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La censura liberal allarga il raggio d’azione: dai social a Gervasoni

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Dopo aver oscurato centinaia di profili accostabili ad un precisa area politica, la repressione intellettuale dei moderati dà un altro giro di vite. Prima votando una risoluzione per mettere al bando il simbolo comunista sul suolo europeo e dopo estendendo la caccia alle streghe anche in territorio accademico.

Sono giorni molto cupi quelli appena vissuti. Cupi, ma forse solo un amaro antipasto del ciclone che si sta per abbattere sugli ultimi feudi del contraddittorio antiliberale.  Abbiamo assistito prima a profili oscurati dall’oggi al domani perché considerati potenzialmente “apologetici”, alla messa al bando della falce e martello da parte del Parlamento Europeo poi e, dulcis in fundo, ad una dirigenza accademica che allontana un rinomato docente in virtù delle sue posizioni sul tema migratorio (sebbene si trattasse di esternazioni avvenute al di fuori del contesto lavorativo).

A posteriori fa sorridere ripensare a quanto i moderati, per anni, ci abbiano ammorbato perfino alle cene di Natale, predicando tolleranza attraverso la perpetua recitazione in loop della filastrocca “prima di tutto vennero a prendere…“. A tal punto, evidentemente, da subire fascinazione verso chi “prende” ed entrare nella parte del censore senza rendersene nemmeno conto.

I nuovi obiettivi

La scure liberticida dei moderati – e quindi, quella dal volto umano – dopo aver colpito un’intera area politica indifendibile per chiunque elemosini accettazione in quegli ambienti, ha allargato il proprio raggio di azione: attaccando pagine ben al di fuori dai ranghi neofascisti ed estendendo le proprie purghe anche oltre il confine virtuale.

Eppure, nonostante gli accorati appelli dispensati per anni sulla non sacrificabilià di valori quali pluralismo, confronto, dialogo e tolleranza, la reazione quasi unanime del mondo liberal di fronte a questo fenomeno è stata assimilabile ad un applauso scrosciante. Persino da parte dei commentatori provenienti dall’universo giuridico e forense.

L’approccio scolastico e vuoto dei giuristi

Il vicebrigadiere Cerciello Rega

Come si era già potuto riscontrare in occasione dell’omicidio di Cerciello Rega e della foto del complice americano imbavagliato, i giuristi delle nuove generazioni stanno contraendo sempre più spesso la sindrome dei nostri economisti; come questi ultimi si sono trasformati in meri matematici infatti, anche i primi sembrano aver abbandonato ogni sorta di approccio sociologico.

Un fatto abbastanza allarmante, se si considera come all’incapacità di andare oltre la mera lettura di una norma o di elaborare valutazioni più profonde sui fenomeni emersi dalla cronaca e dall’attualità, corrisponda una inevitabile inidoneità a completare il nostro sistema giuridico, plasmarlo secondo le esigenze della società e colmarne i vuoti normativi. Oppure, ritornando al triste caso del vicebrigadiere, una inidoneità a decifrare quei meccanismi incancreniti che impediscono alla giustizia di seguire il suo regolare corso (come la perpetua immunità di cui godono i criminali americani sul nostro suolo).

Il contenuto della l. Scelba e la profezia di Togliatti

Palmiro Togliatti, storico segretario generale del PCI

Poi a ben vedere, anche volendo seguire gli alfieri paranoici dell’antifascismo, le argomentazioni “giuridichesi” addotte non sono così pertinenti rispetto ai casi menzionati. Per ciò che concerne diritti meritevoli di tutela, libertà costituzionali, le relative deroghe e il loro rapporto con simpatie o dottrine totalitarie, la situazione è abbastanza chiara. La legge Scelba, così come sostenuto anche da una celebre sentenza della Corte Costituzionale del ‘57, punisce la ricostituzione del PNF e non la semplice esaltazione del suo operato o una dichiarazione di ammirazione storica: insomma, un movimento eversivo intenzionato a sovvertire l’ordine democratico ed instaurare un sistema totalitario che si ispiri ai valori del fascismo.

Chiunque – seppur con delle evidenti simpatie per il ventennio – si inserisca nel gioco democratico, carta alla mano, non dovrebbe incontrare certi limiti; come dimostra d’altronde, la ripetuta partecipazione del MSI prima e di CasaPound poi, alle elezioni politiche. Tenendo presente inoltre, le preoccupazioni avanzate da Togliatti in merito alla XII D.T. (di cui la Scelba è legge attuativa), durante i lavori dell’assemblea costituente: perfino l’ex segretario del PCI infatti,  asseriva che non si dovesse elaborare una misura eccessivamente repressiva, altrimenti sarebbe stato troppo facile manipolarla, definire “fascista” qualsiasi movimento antiliberale e metterlo al bando. Considerazione tremendamente profetica, se si pensa a quanto sta succedendo a livello europeo alla sua falce e al suo martello.

Il dibattito sulla natura giuridica di Facebook

Ciò detto, possiamo anche derubricare la censura social, come hanno fatto molti, alla mera decisione di una piattaforma privata; un soggetto che, in quanto tale, opera secondo i principi e le regole del suo statuto. Ma così facendo torneremmo a monte. Una multinazionale che di fatto controlla e monopolizza la comunicazione di massa (anche dei leader più influenti) e il dibattito politico deve rispondere a regole trasparenti, equiparabili a quelle di un servizio pubblico.

Se un giurista si limita a sostenere che “facebook è privato e quindi fa ciò che vuole”, anziché sollevare il problema di un evidente vuoto normativo o rivendicare l’esigenza di regolamentare i social in virtù dell’influenza raggiunta, purtroppo ha capito poco o nulla della ragione sociale che sta alla base della sua categoria.

Il nuovo capitolo: l’allontanamento di Gervasoni dalla Luiss

Il professor Gervasoni durante una puntata di Coffee Break

Riguardo all’epurazione del povero Gervasoni invece, il discorso assume tutt’altri connotati. In quel caso, siamo di fronte all’ennesima manifestazione dell’egemonia culturale che governa il palinsesto accademico-culturale italiano. Fatto forse ancor più grave, trattandosi di un ambiente storicamente nato per dar voce a pluralismo e scambio di idee, nonché di un allontanamento dovuto ad opinioni personali espresse in sedi extradidattiche. Opinioni che peraltro, nella fattispecie, non riguardano nemmeno la noiosissima litania fascismo/antifascismo, bensì la principale criticità socio-economica contemporanea (l’emergenza migratoria).

Tirando le somme, qui non ci sono né contrasti tra interessi meritevoli di tutela, né presenza di libertà costituzionali legittimamente limitate; tutt’al più, si vede solo la presenza di sacerdoti della tolleranza che nascondendosi dietro al sempiterno stratagemma dello “spettro nazista” e alla summenzionata filastrocca, hanno dimostrato la loro patologica insofferenza verso il dissenso.

 

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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