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Juncker vuole bocciare la manovra, ma è lui a non essere più credibile

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La manovra finanziaria varata dal Governo italiano giunge nella sua versione definitiva al tavolo di Jean Claude Juncker e la sua reazione pare non essere buona.

 Il Presidente della Commissione europea non sta attraversando un periodo tranquillo, complice la situazione politica burrascosa che sta cambiando volto all’Europa e complici, soprattutto, le imminenti elezioni europee del prossimo maggio 2019.

Secondo Juncker, la manovra italiana è un “derapage” dalle regole

Quelle consultazioni rappresenteranno per la vita di Juncker un vero e proprio spartiacque. Non solo la fine del suo mandato alla presidenza, ma anche la concreta possibilità che una nuova maggioranza si affacci sul Parlamento europeo, rivoluzionando così l’attuale assetto istituzionale dell’Unione europea. Con queste preoccupazioni nella testa Juncker si appresta ora a valutare il Draft Budgetary Plan 2019 inviatogli dal Governo Conte.

“Se accettassimo il derapage, alcuni Paesi ci coprirebbero di ingiurie e invettive con l’accusa di essere troppo flessibili con l’Italia”,

Juncker ha voluto così dare un’anticipazione al giudizio sulla manovra italiana. Con l’espressione “derapage” il Presidente della Commissione voleva evidentemente intendere una presunta deviazione dalle regole riconosciute. Sembrerebbe dunque esserci fermezza da parte europea, condita con un certo senso della giustizia per garantire un equo trattamento per tutti.

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Ma è davvero così? In effetti concetti come “equo trattamento” e “rispetto delle regole per tutti” stonano un po’ con quella che è la storia fattuale delle regole che l’Unione europea si è data a partire da Maastricht. Ciò che stona è soprattutto la rigidità con cui viene criticata una manovra che, stando ai numeri, rientra perfettamente all’interno dei parametri e delle regole. Il rapporto deficit/Pil al 2.4% non infrange nessuna regola europea.

Tutte le infrazioni fatte dagli altri Paesi europei

Vediamo dunque se lo stesso atteggiamento intransigente rivolto oggi all’Italia è stato usato in passato con altri Paesi dell’Unione in situazioni analoghe.

Francia: la nuova manovra finanziaria di Macron prevede un deficit per il 2018 al 2.6% del Pil e al 2.8 % del Pil per il 2019. Nessun commento da Juncker in merito. Tuttavia non è la prima volta che la Francia si comporta in maniera così “rilassata” rispetto ai conti pubblici. Era infatti dal 2007 che Parigi non rispettava il parametro del deficit al 3% sul Pil. Dieci anni di mancati compiti a casa. E l’Europa? Ha sì avviato una procedura di infrazione, lunga nove anni, ma nel silenzio mediatico più totale. E quindi l’Eliseo ha potuto tranquillamente sforare il deficit ed effettuare manovre espansive senza l’incubo dello spread e del default.

In Spagna

“Nello periodo 2007-2017, la sommatoria dei disavanzi della pubblica amministrazione ha raggiunto i 71 punti di Pil, una massa di risorse veramente imponente e più che doppia di quella italiana”, riportava Repubblica. E l’Europa? Nel 2016 veniva annunciato l’avvio della procedura d’infrazione, ma i toni da parte europea erano incredibilmente docili.

“Bisogna tenere conto degli sforzi fatti. Il patto di crescita e stabilità va applicato con intelligenza. E’ probabile che le multe vengano azzerate”

diceva il vice Presidente della Commissione Dombrovskis, lo stesso che negli ultimi giorni ha più volte sparato a zero contro l’Italia agitando mercati e spread.

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Portogallo: Dal 2009 al 2016 il Portogallo ha sforato ben 7 volte il parametro del 3%, potendo così beneficiare di manovre economiche espansive che ne hanno permesso la crescita attuale tanto decantata. Anche in quel caso la procedura di infrazione avviata dall’Europa venne avviata a riflettori spenti.

Irlanda: Nel non rispetto del parametro, Dublino è stata sicuramente la migliore della classe. Con una media di deficit/Pil dell’8.7%, l’Irlanda è oggi presentata come prova tangibile che le politiche fiscali europee funzionino. Funzionano quando non vengono rispettate, per l’appunto. L’Irlanda è come quell’alunno che non studia mai, ma copiando tutto riesce ad avere il massimo dei voti.

Tutti i Paesi europei hanno un debito pubblico elevato

Non finisce qui. Gli economisti europeisti, ormai pochi in realtà, darebbero ragione al duro atteggiamento di Juncker verso l’Italia perché il Belpaese avrebbe “un livello di debito elevatissimo” rispetto ad altri Paesi. Siamo sicuri?

Il rapporto debito/Pil in Italia è di poco superiore al 130%, dopo aver subito un’impennata a partire dal Governo Monti (prima oscillava sul 100%). In Francia tale rapporto è di poco superiore al 100%, stessa cifra la si riscontra in Spagna, mentre per il Portogallo si attesta sugli stessi livelli di quello italiano, al 126% del Pil. Anche nell’Irlanda, cara agli economisti europeisti, il rapporto debito/Pil sfonda il muro del 100%. Occorre sottolineare come tra questi Paesi nessuno stia rispettando il parametro europeo che stabilisce la soglia massima del rapporto debito/Pil al 60%.

Di conseguenza siamo tutti fuori dalle regole.

Storia alla mano, risulta alquanto infelice il termine “derapage” usato da Jean Claude Juncker per descrivere la pur ambiziosa, ma legalissima, manovra italiana. Un’eventuale bocciatura rappresenterebbe la dimostrazione di un trattamento “due pesi, due misure” riservato all’Italia. In qual caso risulterebbe sempre più impellente la domanda circa l’utilità di stare dentro a un’organizzazione che ci tratta al pari di uno scemo del villaggio.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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