Il ruolo oscuro di don Mosè nel traffico dei clandestini

Si chiarisca il ruolo di Don Mosè Zerai nel traffico dei clandestini

Il business dei profughi è molte fiorente, al punto tale che ha attecchito nella cerchia di quei preti che fanno della xenofilia loro bandiera ideale e nel globalismo la loro visione religiosa, inverata attraverso le loro Associazioni. Fin qui si può aver da ridire ideologicamente, ma non c’è nessun problema, perlomeno finché la loro attività rientra nell’alveo della legalità.

Apprendiamo dalla stampa nazionale (Secolo XIX Genova) che un prete eritreo Don Mosè Zerai responsabile dell’Agenzia Habeshia dalla città del Vaticano, per sua stessa ammissione, riceve le telefonate satellitari degli extracomunitari sui barconi che vogliono raggiungere le nostre coste ed avverte la Capitaneria di Malta e la nostra fornendo le localizzazioni, per cui abbiamo il forte sospetto che esista un accordo tra lui e i trafficanti di esseri umani.

Tutto ciò è un atto illegale che, secondo la vigente legge Bossi-Fini può essere perseguibile per vie legali trattandosi nulla di meno che del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Bizzarro è che nessuno indaghi, né le Autorità Vaticane né la Procura di Roma, e che nessuna interrogazione parlamentare sia stata fatta per fare leva su questo fenomeno dilagante. Non va dimenticato che poi la maggior parte dei centri rifugio/accoglienza sono gestiti da Associazioni di volontariato gestite dal clero, e che quindi la miseria per loro si configura in molti casi come un ottimo business.

Un appello per ottenere risposte dalla Segreteria di Stato Vaticana è già stato firmato e pronto per essere diramato, al fine di carpire maggiori conoscenze in merito all’operato di Don Zerai; ma se venisse confermata questa attività, che per la legge italiana è un reato, saremo pronti a ritenere senza indugi il sacerdote direttamente responsabile del traffico di esseri umani e delle conseguenze, anche tragiche, che avvengono nel Canale di Sicilia.