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La fine del cattolicesimo in politica?

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Il cattolicesimo assume oggi, nella sua fase terminale di protagonista politico, una dimensione più privata. Ci si interroga su quale gruppo, politico o sociale, abbia facoltà di controllo del destino del nostro paese.
La crisi recessiva nella quale è sprofondata l?Europa, particolarmente quella del Sud, ha spinto a rimestamenti storici e colossali degli orizzonti politici. Così se in Germania il partito dei Pirati solca, elezione per elezione, i mari del consenso, allo stesso modo in Italia il partito di un indignatissimo ed arrabbiatissimo comico si vocifera ormai abbia raggiunto la posizione di secondo partito nazionale.

Ecco quindi che la Democrazia cristiana, per decenni alla guida del paese, e ancora emblematicamente importante, nelle sue varie colonie presenti nei partiti di centro-destra e centro-sinistra, con una piccola ma importante essenza del 6% nell?Udc, perde ogni ragion d?essere. Si tratta qui dell?inopportunità del persistere di un partito cattolico nell?orizzonte politico (italiano).

Sul Corriere della Sera De Bortoli si aspetta una discesa in campo forte e decisa dei cattolici in politica. I suoi stessi lettori lo subissano di critiche aspre per questo schieramento. In realtà si tratta di schieramento financo coraggioso e controcorrente, considerati oggi i venti che da poppa spirano indignazione verso tutto ciò che è vecchio e marcio nella politica. O meglio verso tutta la politica, che appare vecchia e marcia.

Lo storico Galli della Loggia, dal canto suo, auspica che questa voce forte, importante, e tutto sommato ancora oggi ricercata dagli indecisi, persista, pur dovendo essa restare nell?alveo della società civile. Ma il pensiero cattolico non è forte come un tempo sui temi della grande politica, né coeso. Lo dimostra il fatto, tra gli altri, che il piccolo erede diretto della Dc, l?Udc, sia rappresentato da un signore che è da trent?anni in Parlamento e che solca i mari del consenso con affabile destrezza, mentre l?unico ruolo politico di importanza rilevante l?ha rivestito con il governo Berlusconi, dal quale si è smarcato giusto in tempo per continuare a vivacchiare nell?emiciclo. E alla figura personalmente discutibile (nell?ottica della morale cattolica) di Casini, si affianca un?azione politica che cattolicamente sarebbe addirittura deprecabile: si pensi alla recente (e già data per spacciata) alleanza con Fini e Rutelli, portatori di ideologie perlomeno ambigue. Quelle di Rutelli sono sconosciute e per questo ben poco amene, mentre Fini su aborto, staminali, coppie di fatto ed eutanasia tutto è fuorché cattolico? Eppure questi sono gli unici temi che ancora uniscono i cattolici sul fronte politico, che li spingono a parlare come se vi fosse ancora un?unitaria anima politica cattolica. Un?anima politica cattolica che s?incarni in un partito sembra però ad oggi antistorica e appare, appropriatamente, tramontata per sempre.

Non si tratta di una necessità dell?ingresso sulla scena di un partito “confessionale” o ispirato alla confessione, ma della necessità per i cattolici di interessarsi pubblicamente alle vicende politiche. Ciò dovrebbe avvenire, in questo contesto storico-politoco, da fuori. Della Loggia: “si tratta di contribuire alla costruzione di una cultura civica, di rafforzare un insieme di valori pubblici, di costruire disposizioni d’animo collettivo orientate al bene comune.” In questo i cattolici hanno però forse già gioco facile considerato il potere che ancora oggi rivestono la Parrocchia, il Catechismo, le scuole cattoliche ad oggi ancora numerosissime. (Ed esentate dall?ultima imposizione fiscale). Eppure la disunione appare tanto infraistituzionale, quanto sociale. I cattolici non sono più una forza che in quanto tale possa muovere le sorti del paese? Nonostante l?unione di pensieri, parole ed opere su alcuni grandi temi, la risposta sembra dovere essere negativa.

Durante il Fascismo la Chiesa ha abilmente acquisito il controllo dell?istruzione, al fine di formare la successiva classe dirigente, e così, al tramonto della dittatura, è sorta la autocrazia silenziosa che abbiamo imparato a chiamare Prima repubblica. Oggi per capire cosa sarà del futuro bisogna allora forse studiare quale sia la classe che ha predominato negli ultimi decenni (a scapito della stessa Chiesa) nelle coscienze dei giovani, andando anche a ritroso parecchio, considerata la lunghezza temporale esercitata dall? influenza della Chiesa. Ebbene nefasta e verosimile appare l?opzione che nelle coscienze delle generazioni passate abbia fatto breccia soprattutto l?opulenza ed il dio denaro, degni rappresentanti di una crisi di valori a più riprese invocata e da Chiesa e da filosofia. Tesi nefasta poiché questo vorrebbe forse dire una nuova esasperata autocrazia legata al mondo bancario-finanziario.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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