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Mattarella e il nuovo manifesto della razza israeliana dimenticato

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Ci sono delle occasioni servite su un piatto d’argento, che non possono essere mancate. Ricorrenze che cascano precise e puntuali, che potrebbero essere abilmente usate come monito per scoraggiare nefandezze presenti. E invece no.

A 80 anni dal Manifesto della razza, Israele che combina?

Così era la ricorrenza degli 80 anni dalla pubblicazione del Manifesto della razza in Italia. Quel 25 luglio del 1938, sotto pressione della Germania (già allora), l’Italia promulgò le leggi razziali, che sancivano a livello legale il principio della superiorità di una razza rispetto ad un altra. Neanche il più beffardo degli scherzi del destino avrebbe potuto sperare che tale ricorrenza sarebbe caduta proprio a pochi giorni di distanza dall’approvazione della legge da

selfie con Netanyahu per festeggiare la legge “apartheid”

parte della Knesset che definisce Israele come

“Stato-nazione del popolo ebraico”.

Legge che alcuni degli stessi appartenenti alla comunità ebraica, come il direttore d’orchestra Daniel Borenboim, non hanno esitato a definire come “forma di apartheid”. Questo perché la legge mette nero su bianco il legame di unicità che intercorre tra lo Stato e una determinata etnia, quella ebraica, escludendo de facto da questo rapporto privilegiato tutti gli altri gruppi etnici presenti nel territorio israeliano. Tra cui soprattutto gli arabi.

L’occasione persa da Mattarella

Ecco, non vi era apparentemente occasione più ghiotta per un capo di Stato apprezzato per la sua integrità morale, quale Sergio Mattarella, nella sua uscita ufficiale, per sottolineare perlomeno l’inquietante vicinanza tra la legge odierna di Israele e quel manifesto vecchio di 80 anni. Non vi sarebbe stata occasione migliore anche perché Mattarella, dall’alto del suo ruolo imparziale e riconosciuto, avrebbe potuto far presente alla comunità ebraica italiana, presente alla ricorrenza, la pericolosità delle politiche attuate nella Terra Promessa, il tutto condito da un certo grado di autorevolezza.

E invece l’occasione è stata incredibilmente mancata. Il Capo di Stato italiano non ha fatto un riferimento che sia uno a ciò che da poco è avvenuto nel Parlamento israeliano.

“Ogni teoria di razza superiore, o di razza accompagnata da aggettivo diverso da umana, non deve più avere cittadinanza: ciò che è accaduto rappresenta un monito perenne e segna un limite di disumanità che mai più dovrà essere varcato”.

Così ha concluso il discorso Sergio Mattarella. Dichiarazioni che calzerebbero a pennello con quanto appena successo in Israele, ma che senza un chiaro riferimento cadono nell’oblio della retorica spiccia e meramente formale. Anzi, il riferimento alle comunità rom e sinti fatto esplicitamente dal Presidente, pur non essendo quelle comunità citate nel manifesto del 1938, sembra essere un avvertimento per l’attuale esecutivo. L’occasione è stata dunque colta ma nel modo sbagliato, o comunque con un riferimento molto meno rilevante.

Israele diventa patria storica del solo popolo ebraico

È un peccato non aver colto questa coincidenza storica, rara quanto un’eclissi solare. Peccato perché un’autorevole presa di posizione avrebbe perlomeno alleviato le sofferenze di chi, già da tempo, è costretto a vivere come “non cittadino” nella terra che un tempo gli apparteneva. Come ha riportato puntualmente l’Intellettuale Dissidente la legge approvata dal Parlamento israeliano, oltre a sancire la supremazia del popolo ebraico entro i confini di Israele, definisce l’ebraico come lingua ufficiale (declassando l’arabo a mero idioma di interesse). Si ribadisce l’unicità e l’indivisibilità di Gerusalemme, come capitale dello Stato di Israele (in barba alle risoluzioni Onu che dicono cose ben diverse). Si dichiara poi che le festività ebraiche abbiano valenza nazionale. Si promuove infine l’espansione delle colonie, come atto di interesse nazionale e Israele viene dichiarata patria storica del popolo ebraico.

I sionisti Chaim Weizmann e Lord Balfour

Questa legge ha dunque in sé principi ancora più estremi di quel manifesto oggi ricordato. Se nella pubblicazione del 1938 “ci si limitava” a sancire la supremazia razziale, la nuova legge della Knesset, oltre a questo, nega anche il ricordo del passato storico alle altre etnie. Se Israele è “patria storica del popolo ebraico” vuol dire che nella memoria storica di quel Paese non c’è più posto per altri popoli. Gli arabi che hanno vissuto come maggioranza in Palestina fino agli anni ‘20 del secolo scorso, sono stati cancellati con l’emanazione di questa legge.

“Gli inglesi ci hanno assicurato che in Palestina ci sono solo qualche migliaio di negri che non contano nulla”,

così si esprimeva Chaim Weizmann, futuro presidente di Israele, nel 1917. La linea tracciata allora è stata seguita alla perfezione fino ai nostri giorni.

di Gabriele Tebaldi

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