Comunque, nel deserto politico generale, le parole di Conte sul MES sono per una volta chiare, forti e motivate. Metaforicamente si tratterebbe di vendere la primogenitura per il proverbiale piatto di lenticchie.
Si risparmiano quelli che rispetto al fabbisogno attuale sono due spicci (200 milioni), e si pagherebbe questo risparmio con la possibile subordinazione a controlli intensivi e intrusivi negli anni successivi, perché il trattato in vigore non è stato abolito, ed esso è legalmente sovraordinato ad ogni ‘lettera di intesa’, come quelle intercorse.
Per tacere il fatto che un ricorso a quella che è concepita come una leva emergenziale per carenze di liquidità correrebbe il fondato rischio di farci perdere credibilità, facendo aumentare i tassi di interesse e facendoci perdere rapidamente tutto quanto apparentemente risparmiato.
Di fronte ad una presa di posizione così netta è uno spettacolo interessante, e per certi versi sconcertante, vedere la scomposta agitazione degli inquinatori mentali di professione in parlamento e sui giornali, che hanno la faccia di scandalizzarsi alle parole di Conte, dopo che per mesi hanno fatto pressioni indecenti e inaudite con argomenti farlocchi e risibili.
La vera domanda, che tutti dovremmo porci, è per quale motivo, non pubblicamente esposto, questi soggetti continuino a pressare affinché l’Italia, in solitaria fuga in avanti europea, chieda il ricorso al prestito del MES.
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