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Partigiani ladri di galline? Forse no ma molti di loro furono stupratori e assassini

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Ora che il noioso leit motiv delle celebrazioni del 25 aprile si è finalmente esaurito e disciolto come neve al sole insieme a tutti i suoi riti noiosi e ripetitivi ma costanti nel tempo, ci pare giusto a bocce ferme fare alcune riflessioni. Riflessioni che inevitabilmente vanno a investire quegli stessi valori su cui si fonda il nostro Stato. Dopo anni e anni di atroci e patetiche menzogne e di un’invasiva propaganda portata avanti a suon di festeggiamenti e di insabbiamenti la verità storica è venuta piano piano a galla. Una verità ben diversa da quella che abilmente ci avevano raccontato e che rende finalmente giustizia dei trionfalismi autoreferenziali di chi molto furbescamente si pose a suo tempo come “salvatore e liberatore” della Patria.

La verità infatti ci mette di solito più tempo ad emergere rispetto alle menzogne che trovano subito terreno fertile nella facile manovrabilità delle coscienze, ma quando lo fa, assume da subito i rigorosi contorni dell’attendibilità. La vittoria contro la Germania nazista raggiunta grazie soprattutto alle truppe alleate in verità venne abilmente sfruttata dal Partito Comunista Italiano per presentarsi all’opinione pubblica come il protagonista assoluto del fenomeno Liberazione. Una tattica politica che servì sicuramente per tenere sotto il tallone della sua potenziale forza distruttiva l’Italia del dopo guerra. Ma non solo, la nostra Costituzione finì inevitabilmente per fondarsi anche sui “valori” del socialismo bolscevico arrivando a concepire un incredibile miscuglio di idee e di riferimenti che univano in un colpo solo l’anima comunista, quella cristiana e, un po’ a margine, quella liberale.

Il problema che continua a sussistere ai nostri giorni è che quegli “altissimi” valori di riferimento a cui il testo costituzionale si riferisce in ogni riga e che ci vengono “venduti” ad ogni ricorrenza nazionale li abbiamo sempre dati per scontati ma stiamo lentamente scoprendo che essi non corrispondono in pieno alla verità storica. Grazie anche al coraggio e all’onestà intellettuale di giornalisti da sempre di sinistra ma dotati della volontà orgogliosa di avere anche una coscienza libera come Gian Paolo Pansa, siamo venuti a sapere che effettivamente nella guerra civile e nel periodo immediatamente successivo al suo termine ufficiale, le cose andarono in maniera differente da come i cosiddetti vincitori ci hanno per decenni fatto credere. Dati numerici crudi e impietosi come le 776 donne trucidate e spesso anche stuprate dalle truppe partigiane in Piemonte e in Val D’Aosta soltanto perché sospettate di essere spie al soldo dei nazisti, stanno a dimostrare quanto i cosiddetti “liberatori” dalla tirannide nazifascista in verità fossero anche peggio di coloro che cercarono di combattere.

Abbiamo scritto “cercarono” perché è sempre più evidente dal punto di vista storico come il contributo dato dalle truppe civili alla lotta contro i tedeschi fu abbastanza limitato anche se poi molto sbandierato ed esaltato per motivi squisitamente propagandistici. Una cosa invece non è mai stata ammessa dagli storici di parte: che quello che veniva deciso e operato all’interno della neo costituita Repubblica Sociale Italiana nella quale confluirono moltissimi ed entusiasti italiani di ogni età e condizione sociale, fu frutto comunque di un’autorità politica costituita sul territorio e, dal punto di vista squisitamente giuridico, assolutamente legittima. Uno stato dotato di un proprio esercito, di una propria organizzazione finanziaria e politica e, particolare niente affatto secondario, dotato di un suo sistema legislativo e giudiziario.

Ergo le persone, spesso volontari partigiani, che vennero arrestate, poi processate e spesso condannate a morte, insieme purtroppo anche a molti civili, lo furono pur sempre in base ad una legge vigente sul territorio, la legge militare di guerra, e quindi nel rispetto comunque di un, seppur teorico, principio di legalità. Che poi si debba guardare con il dovuto orrore anche a questi eccidi che furono comunque il frutto di una reazione a catena fatta di odi spesso di antica data, non toglie il fatto che dall’altra parte della barricata la legalità era invece totalmente sconosciuta. Le forze partigiane infatti non rappresentavano né potevano farlo, un potere statale originario e quindi operavano nella quasi totale anarchia senza un controllo superiore che potesse vigilare e controllarne l’operato. Ecco quindi spiegata la ferocia incontrollata di molti appartenenti alle forze partigiane, soprattutto tra quelli che operavano sotto la bandiera ideologica del Comunismo sovietico, i cosiddetti partigiani rossi.

Quando parliamo di centinaia, migliaia di vittime innocenti brutalmente uccise e spesso sottoposte a bestiali e impuniti abusi sessuali da parte del branco senza uno straccio di processo o una legge che lo potesse permettere, non possiamo riferirci a casi isolati anche perché alle 776 donne trucidate in Piemonte e in Val d’Aosta si aggiunge un maggiore numero di civili maschi o ex appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana uccisi senza pietà ma soprattutto senza processo, oltre ad altre migliaia di vittime che si registrarono in Emilia Romagna, in Lombardia, in Veneto e in Liguria. I “coraggiosi liberatori” delle varie associazioni partigiane che sorsero come funghi nel dopoguerra hanno impiegato decenni prima di ammettere, sia pure timidamente, che sì qualche eccesso isolato (sic!) effettivamente ci fu. Come facciamo a considerare isolati i migliaia di casi che la storia ci ha impietosamente riesumato lo sanno solo lor signori.

Resta il fatto incontrovertibile che la nostra Costituzione, che proprio da quelle inquietanti radici prende le mosse e se ne auto celebra entusiastica erede in nome di sbandierati valori come democrazia, liberazione dall’oppressore e libertà non fa altro che vantarsi di principi che non le sono propri nascondendone altri molto meno vendibili ma soprattutto molto meno umanitari. Quello che ci è stato venduto come supremo esempio di lotta per la libertà in verità sta assumendo sempre di più i connotati precisi di una gigantesca operazione di pulizia etnico politica, tipica proprio dei rappresentanti di quello che ci piace definire Nazional Comunismo, con buona pace di chi ancora crede nelle favole che ogni 25 aprile continuano a propinarci.

 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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