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L’economista secondo cui i governi dovrebbero semplicemente stampare più moneta

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Stephanie Kelton, consigliere in ambito economico di Bernie Sanders, argomenta che “Come faremo a pagare per questo?” non dovrebbe essere una questione centrale all’interno della politica americana.

 

Stephanie Kelton, esperta consulente economica di Bernie Sanders e professoressa di economia e politiche pubbliche alla Stony Brook University, è molto popolare in una maniera nella quale gli economisti, quasi per definizione, non lo sono affatto. I cineasti ed i registri la seguono e riprendono a favor di camera; lei partecipa a tour internazionali nei quali si parlano più lingue differenti; una volta, addirittura ha esaurito i posti a sedere in un palazzetto di basket in Italia [per una sua conferenza].

Kelton è la testa d’ariete evangelista

di un movimento economico – al giorno d’oggi, semplice frangia [nel dibattito] – chiamato Modern Monetary Theory [oppure Modern Money Theory, rispettivamente “Teoria Monetaria Moderna” e “Teoria della Moneta Moderna”, N.d.R.], il quale, in parte, sostiene che il governo avrebbe la necessità di pagare per dei programmi che contemplino e richiedano grandi spese, come ad esempio il Green New Deal, semplicemente stampando più moneta. Questa è, senza ombra di dubbio, un’idea polarizzante.

La scorsa primavera Kelton ha parlato al Festival “Future for Everything” del Wall Street Journal, in un magazzino convertito ad usi altri, a Tribeca, dove i più zelanti e seri networker hanno seguitato a prendere appunti senza sosta. Sul palco, un uomo dello staff del Journal ha introdotto Kelton come un’economista avente un’idea «che risolverà i problemi del mondo, oppure lo manderà in rovina». Lei ha fatto una smorfia, ma poi è salita sul palco.

Mi sono stufato per alcuni mesi arrabattandomi nell’amalgama di blog, video di Youtube e white papers che ad oggi costituiscono gran parte del mondo della MMT. Alcune complicazioni si nascondono dietro di me, ovverosia: una confusa sfumatura di letteratura riguardante la fluttuazione dei tassi di cambio e le valute di riserva con essa hanno stressato e spremuto il mio cervello.

Ma il principio basilare della MMT

è seducentemente semplice: i governi non devono stabilire un limite al proprio portafoglio come le famiglie, oppure preoccuparsi del debito, in quanto – a differenza delle famiglie stesse – essi possono semplicemente stampare la loro moneta. Dunque, la MMT asserisce che il vincolo alla spesa pubblica non dovrebbe essere il debito, bensì l’inflazione: quanto denaro nuovo di zecca si può pompare nell’economia prima che i prezzi salgano?

Tra le file di un determinato crogiolo di persone – per lo più utenti online, e per lo più a sinistra dello scacchiere politico -, la MMT ha acceso un qual certo fervore rivoluzionario. Sui blog e sui profili Twitter della MMT, gli aderenti [al pensiero che essa propugna] immaginano un mondo costruito sui principi e sui precetti della MMT, secondo i quali i governi provvedono a garantire posti di lavoro, assistenza sanitaria, college a dei prezzi accessibili, ed inoltre avviano progetti di infrastrutture “pulite” con lo scopo di rimpiazzare le nostre autostrade fatiscenti, i nostri aeroporti ed in nostri ponti.

Kelton, la quale rilascia almeno cinque interviste ogni settimana

oltre alle lezioni, agli incontri-concerto ed alle conferenza che tiene -, è più di chiunque altro l’architetto che ha progettato e costruito l’esercito digitale della MMT. Ha scritto con regolarità sulle colonne giornalistiche per Bloomberg; ha dato vita al blog più influente per il movimento; e sta lavorando ad un libro, The Deficit Myth, che uscirà il prossimo anno. «È discretamente auto-evidente che lei sia divenuta il volto più noto e visibile della MMT» ha commentato Randall Wray, uno degli economisti che per primo ha sviluppato questa teoria. «Lei ha perfezionato il modo con il quale presentare queste idee al pubblico».

Un’introduzione alla MMT

può provocare delle reazioni forti. Forse non fa per te, e trovi che sia ridicola o quantomeno un pochino spaventosa, o con ogni probabilità essa ti può far esplodere la testa – esattamente come la prima volta che tocchi la marmite [un contenitore in terracotta che serve per cuocere i cibi, N.d.R.] oppure che fai cadere l’acido. Kelton agisce come una guida spirituale. Quando ha cominciato il proprio discorso al Festival organizzato dal Wall Street Journal, io avevo trovato un posto nella seconda fila del teatro, e stavo dietro una donna che indossava un maglione bianco e che aveva una faccia impaziente ed espressiva. Mi ha detto di chiamarsi Ann, ed Ann non aveva mai sentito parlare della MMT.

Sul palco, Kelton ha espresso questo lamento: «C’è così tanta pressione sui candidati affinché essi paghino per qualunque cosa. Io non vedo nessuno – voglio dire, sarò semplicemente onesta -, io davvero non vedo alcun candidato alla presidenza degli Stati Uniti che porti avanti un’agenda ambiziosa e che dica “Noi non proveremo a pagare per niente di tutto questo“». Io ho visto il volto di Ann registrare vari stati di shock. Lei disse: «Cosa?». «È un boccone duro da digerire», ha asserito il moderatore, Charles Forelle, il direttore della sezione Finanza del Journal.

Kelton ha replicato: «Lo è, vero?». E poi ha continuato: «Ciò che abbiamo fatto a noi stessi è stato, con candore, di lasciare trilioni di dollari, letteralmente, sul tavolo, non traendo alcun vantaggio dallo spazio fiscale che abbiamo, conducendo innanzi le nostre economie ben al di sotto del loro potenziale, vivendo al di sotto dei nostri mezzi come nazione, anno dopo anno dopo anno». La sessione si è conclusa. «Ok», ha affermato Forelle. «Se qualcuno ha delle domande, alzi la mano». In seguito, ha scrutato il pubblico: «Oh! Abbiamo davvero molte domande».

Kelton spesso ascolta e sente ripetere le medesime preoccupazioni

in merito alla MMT, e la maggior parte di esse riguarda l’inflazione. Entro quanto tempo diventeremo come lo Zimbabwe, il quale ha stampato così tanti dollari del proprio Paese che l’inflazione, nel 2008, ha raggiunto il proprio picco ad un tasso annuale nella percentuale del novantesimo sestilione? Mai, secondo Kelton: nella weltanschauung della MMT, l’attenzione è rivolta verso l’inflazione sostenibile, laddove invece i tradizionalisti fiscali si preoccupano del deficit e non considerano affatto l’inflazione.

Allora, la MMT non richiede una previsione accurata del rischio di inflazione? Esattamente! E, come ha ammesso Kelton al Festival, i modelli matematici di calcolo non sono perfetti, «tuttavia, noi possiamo fare un lavoro ottimo». E, comunque, la spesa pubblica – ella sostiene – è responsabile soltanto di una piccola parte dell’inflazione.

Ann ha alzato la mano, ma non è stata chiamata ad intervenire. Quando la conferenza è finita, l’ho raggiunta. «Mi hai sentito esclamare soltanto “Holy Cow“?», ha detto. Le ho chiesto se avesse trovato Kelton convincente. «Voglio dire, un po’ sì!», ha risposto. «Io so che ciò che lei ha detto è del tutto brillante. Però, semplicemente non riesco a crederle. Deve essere in errore».

Kelton reputa che

per quanto la MMT si configuri come una nuova intelaiatura, essa si costruisca su vecchie idee, sepolte e dimenticate, scoperte nel lavoro di economisti di fondamentale importanza. La prima persona che ha iniziato ad assemblare i pezzi del puzzle è stato il dirigente di un fondo di investimento, il cui nome è Warren Mosler. Un esperto universale con un tocco iconoclasta, Mosler ha costruito le sue idee sulla creazione di moneta e sul deficit nei primi anni Novanta, cercando alleati ma non trovando nessuno [disposto ad esserlo].

Warren Mosler

Dandosi da fare con alcune connessioni, alla fine, nel 1993 egli ha centrato l’obiettivo di ottenere un incontro con Donald Rumsfeld, il quale all’epoca stava lavorando come dirigente nel settore privato. Rumsfeld disse che gli avrebbe potuto concedere un’ora al Racquet Club di Chicago, nel bagno turco. Ambedue gli uomini indossavano degli asciugamani. Quando essi emersero dalla afosa foschia, Mosler aveva vinto un alleato.

Rumsfeld accettò di predisporre il lavoro di Mosler

assieme ad una piccola cerchia di amici economisti. Colui che maggiormente ha apportato aiuto è stato Art Laffer, l’architetto dell’economia dal lato dell’offerta, il cui lavoro della vita, nel quale egli sostiene di ridurre le tasse sui ricchi, recentemente gli è valso la Medaglia Presidenziale al merito da parte di Donald Trump.

Laffer aveva diffuso la nozione, oggetto di contenzioso, secondo la quale ridurre le tasse potesse effettivamente aumentare il gettito fiscale. Mosler, al contrario, voleva dimostrare che le entrate fiscali erano irrilevanti per la spesa pubblica. Ma Laffer aiutò Mosler ad organizzare le sue idee e lo indirizzò verso un gruppo di economisti post-keynesiani che gestivano un turbolento Listserv – un Reddit per l’era del dial-up [Listserv è un software il quale permette di gestire automaticamente operazioni di mailing list, newsletter, forum e gruppi di discussione per il tramite della posta elettronica, N.d.R.]. Mosler si collegò ad esso, e trovò gli economisti che in seguito sarebbero diventati i pensatori fondatori della MMT.

Al giorno d’oggi, Mosler vive a St. Croix, un territorio degli Stati Uniti dove può evitare di pagare il 90% della sua imposta federale sul reddito. («Questo è un vero e proprio programma sponsorizzato a livello federale dagli Stati Uniti in persona», mi ha detto una volta. «Io sto facendo il mio dovere patriottico»). Mosler ha fatto una stima per cui egli dovrebbe aver contribuito con circa tre milioni di dollari al movimento della MMT nel corso di un paio di decenni, e «semmai, vado un attimo sulla difensiva sul fatto di non aver speso qualcosa di più».

Il suo denaro ha sovvenzionato messaggi accademici

conferenze e borse di studio che hanno aiutato e contribuito a trasformare istituzioni consolidate come il Levy Institute, il Bard College e l’Università del Missouri a Kansas City in fertili terreni per la semina e la prosperità del pensiero MMT.

Kelton ha incontrato per la prima volta la MMT a metà degli anni Novanta, quando, in qualità di studentessa appena laureatasi all’Università di Cambridge, si imbatté nell’agitazione online di Mosler. Perciò, Kelton fece domanda per una borsa di studio presso il Levy Institute, dove molti dei pensatori MMT della prima ora si erano radunati. In quel contesto, nel 1998, fu autrice di uno dei testi fondamentali della MMT, ovverosia un paper intitolato “Can Taxes and Bonds Finance Government Spending?”. Il paper giungeva alla conclusione per cui le tasse in realtà non pagano nulla, essendo che il governo federale prima spende, e solo in seguito tassa affinché una parte dei suoi soldi gli tornino indietro.

Kelton continuò il proprio percorso, sino a conseguire il Dottorato di Ricerca alla New School, venendo in seguito assunta dalla UMKC [Università del Missouri – Kansas City]. Nel 2013, è divenuta presidente del suo Dipartimento di Economia. Ben presto, è divenuta l’interlocutrice privilegiata di manager di hedge fund e di politici che avevano domande sulla MMT. Ha tenuto delle riunioni con dei membri del Congresso americano. Larry Summers, che recentemente si era dimesso dal ruolo di Direttore del Consiglio Economico Nazionale sotto Barack Obama, ha dato sollecitazione alla letteratura MMT.

Mentre si trovava alla UMKC

nel 2008, Kelton lanciò, senza successo, una sfida ad un uomo del Partito Repubblicano per un posto nella legislatura del Kansas. Ha fatto campagne elettorali incentrate sulle tematiche economiche ed ha espresso il suo «impegno per la disciplina fiscale». (Le teorie sulla spesa della MMT non si applicano al livello dello Stato, perché gli Stati non possono creare più valuta).

Ha offerto un tiepido supporto sulla tematica dell’aborto ed ha detto di credere che «il matrimonio sia un legame che si crea fra un uomo ed una donna» (Kelton, invece, oggi afferma di aver sostenuto il matrimonio gay sin dalle sue primigenie riflessioni sulla tematica). Mi ha detto che le è stato chiesto di candidarsi per il Senato degli Stati Uniti, dal Kansas, tuttavia lei non desidera essere costretta a trasferire i suoi due figli in età di scuola dell’obbligo.  Dal 2017, Kelton è divenuta professoressa alla Stony Brook, ed ha un incarico da “visiting professor” alla New School.

Molti dei colleghi di Kelton mi hanno detto che lei può essere giocosamente divertente, però, quando io e lei ci siamo incrociati, in una conferenza all’interno di una sala della New School con vista sulla Fifth Avenue, ha parlato con l’intensità, la concentrazione e la fede di un crociato.

Nell’opinione di Kelton

la MMT andrebbe a costituire la base di un nuovo approccio al fare politica, nel quale la nostra immaginazione politica (per l’appunto) avrà visto ampliarsi notevolmente i proprio orizzonti.

La domanda più importante, così ha affermato, non dovrebbe essere «Come pagherai per fare ciò?», bensì «In che modo lo renderai una risorsa?». Lei usufruisce della mobilitazione per la Seconda Guerra Mondiale come un esempio: il Paese si è concentrato sulla massimizzazione delle proprie risorse per produrre aerei bellici, armi da fuoco e cibo. Il deficit non era un problema.

Nell’economia che Kelton immagina, la spesa pubblica aumenterebbe e diminuirebbe in conformità con il ciclo economico. Qualche volta, nel momento in cui l’economia si surriscaldasse, allora il governo dovrebbe lavorare al fine di ottenere un surplus di bilancio. Questo è, in sostanza, il keynesismo di base: spendere durante le flessioni e le crisi, le quali si assottigliano quanto più l’economia raggiunge la piena occupazione.

Kelton ed altri aggiungono

peraltro, un programma federale di lavoro garantito, che ella chiama “stabilizzatore automatico”. Quando l’economia sta affossandosi, più persone entrano nel programma e la spesa aumenta. Quando l’economia migliora, le persone si muovono verso buone retribuzioni nel settore privato e la spesa si restringe.

Vincere, per me, significa dare la priorità ai risultati umani e sociali piuttosto che ai risultati di bilancio», mi ha asserito. «Vincere significa consegnare all’Ufficio di Bilancio del Congresso un atto legislativo e dire: “Questa legislazione è progettata per togliere dieci milioni di bambini dalla loro condizione di povertà. Ditemi, avrà successo? Ditemi, comporta il rischio di inflazione? Ho per caso i giusti offset?”. E poi votiamo

Le attuali condizioni economiche sembrano volgere in favore della MMT. In Giappone, dove i deficit sono alti ed i tassi di interesse sono inferiori allo zero percentuale, l’economia non ha incontrato alcuna calamità. Quando il Congresso ha approvato una riduzione delle tasse nel 2017, il CBO [Ufficio di Bilancio del Congresso, N.d.R.] predisse che ci sarebbe stato un balzo in avanti dei tassi di interesse a causa del deficit. Ma questo non è accaduto.

Tuttavia, la maggior parte degli economisti tradizionali e mainstream vede la MMT come il Culto del “Magic Money Tree” [“l’Albero Magico che produce Denaro”, N.d.R.], deridendo ciò che essi vedono come la preferenza dei suoi teorici per l’analogia piuttosto che per i modelli matematici o per l’evidenza empirica.

Quello che mi preoccupa maggiormente

è che proprio io non riesco a figurarmi che cosa sia», mi ha detto Paul Krugman, economista vincitore del Premio Nobel e colonnista del Times. Krugman è un progressista politico e concorda con molti dei programmi di spesa che coloro che supportano la MMT propongono. Tuttavia, «mi dannerò l’anima se riuscirò a comprendere ciò che essi pensano esattamente».

La semplicità retorica che frustra gli economisti professionisti è, per un laico, parte del fascino della MMT. Un’ossatura strutturale chiamata “bilanci settoriali” costituisce il fondamento di gran parte della teoria. A Kelton, nei suoi discorsi e nei suoi scritti, piace descriverlo in questa maniera: il governo ed il settore privato si trovano sui due lati di un bilancio. Se il governo va in deficit, il settore privato deve avere un surplus. «Il loro inchiostro rosso è il nostro inchiostro nero», ha detto Kelton.

Questo è un modello utile ma, nel mondo reale, la matematica non è così pulita. Quando il governo spende, la maggior parte del denaro finisce nelle mani della gente, ma ci sono delle dispersioni sulla strada – soprattutto, per quel che riguarda i mercati internazionali. (E, inoltre, la corruzione). Anche i tassi di interesse sono pesantemente influenzati dall’economia globale. Se il governo americano fa deficit, il settore privato ha un surplus. Ma a chi appartiene il settore privato.

Una frequente critica rivolta alla MMT

è che essa è fondamentalmente keynesismo con alcune sponsorizzazioni esercitate da degli influencer sui social media. Ciò elimina alcune importanti differenze fra le due scuole di pensiero, ivi compreso il modo in cui ciascheduna maneggia e tratta i tassi di interesse. Secondo la maggior parte dei principali economisti, quanto più grande è il deficit, tanto più il governo deve chiedere dei prestiti, e ciò significa che, passato un certo punto del ciclo economico, potrebbe essere necessario aumentare il tasso di interesse. Questo soffoca sia gli investimenti privati sia la crescita.

Kelton argomenta che la FED ha la possibilità, o meglio dovrebbe avere l’obbligo, di porre il tasso di interesse vicino allo zero, ed il problema sarebbe risolto. Trattandosi di domande economiche astratte – quali esse sono -, questo dibattito non andrà ad uccidere nessuna delle due parti. Ma la questione che riguarda i tassi di interesse è probabilmente la differenza chiave tra la MMT ed il keynesismo.

Dal punto di vista e secondo l’orizzonte di senso della MMT

con il tasso di interesse rasentante lo zero, il Congresso assumerebbe il doppio mandato della FED di controllare l’inflazione e ridurre la disoccupazione. Se si prevede un aumento dell’inflazione, allora ciò potrebbe presentare al Congresso delle decisioni difficili su spese e tasse, di cui però nessuno dei partiti politici vuole farsi carico. «È un consiglio utile per alcuni universi politici che non ho mai visitato», ha affermato Krugman.

Al momento, i tassi di interesse rimangono ostinatamente bassi. Krugman mi ha confessato che, in questo ambiente, lui in realtà è d’accordo sul fatto che il deficit non sia un grosso problema. Semplicemente, lui trova la MMT inscrutabile e le sue politiche irrealistiche. Il lavoro garantito – ha detto – offrirebbe un ottimo stabilizzatore economico, ma non passerebbe mai.

Le persone come me stavano discutendo, freneticamente, per una spesa pubblica maggiore che, in un modo o nell’altro, sostenesse l’economia nel momento in cui i tassi di interesse raggiungessero lo zero? La risposta è sì!», mi ha detto Krugman. «Io non so quanto ancora più veementemente noi potremmo ottenere. Ma non l’abbiamo compreso. Dire “Ah, ma questo non sarebbe un problema se noi avessimo il lavoro garantito dal governo federale” è vero, ma non è molto utile

Questi fondamentali criticismi

[in merito alla MMT] si estendono attraverso tutto lo spettro politico. Glenn Hubbard, il presidente del Gabinetto dei Consiglieri Economici sotto George W. Bush, mi ha detto che la MMT aveva sollevato alcune questioni interessanti, ma che al contempo «Non ha nient’affatto un quadro coerente». Come Krugman, egli pensava che aspettarsi che il Congresso adempisse al ruolo della FED dimostrasse «una sorprendente ingenuità».

Hubbard, che ha sempre e costantemente messo in guardia sui pericoli del debito, è stato anche un architetto delle riduzioni fiscali avvenute sotto George W. Bush, una cosa che, stando alle stime, aveva aggiunto ben 300 miliardi di dollari all’anno per il deficit. Ma Hubbard sosteneva che i guadagni del settore privato derivanti dai tagli sarebbero valsi il disavanzo aggiunto, ed ha affermato di non aver mai negato che il Paese avrebbe dovuto ripagare quel debito in due modi: tasse od inflazione.

Io penso che il Paese possa avere ancora più debiti di quanti già non ne abbia ora. Io la considero come una domanda interessante ed aperta, della quale possiamo parlare», ha sostenuto Hubbard. «Ma il pranzo gratuito è semplicemente stupido. Nessuna persona seria ci crede».

Per diversi anni

il più eminente sostenitore di Kelton è stato Bernie Sanders. Ma anche lui ha utilizzato la MMT più come una provocazione, che non come una prescrizione. Nel dicembre del 2014, allora membro dell’incombente classifica nel Comitato di Bilancio del Senato, era alla ricerca di un capo economista. Chiamò Kelton. Kelton stessa ha ricordato che Sanders le chiese che cosa avrebbe fatto se fosse stata in lui. «Gli dissi: “Cosa intende dire? Che cosa farei se io fossi lei, il senatore Sanders? O se io fossi in lei, magari correrei per le Presidenziali?”».

Entrambe le opzioni, lui le suggerì. «Il mio istinto mi diceva che questa cosa non si sarebbe limitata al prendere una posizione nel Comitato di Bilancio del Seanto», mi ha detto. «Ciò aveva il potenziale di essere parte di qualcosa di più eccitante e travolgente». Kelton ha lavorato per i Democratici durante i negoziati di bilancio del 2015 ed è diventata consigliere della campagna presidenziale di Sanders tenutasi quella primavera.

Sanders, tuttavia, non ha mai fatto un endorsement alla MMT

Quando gli è stato chiesto, a febbraio, come aveva scelto di pianificare le proprie politiche, Sanders aveva risposto: «Ho intenzione di domandare che le grandi e ricche corporations inizino a pagare la loro giusta quota di tasse? Accidenti, certo che lo farò! ».
Kelton e Mosler credono che tassare i ricchi non serva a nulla per finanziare dei grandiosi programmi come il Green New Deal: le tasse non finanziano la spesa, dopo tutto, e le tasse sulla ricchezza non controllano l’inflazione.

«Se si decidesse di dare vita ad un ambizioso Green New Deal, dovrebbero essere spesi dai due ai tre bilioni di dollari all’anno per dieci anni, e se si provasse a pagarlo con un’imposta sul patrimonio, si otterrebbero delle forti pressioni inflazionistiche», mi ha detto Kelton. «In tal modo, si sarebbe rimosso tutto il reddito a delle persone che così non avranno intenzione di spenderlo».

Per rimuovere il denaro dalla base monetaria, e così controbilanciare l’inflazione, bisogna tassare le persone che spendono la maggior parte del loro reddito, i poveri e le classi medie. (Per la MMT è vero anche il contrario: se si vuole stimolare la crescita, i tagli alle tasse dovrebbero cadere proprio sui poveri e sulla classe media).

Mosler mi ha detto di aver incontrato il personale dello staff di Sanders

e molti di loro hanno espresso familiarità con la MMT. «Lo staff ha letto il mio libro. Sono davvero bravi con queste cose. Ma Bernie non ci va qui. In un certo qual modo, loro alzano gli occhi e dicono “Guarda, noi ci proviamo”». Mosler ha il suo rimedio per la disuguaglianza, «ma esso è così contro-intuitivo da cogliere per le persone», ha ribadito. Parte di essa «consiste nell’eliminare interamente l’imposta federale sul reddito, tanto delle società quanto delle persone. E rimpiazzarlo dunque con una tassa sulla proprietà».

Quando ho menzionato l’idea a Kelton, lei ha detto che la proposta di Mosler avrebbe senso, in teoria, se il sistema fiscale del Paese potesse essere riprogettato da zero, ma questo non è al momento realistico. «Se provi a dire “Eliminate l’imposta sul reddito delle società”, la testa di Bernie esploderebbe».

Warren Gunnels, direttore dello staff di Sanders, mi ha detto che Sanders stesso ha assunto Kelton perché concordano sulle politiche che formano la piattaforma di Sanders. «È una delle principali teste fra gli economisti che sta cercando e sforzandosi di creare un’economia per tutti. Noi abbiamo bisogno di più economisti come lei. Tuttavia, la MMT non ci è mai realmente passata per la testa, se devo essere onesto. Noi non abbiamo mai guardato alla MMT come alla teoria che dovremmo adottare».

A seguito della mia telefonata con Gunnels

Kelton mi ha mandato una e-mail per dirmi che dipingere Sanders come contrario alla MMT «sarebbe stato un errore». E poi ha proseguito: «Il Senatore Sanders sa necessita di poter spendere senza quel vincolo artificiale. Il candidato presidenziale Sanders, come ogni altro candidato alla presidenza statunitense, sta cercando di non essere chiamato letteralmente da chiunque per aver proposto cose per cui “non può pagare”. Devi essere a conoscenza di come si agisce in tale gioco».

Kelton, tra la schiera di aderenti alla MMT, è per lo più la sola ad avere questa visione di Sanders. James Galbraith, un professore dell’Università del Texas ad Austin e sostenitore della MMT, è stato un consulente economico della campagna elettorale di Sanders nel 2016, ma egli mi ha detto che si considerava più che altro in fan, in luogo di un consulente. «Il fatto è che Bernie Sanders non necessita di molti consigli da persone come me.

Lui sa esattamente cosa deve fare. E queste vedute [che lui porta con sé] sono, a livello fiscale, più tradizionali rispetto alla prospettiva MMT».
Kelton è forse più pragmatica della maggior parte degli accademici. Randall Wray, l’economista che ha aiutato lo sviluppo della MMT, ha tracciato le mosse di Kelton medesima: una borsa di studio per un blog su Twitter a Washington.

Queste sono tutte cose che le normali persone che frequentano l’accademia non vogliono fare affatto. E poi essere coinvolti più direttamente con Bernie. Anche se non ha mai affermato una propria posizione favorevole nei confronti della MMT, ciò non importa realmente. Ciò le ha permesso di avere accesso ai grandi media. Lui avrà le sue giuste proposte politiche». Anche se Sanders approvasse la MMT, ha detto, «ciò sarebbe comunque irrilevante

Per il momento, la maggior parte dei pensatori MMT

sono convintamente progressisti. Tuttavia, la linea politica della MMT è difficile da categorizzare. «Essa può condurti tanto a sinistra quanto a destra», mi ha detto Kelton. «potresti usarla per dire che dovremmo avere delle riduzioni fiscali per ridurre la disoccupazione». Mosler, che era solito identificarsi come “Democratico del Tea Party“, mi ha detto che ha parlato ai gruppi del Tea Party della MMT, e che per questo è stato accolto calorosamente.

Kelton scambia spesso idee ed opinioni con John Carney, editorialista di economia presso Breitbart, il quale si considera come un “compagno di viaggio” del movimento MMT. «Io penso che, a livello funzionale, Donald Trump abbia un sacco di MMT in lui», mi ha detto Carney. «Lui non pensa che dobbiamo tagliare la Sicurezza Sociale. Lui non pensa che il deficit, allo stato attuale delle cose, sia un problema per il governo degli Stati Uniti. Lui pensa che, se puoi prendere in prestito a buon mercato, allora dovresti, e che i tassi di interesse dovrebbero essere bassi. Queste sono tutte posizioni con le quali la gente della MMT concorderebbe».

L’idea di un lavoro garantito – ha aggiunto – «è molto vicina all’essenza di MAGA [Make America Great Again]. Noi non vogliamo il welfare, non vogliamo dei sussidi, ma vogliamo dei buoni lavori per il popolo americano». Carney ha previsto un maggiore supporto per la MMT proveniente da destra, una volta che i politici avranno realizzato che è possibile giustificare dei profondi tagli fiscali.

Questo spostamento

se dovesse avvenire, al momento sembra lontano. All’inizio di quest’anno, Alexandria Ocasio-Cortez  ha espresso pubblicamente un interesse per la MMT. In seguito, cinque senatori repubblicani, guidati da David Perdue della Georgia, hanno presentato una risoluzione che ha cercato di offrire una condanna ufficiale della MMT. La risoluzione ha dimostrato il crescente peso della MMT, ma ha anche sottolineato il fatto che la battaglia condotta innanzi da Kelton è sulla legittimità della MMT, non sulla sua politica. Gli alleati sono preziosi.

«Forse il semplice fatto che lei stava inviando una e-mail ad un editore di Breitbart è un segno evidente di come lei voglia un ampio evangelismo per la MMT, e perché essa non sia soltanto un tesoro della sinistra», ha commentato Carney. Ma ha anche notato che ci sono svariate decisioni politiche da prendere.

«Il modo in cui io pongo la questione è il seguente: può il governo costruire un’ampia gamma di armi da fuoco? È questo un lasciapassare per il lavoro garantito? Può il lavoro garantito essere utilizzato per costruire un muro al confine?». Ho chiesto a Kelton se si preoccupa per queste lotte, al di là dell’orizzonte [visibile delle cose]. Mi ha risposto: «Alla fine, quello che spero davvero è che si possa avere un dibattito migliore. Lasciamo che entrambe le parti presentino le loro idee migliori».

È questo il sogno ultimo e supremo della MMT

una volta che ci saremo liberati delle false catene finanziare [che ci attanagliano la mente e le mani], potremo discutere, in termini onesti, le più importanti questioni politiche. Nel momento in cui i soldi non dovessero più essere un problema, noi saremmo disposti a ripulire l’atmosfera dall’inquinamento? Pagare per le riparazioni? Estendere i ghiacci?

Forse vogliamo soltanto essere lasciati da soli, con il nostro denaro fiscale in tasca e con alcuni controlli di Sicurezza Sociale quando invecchiamo. Gli architetti della MMT descrivono la loro prospettiva come comprendente non soltanto un’economia migliore, ma anche e soprattutto una politica migliore e più sana – un obiettivo che, sic stantibus rebus, è quasi certamente destinato al fallimento ed alla condanna, ma che comunque è ammirevole. I deficit contano, e non soltanto quelli finanziari.

Nota a cura del traduttore = Questo lungo articolo rappresenta, tra gli altri, un iconico emblema della discussione economica negli Stati Uniti, di quanto difficile ed impervia possa essere la strada per mettere in discussione certi assiomi e paradigmi consolidati, e di quanto il dibattito sia trasversale e trasversalmente interpretato.

Al di là della considerazione dell’autore sulla Modern Money Theory

il suo pezzo ha sottolineato diversi aspetti importanti della prospettiva socio-economica che accompagna questa teoria post-keynesiana: il debito, quanto meno nell’attuale panorama, è il metodo con il quale viene emessa la valuta. O, per utilizzare termini più popolari, il metodo con cui si stampa moneta.
Al di là del fatto che la MMT non metta (quantomeno a chiare lettere) in discussione l’origine bancaria, e per ciò stesso debitoria, della moneta – quand’invece diversi altri movimenti lo fanno, e giustamente, ma questo è un altro discorso di notevole caratura -, essa sottolinea una realtà fattuale estremamente importante del mondo attuale.

In presenza di sovranità monetaria, non esistono vincoli di natura finanziaria che possano impedire ad un governo di attuare le misure politiche per cui esso è stato democraticamente scelto dai propri cittadini, deputato a rappresentarli.
Coloro che, ad esempio per gli Stati Uniti, paventano un possibile fallimento per incapacità di ripagare i debiti (come il Bipartisan Policy Center), mancano di analizzare un fatto essenziale, eppure trascurato: la FED potrà sempre essere garante per le spese del governo, in quanto prestatrice illimitata di ultima istanza e sottostante alle scelte politiche del Presidente e del suo gruppo di lavoro.

Il principio fulcrale della MMT

è quindi il seguente: essendo che uno Stato emettente la propria valuta non può andare in default (salvo che non si indebiti in valuta estera, come l’Argentina), ogni deficit è possibile, e l’unica scelta politica da compiere è quella di verso quali settori della società bisogna direzionare e destinare tali risorse finanziarie.

Infatti, il debito pubblico altro non è che la somma dei deficit annuali del settore pubblico, ai quali corrisponde il surplus del settore privato: ovverosia, è la somma degli investimenti che uno Stato fa e della moneta che lascia nelle tasche dei suoi cittadini. Si chiamano saldi settoriali, ed il loro funzionamento è semplice (escludendo il settore estero che, nell’equilibrio fra import ed export all’interno della bilancia dei pagamenti, è comunque incluso in essi):

  • se uno Stato stampa 100 e tassa 80, allora 20 rimarranno ai cittadini, in forma di ponti, strade, scuole, welfare, e quindi denaro sonante, trattandosi di un circolo virtuoso e di uno stimolo alla domanda interna con effetto moltiplicativo, e questo è il deficit;
  • se uno Stato stampa 100 e tassa 100, non lascia nulla ai cittadini, e fa pareggio di bilancio (molto caro ai tedeschi);
  • se uno Stato stampa 100 e tassa 120, quei 20 in più dovrà prenderli proprio dalle tasche dei cittadini, attraverso le tasse, ed in questa spirale deflattiva soltanto i più ricchi sopravvivranno, mentre i poveri e la classe media avranno un destino molto meno idilliaco.

 

La MMT, da questo punto di vista,

viene accusata – con illecito riduzionismo – di voler creare inflazione, non dando alcun peso ed importanza alle ricadute di quest’ultima. Tuttavia, è qui che sta l’errore dei detrattori: stampare moneta non significa non darsi limiti né contegno nel farlo, bensì immettere nel circuito la giusta quantità di strumento di scambio di beni e servizi affinché tutti i cittadini, nessuno escluso, ne abbiano a disposizione per sé.

Stampare moneta non è la soluzione, ma è la precondizione indispensabile affinché si possa pensare ad una soluzione politica efficace per questi problemi.
Per di più, l’inflazione è non è un demone incarnato, ma un fenomeno economico di natura governabile, che usualmente indica quale sia il livello di un’economia, se troppo calda o troppo fredda. Nel primo caso, allora è necessaria una maggiore tassazione, affinché la moneta in eccesso venga sottratta dal suddetto circuito ed il suo valore rientri nello standard, impedendo che i prezzi non vengano più calmierati a livello di mercato.

Nel secondo caso, invece, sono necessarie politiche anti-cicliche che immettano denaro attraverso investimenti pubblici, con una politica fiscale e di tassazione che vada di pari passo: lo Stato ne sarebbe protagonista, sopperendo a tutte le deficienze del settore privato e dando lavoro ai disoccupati (e, con esso, soldi da spendere e benessere da apprezzare).

In conclusione

è fondamentale – anche a livello culturale – prendere coscienza di ciò: un governo, data la natura fiat (creata dal nulla e priva di valore intrinseco) della moneta moderna, non avrà mai problemi di natura finanziaria, perché sarà sempre capace sia di ripagare i propri creditori sia di emettere valuta in quantità sufficiente a dare vita a tutti i suoi progetti sociali.

La disoccupazione, al posto dell’inflazione, dovrebbe essere vista come il nemico pubblico numero uno

(Mathew Forstater, UMKC). Non farlo è soltanto una (sciente od inconsapevole) scelta politica.

Articolo originale di Zach Helfand sul New Yorker – Traduzione e commento a cura di Lorenzo Franzoni

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Di Lorenzo Franzoni

Nato nel 1994 a Castiglione delle Stiviere, mantovano di origine e trentino di adozione, si è laureato dapprima in Filosofia e poi in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Trento. Nella sua tesi ha trattato dei rapporti italo-libici e delle azioni internazionali di Gheddafi durante il primo decennio al potere del Rais di Sirte, visti e narrati dai quotidiani italiani. La passione per il giornalismo si è fortificata in questo contesto: ha un'inclinazione per le tematiche di politica interna ed estera, per le questioni culturali in generale e per la macroeconomia. Oltre che con Elzeviro.eu, collabora con il progetto editoriale Oltre la Linea dal 2018 e con InsideOver - progetto de il Giornale - dal 2019.

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