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Ecco come l’austerity ha portato Hitler al potere

Dopo la vittoria alle elezioni, Hitler riceve l'incarico di Cancelliere

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Austerity e nazismo sono due concetti all’apparenza slegati. Sembrano, all’occhio profano, due realtà appartenenti a periodi storici diversi, lontani e sicuramente senza alcuna correlazione.

In realtà esisterebbe un legame, anche piuttosto evidente, tra le politiche economiche classificabili sotto il nome dell’austerity e l’ascesa di Adolf Hitler e del nazionalsocialismo nella Germania degli anni ’30.

Non è stata l’iperinflazione del marco a favorire Hitler

Bambini tedeschi giocano con il marco svalutato

Quella che sembrerebbe all’apparenza una stravagante teoria fantapolitica è in realtà ormai ampiamente sdoganata a livello accademico e avrebbe addirittura acquisito ormai i caratteri di un “dato di fatto”. In sostanza se ne sono ormai accorti tutti. Proviamo ad andare nel dettaglio. Era il lontano 2012 quando il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman, tra i primi, azzardò l’ipotesi che l’ascesa del partito nazionalsocialista tra gli anni ‘20 e ‘30 in Germania non fosse dovuta all’iperinflazione del 1922-1923, bensì alle politiche di austerity attuate subito dopo la crisi del ‘29. Krugman, in pratica, ha ribaltato un dogma che era ormai entrato a far parte della narrativa collettiva.

Fin dai banchi di scuola si è infatti abituati a leggere le immagini dei tedeschi accompagnati da carriole piene di marchi svalutati come simbolo della crisi economica tedesca. Un’iperinflazione da incubo che avrebbe favorito il risentimento popolare e la conseguente adesione di massa alle idee di Hitler. Come detto prima però, Krugman ha ribaltato questo dogma, evidenziando come il partito nazionalsocialista aumentò i consensi in maniera esponenziale solo dopo il 1929. A seguito del crollo della borsa americana, la Germania di Weimar decise infatti di difendere l’economia attuando politiche economiche che oggi chiameremo dell’austerity.

Taglio della spesa pubblica, compressione dei salari e stabilizzazione dei prezzi. Obiettivi ricercati con la più solerte abnegazione, anche al netto di costi sociali considerevoli. Una clima, questo sì, che avrebbe aperto così la strada ad Adolf Hitler. Krugman tuttavia non è solo nella sua affascinante tesi.

Ormai tutti riconoscono le colpe dell’austerity

Heinrich Bruning, il Cancelliere della fame

Questa correlazione è stata infatti recentemente evidenziata da un gruppo di ricerca capeggiato da Gregori Galofré-Vilà, dell’Università Bocconi, che ha portato alla pubblicazione dell’analisi Austerity and the rise of the Nazi Party. Ecco che tale studio evidenziava in maniera quasi inequivocabile l’ascesa del partito di Hitler proprio dopo il ‘29. La croce uncinata segnava infatti il 18% dei consensi nel 1930, passando poi al 33% solamente due anni dopo. Due indizi che fanno una prova. Eppure a queste già autorevoli voci se ne sono aggiunte altre due. A riprendere questa teoria ci hanno infatti pensato sia l’Economist che il The Guardian. Entrambi, nei rispettivi editoriali, convintissimi della correlazione tra austerity e ascesa del nazismo. In particolare la giornalista del giornale inglese sembra quasi voler lanciare un monito all’attuale classe dirigente europea.

 

“Un fantasma più grande deve essere un altro dei predecessori della signora Merkel, Heinrich Brüning (soprannominato il “Cancelliere della fame”), un tecnocrate che ha rifiutato di ascoltare le grida della strada fino a quando non è stato troppo tardi. L’economia della terra bruciata di Brüning, l’uso dei poteri di emergenza e l’ostilità nei confronti dei sindacati hanno contribuito alla colossale tragedia che ha travolto il suo paese e il mondo nel 1933. Dovrebbe essere un avvertimento per tutti coloro che credono che i rimedi centristi siano la risposta in tempi polarizzati, che si affiderebbero a un blocco delle strutture piuttosto che a un movimento popolare contro il fascismo, o che non riescono a vedere dove si trova la vera minaccia. Le politiche tossiche dell’estrema destra prendono piede una volta che le ferite create dall’austerità sono state messe in discussione”.

A Bruxelles sono gli unici a non aver capito la storia

La penna britannica è abbastanza chiara ed eloquente nell’esprimere i suoi timori che, ora, dopo aver sentito tutte queste autorevoli voci, diventano più che fondati. L’ottusa politica austera del “cancelliere della fame” fece aumentare la disoccupazione tedesca, portandola dal già grave 13% fino al 22,7% in un solo anno. Nello stesso periodo la spesa pubblica venne ridotta del 15% e il Pil calò vertiginosamente.

Oggi sembra di vivere un dejavu, dove un’inetta classe tecnocratica europea vuole ottusamente perseguire politiche economiche austere, comprimendo così i salari e indebolendo la spesa pubblica a deficit. Alcune delle voci più autorevoli del settore economico ci stanno dicendo che tutto questo avrà delle conseguenze gravi. A Bruxelles sono gli unici a non essersene ancora accorti.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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Un commento

  1. Nel 1930/31 in Germania alcuni givoani socialdemocratici peroravano una politica economica attiva con un programma di opere pubbliche. Ma anche i vertici del loro parito avevano il ricordo della grande inflazione di qualche anno prima. Anche in altri stati europei giovani socialisti peroravano una politica economica attiva; qualcuno per la delusione poi passò a destra o estrema destra.