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“Kanye West è matto”, la diagnosi fatta dalla giornalista anti Trump

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Avevamo lasciato la Rai con il recente cambio al vertice e l’arrivo di Marcello Foa come nuovo Presidente. Sembrava, da come avevamo letto sulla stampa nazionale e internazionale, che tale cambio radicale fosse il preludio di una nuova televisione asservita al Governo giallo verde e, perché no, anche al Cremlino. Pensavamo quindi di accendere il nostro televisore, sintonizzarci su un qualsiasi telegiornale Rai, e assistere h 24 a grandiose parate militari sulla Piazza Rossa. E invece no.

I giornali che avevano cantato in maniera melodrammatica la morte della libertà di stampa possono asciugarsi le lacrime con i fazzoletti, perché la Rai continua a essere lo stesso megafono di prima.

I giornalisti Rai, tra partecipazioni al Bilderberg e endorsement politici

Il paradosso è che quello che è stato paventato con l’arrivo di Foa, ovvero una riduzione drastica di pluralismo di idee, è in realtà già ben presente e radicato da tempo in seno alla Rai. Semplicemente, fino ad oggi, il termine “pluralismo” è stato confuso con la diffusione martellante di un’unica visione del mondo, ritenuta, a torto, più legittima di altre. Che la Rai sia stata finora, con particolare veemenza negli ultimi anni, megafono di una precisa parte politica è confermato dalle idee di alcuni suoi esponenti di punta.

A tal proposito come non citare le assidue frequentazioni al Gruppo Bilderberg dell’ex Presidente Rai Monica Maggioni. In quel caso, a eccezione del Movimento 5 Stelle, nessuno pose dubbi sulla professionalità della persona, nonostante l’evidente conflitto di interessi tra l’essere a capo dell’informazione pubblica pur partecipando a riunioni private, senza mai rivelarne i contenuti, anche se di interesse nazionale. Allo stesso modo non è poi difficile scovare giornalisti, ospiti fissi di telegiornali Rai, che, abbandonato qualsiasi freno inibitorio, espongono apertamente le proprie idee politiche.

L’attivismo politico di Giovanna Botteri

È emblematico in tal senso l’esempio incarnato da Giovanna Botteri, corrispondente fissa dagli Stati Uniti per Rai News 24. Come dimenticare il suo accorato canto funebre, condito da ammissione di colpe, fatto dopo la vittoria di Trump alle presidenziali:

“Non si è mai visto, come in queste elezioni, una stampa così compatta e unita contro un candidato. Evidentemente la stampa non ha più forza e non ha più peso in questa società americana”.

Di quella “stampa compatta” si sentiva parte, ovviamente, la Botteri.

Un forma di outing professionale tale da far riscrivere sul dizionario deontologico dei giornalisti la definizione di “imparzialità”. Nonostante la batosta elettorale abbia temporaneamente spento i sogni di Giovanna Botteri, la stessa si sta lentamente risvegliando in vista delle elezioni di mid-term, con la speranza di riuscire a rimettere l’opinione della stampa davanti a quella degli elettori. Così la rediviva Botteri, in un servizio andato in onda su Rai News 24 nella giornata di ieri, ha tirato fuori l’artiglieria pesante.

Il complotto dell’uragano e il rapper nero che diventa “matto”, le nuove chicche della Botteri

In un solo collegamento è riuscita a capovolgere l’interpretazione di due eventi che, almeno sulla carta, non dovrebbero nemmeno essere interpretati. Da una parte i soldi stanziati dalla Casa Bianca per le vittime e le ricostruzioni post Uragano Florence sono diventati, secondo la giornalista, un escamotage per “fini politici” in vista delle elezioni. Una dichiarazione che per complottismo fa a gara con le teorie sul finto sbarco sulla Luna. Dall’altra vi è stata l’analisi dell’incontro, con abbraccio finale, avvenuto in Casa Bianca tra il famosissimo cantante rap di colore Kanye West e Donald Trump.

 

L’incontro alla Sala Ovale

 

L’esistenza di quest’anomalia, un artista e per di più di colore che supporta il Presidente Trump, ha mandato in cortocircuito tutta la narrativa della Botteri, che proprio non è riuscita a mandare giù il boccone amaro. Ecco però l’illuminazione che l’ha porta in salvo. Come si può delegittimare il sostegno, che pare autentico, di un artista così apprezzato? Semplice, basta metterne in discussione la sua sanità mentale. A quel punto la Botteri ha calato il suo asso nella manica e si è dilungata in una diagnosi psichiatrica del cantante, prima descritto come “con dei problemi”, poi come “bipolare” e infine con un generico “è un matto furioso”. Gioco, partita, incontro.

Analfabeti funzionali o pazzi, così sono descritti i sostenitori di Trump

Immaginiamo, a parti inverse, un giornalista che dà “del matto” a un cantante di colore sostenitore del Partito Democratico. Apriti cielo, sentiremo sopraggiungere tutte le macumbe del politically correct, dal più classico “razzista” ad un più elaborato “fascio-leghista”. Insomma nel magico mondo di Giovanna Botteri si tollera l’opinione di attori con tendenze all’alcolismo e al machismo, vedi Robert De Niro, a condizione che il loro endorsment sia rivolto alla famiglia Clinton. Qualora però qualcuno si azzardasse a simpatizzare per Trump, anche se “nero”, anche se artista di talento e apprezzato, non ci sarebbero scuse. La Botteri è pronta a redigere una puntigliosa diagnosi medica certificando la sua instabilità mentale.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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