gli occhi aperti di fronte ad uno schermo, subiamo la nostra rieducazione forzata all’editoria responsabile.

 

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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