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In barba alla Cassazione e a Nizza, si saluta romanamente

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«Un sistema che ha paura dei gesti simbolici e delle opinioni è ormai arrivato al capolinea.»

Quel braccio teso ed il simbolo di appartenenza nel gridare “presente!” connota, certo, una determinata area politica, forse non racchiudibile nella estrema destra, ma sicuramente, per molti, nell’estremismo. Questo comportamento però non è, a parere di chi scrive, simbolo di militanza attiva, pertanto non costituirebbe, differentemente da quanto prospettato dagli eminenti giudici di Cassazione, pericolo di ricostruzione del disciolto partito fascista.

La legge liberticida Scelba del 1952 per qualsiasi liberale è una norma discriminante (il partito comunista è trattato con i guanti) palesemente ingiusta. Nemmeno se esistesse, un eventuale PNF riuscirebbe a raccogliere i consensi per elevarsi al soglio parlamentare. Quella della Cassazione, però, che decide di esprimersi politicamente sul rischio insito in un gesto che potrebbe raccogliere i fascisti d’Italia, è una scelta che esula le sue prerogative giurisdizionali e pertanto sbagliata in forma, oltreché in sostanza. 

I giudici con l’ermellino, nella sentenza numero 37577 emendata dal relatore Raffaello Magiri, parlano di politica attiva (sic), riferendosi al presuntissimo rischio di “rigurgiti” (usano questa parola, che fa venire il rigurgito a chi scrive) antidemocratici. Per trovare un attuale fondamento di questo pseudorischio i giudici parlano di un timore che sarebbe ben palesato nella carta di Nizza (diritti fondamentali dell’Unione europea). Diritti fondamentali scritti nel 2000, pensate, dopo mezzo secolo di Comunità europea, che si capisce bene dunque come abbia come principi fondamentali null’altro che dilemmi finanziari.

Gli imputati, appartenenti al movimento politico Casapound, A. B. e M. G. si difendevano assumendo l’assenza di “lesività” dei loro comportamenti e la necessità di ‘depenalizzare’ i retaggi del reato di opinione. Il crimine infame era, nel 2009, aver salutato romanamente rivolti alle vittime delle Foibe e scandendo un “presente” per ricordarne l’eccidio, volendo tenerli sempre fissi nella memoria.

La pena sarebbe irrisoria di per sé: si era partiti da qualche mese di galera, per arrivare ad una multa di 760 euro. Eppure, la sentenza, secondo i vertici di Casapound “farebbe ridere se non fosse in realtà liberticida e smaccatamente politica”.

Aggiunge il movimento: “nella sentenza, i giudici discettano filosoficamente sullo stato di salute morale di questo Paese senza rendersi conto che proprio questi irrigidimenti censori fuori tempo massimo testimoniano la sua profonda fragilità: un sistema che ha paura dei gesti simbolici e delle opinioni è ormai arrivato al capolinea“. 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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