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L’Italia a rischio di ingovernabilità affossa l’economia

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I risultati delle elezioni politiche hanno gettato nel baratro l’economia italiana, tanto che Piazza Affari ha dovuto togliere dalle contrattazioni molti titoli per eccessivo ribasso, e la Piazza nel complesso ha lasciato per strada cinque punti stamane. Qualche politico si ostina a dire che lo spread differenziale di rendimento dei titoli del debito pubblico tra Italia e Germania è un’invenzione, una barzelletta di cui possiamo disinteressarci. 
Ebbene il disincanto che viene dai mercati è che i debiti sono pur sempre debiti, e uno Stato che non emette moneta sua propria (come il nostro, il cui danaro è stampato da una banca privata) deve fare ben i conti, da una diecina d’anni a questa parte con questo mostro detto spread, con il quale l’ultimo governo ha dovuto confrontarsi ogni giorno, per l’infantile ragione che i debiti vanno onorati.
Per il Pd l’unica chance di governabilità sarà andare avanti a colpi di decreti-legge, come è stato uso fare B. per troppo tempo, scippando della sovranità il Parlamento; ma lo vediamo piuttosto difficile non per un’etica rinnovellata nelle maggiori compagini parlamentari, bensì per l’ingresso del vero terzo polo: quel Movimento Cinque Stelle che accetterà l’entrata in vigore di un decreto-legge solo per reali casi di necessità ed urgenza, senza permettere che si stupri mensilmente la Costituzione.
Se dovesse cercare la via democratica, è chiaro che il Partito democratico, con il medesimo numero di seggi assegnati in Senato rispetto al Pdl e pochi più rispetto al M5S, andrà sotto così spesso che un progetto di legge, con il consueto farraginoso ed antidemocratico sistema delle navette (e qui ha ragione Berlusconi), che nulla potrà essere approvato per legge ordinaria. E’ pacifico che B. non abbia trovato la soluzione giusta in passato per cambiare il processo di formazione della legge ordinaria, né tanto meno ha avuto il tempo di farlo Monti. Eppure il Pd si troverà in una situazione d’impasse poiché il M5S non starà certo a guardare di fronte agli inveterati ricorsi ai decreti-legge.
Sembra probabile, come ormai è concorde la maggioranza degli analisti politici, che si tornerà a votare entro sei mesi / un anno, tempo nel quale necessariamente dovrà essere eletto un nuovo Presidente della Repubblica, quindi almeno un accordo di larghe intese dovrà essere raggiunto tra questa quanto mai eterogenea formazione politica. Ma ancor prima assisteremo alla quantomai problematica elezione della seconda carica dello Stato, in un Senato mai così variegato ed instabile.
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Di Redazione Elzeviro.eu

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