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Siria, Israele e l’elasticità del requisito probatorio

Un cecchino israeliano in azione

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In Siria bastano soffiate antigovernative per scatenare una guerra mondiale, mentre la mattanza dei palestinesi diventa un reality show nell’indifferenza generale.

Atto primo

Dapprima, succede che tutto l’universo politico moderato, destra o sinistra non fa alcuna differenza, riscopre la sua attitudine guerrafondaia. Un’attitudine che, in realtà, è più che altro quella atavica vocazione ad assecondare ogni capriccio internazionale proveniente da Washington e dintorni.

Già, perché la pannocchia di Donald Trump, normalmente, è l’involucro che riveste una mente ignobile, razzista, bifolca, misogina e con una scarsa sensibilità verso i diritti civili e le minoranze, ma quando ricalca la linea delle precedenti amministrazioni che hanno saccheggiato, umiliato e destabilizzato stati sovrani in giro per il mondo, come per incanto, acquista la saggezza del più autorevole tra i sensei.

Succede perché, nonostante Hollywood pulluli di aspiranti sceneggiatori incompresi e desiderosi di mostrare al mondo il loro talento creativo, ancora una volta spunta fuori un Rais che massacra il proprio popolo con il dispiego di un presunto arsenale chimico. Ed ancora una volta, l’universo liberal-interventista, mentre si assesta sul piede di guerra e benedice le schiere purificatrici a stelle e strisce, utilizza l’argomento delle prove irrefutabili a supporto della propria tesi. Prove che tutti hanno, ma che nessuno produce.

Atto secondo

Dopodiché, mentre Saviano, Boldrini, Volo, Littizzetto e cialtroneria cantante si immortalano in un atto di autoasfissia, gli interlocutori meno sprovveduti o semplicemente più onesti, chiedono udienza per fare delle obiezioni. Sostenendo, tanto per cominciare, come le presunte prove di quello che sarebbe un ignobile attentato alla popolazione civile non abbiano nessun connotato scientifico, bensì si limitino ad essere l’ennesima divulgazione di fonti esclusivamente antigovernative (quindi faziose e poco attendibili). Perché non attendere il sopralluogo degli ispettori ONU? Ai quali, peraltro, Bashar al-Assad avrebbe dato la disponibilità di verificare il sito dell’attacco incriminato.

Perché non utilizzare la dovuta prudenza, anziché fidarsi acriticamente delle versioni di un’agenzia composta da un singolo individuo residente in Inghilterra da 17 anni (l’Osservatorio siriano per i diritti umani) o di una Ong turca, fondata da un ex membro del MI6 e foraggiata con fondi americani (i White Helmets)? Specialmente se in ballo c’è una miccia che, qualora venisse accesa, potrebbe innescare un conflitto tra le due più grandi superpotenze militari al mondo.

I suddetti interlocutori, incuriositi da alcuni cortocircuiti logici, vorrebbero anche domandare cosa possa spingere persone che affettano i cabbasisi (con quotidiana costanza) sul valore della memoria, ad invocare l’ennesima campagna militare nel mondo islamico dopo i recenti disastri umanitari conseguiti in Afghanistan, Iraq e Libia.

Disastri con annesse scuse ed ammissioni di colpa, da parte di aguzzini che non vedranno mai una corte internazionale punire i propri crimini di guerra. Sì, avrebbero una gran voglia di affrontare questo argomento, tuttavia preferiscono passare oltre e terminare la loro udienza con una piccola provocazione: ma se, ancorché in assenza di prove, le prevaricazioni dei soggetti militari sui civili vi traumatizzano così tanto, come mai la recente carneficina operata dall’esercito israeliano nella striscia di Gaza non ha generato lo stesso impatto emotivo?

Come mai ogni volta che si materializza uno sproporzionato ed ingiustificato bagno di sangue palestinese, i paladini del dirittumanismo tacciono, senza chiedere sanzioni internazionali per Netanyahu e soci? Ovviamente, senza allargarsi verso una totale parità di trattamento ed invocare invasioni militari.

Atto terzo

I moderati dal bombardamento facile, come in ogni occasione in cui si parla dello stato ebraico, cambiano espressione ed assumono un atteggiamento spiccatamente garantista. Dimenticandosi, o ignorando del tutto, la laicità costituzionalmente garantita dalla tanto vituperata Siria e dimenticandosi delle contrazioni dei diritti civili fondate sulla religione di appartenenza (come le peggiori teocrazie sunnite), la risposta lapidaria è sempre la stessa: Israele è l’unica vera democrazia del Medio Oriente.

Per poi aggiungere eventualmente “non si possono paragonare due situazioni così diverse, i palestinesi assumono un atteggiamento costantemente intimidatorio e la forza coercitiva diventa l’unica risposta utile al popolo israeliano per preservare sé stesso e garantire la propria esistenza. Non ci sono prove che dimostrino attacchi arbitrari e discriminatori perpetrati dalle forze di polizia nei confronti dei civili.” E se non ti becchi due o tre accuse di antisemitismo al chilo, puoi anche ritenerti fortunato.

In buona sostanza, le proteste rudimentali di un popolo poverissimo, isolato dal mondo e vessato da 80 anni di occupazione da parte di una superpotenza nucleare (che si può permettere di versare 38 miliardi di dollari agli USA, in cambio di assistenza militare per i prossimi 10 anni), sarebbero più pericolose di un fronte ribelle supportato dalle petromonarchie del Golfo e nelle cui schiere sono infiltrati Isis ed Ahrar al-Sham (l’ex Al-Nusra). Senza considerare il bizzarro doppiopesismo nei requisiti probatori.

Epilogo

Infine, capita che dalla rete emerga un documento agghiacciante. Un video nel quale un cecchino israeliano, appostato nei pressi del confine con la striscia di Gaza, offre una grande dimostrazione balistica al suo commilitone/regista, impallinando un civile palestinese inerme. “Ce l’hai, sei su di lui?” “Aspetta, non posso sparare per via del filo spinato… ce l’ho!” “Che video, figlio di puttana”Che azione. L’hai filmato?”Certo che ho filmato!” “Che video, è una leggenda!”. Nessuna minaccia, nessun vento di sedizione, solo puro sadismo e crudeltà fine a sé stessa.

Un gesto immortalato in maniera inequivocabile, di fronte al quale però, non si è mobilitato nessun intellettuale dirittumanista, non è partita nessuna campagna di sensibilizzazione tramite autoasfissia e nessuna figura istituzionale si è sognata di chiedere spiegazioni agli alfieri della democrazia mediorientale per un fatto così riprovevole.

Tutto questo, perché l’indignazione per gli abusi dei militari sulle popolazioni civili funziona esattamente come l’applicazione del diritto internazionale: a geografia variabile. Sono fenomeni flessibili, subordinati alla bizzosa interpretazione occidentale ed a seconda della latitudine in cui si fluttua, i requisiti probatori possono essere più o meno rigidi. Da un lato del confine, alcuni indizi faziosi possono essere sufficienti per scatenare la terza guerra mondiale, mentre dall’altro lato nulla è mai abbastanza per avere giustizia.

Filippo Klement

 

 

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