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La truffa del tampone: la Germania beffa l’Europa

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Dalle ultime rilevazioni la Germania risulta come il Paese con meno contagi da Corona-virus in tutta Europa. Sembra quasi impossibile vista l’impennata di casi e l’uso massiccio di tamponi, eppure la risposta è semplice.

Sembra ovvio quando si parla di strumenti scientifici aspettarsi assoluta certezza e incontrovertibilità. Questo non vale però per il famoso test che scova i positivi da Covid-19: il tampone. La Germania infatti, molto banalmente, ha capito come usarlo.

Volendo imbastire un ripasso sintetico, il tampone viene utilizzato per prelevare un filamento di RNA (macromolecola che converte le informazioni genetiche del DNA in proteine) dalla faringe del paziente. L’RNA virale viene subito trascritto in un singolo filamento di DNA, così da poter passare alla fase successiva, la così detta PCR.

 

La Polymerase Chain Reaction (PCR) è una reazione a catena della polimerasi, una tecnica molecolare che consiste nell’amplificazione del DNA. Ed ecco che arriva il colpo genio: quante volte lo amplifichiamo questo DNA? Perché è esattamente da questo che dipende quanti positivi troveremo, anzi, quanti ne volgiamo trovare.

Il metodo è semplice: più cicli uguale più contagi

Con 40 cicli di amplificazione si trovano 20 mila positivi. Con 45 cicli di amplificazione, i positivi sono 30 mila, il DNA è quindi amplificato 35 miliardi di volte, una cifra con ben 12 zeri. La Germania usa 25 cicli di amplificazione: i positivi sono solo 7 mila. Non c’è trucco e non c’è inganno, questa è scienza. Se si vuole sottolineare il fatto che molti Paesi fanno a gara a chi fa più cicli, magari possiamo chiamarla furbizia.

È ora sicuramente chiaro che più il DNA viene amplificato dalla PCR, più è probabile trovare virus, non solo quello del Covid-19, ma qualsiasi virus. Che sia raffreddore o un influenza il tampone risulterà positivo. Anzi, con più di 30 cicli è facile rilevare residui di virus morti ormai da tempo.

Le parole di Kary Mullis, inventore della PCR

Kary Mullis (1944-2019) insignito del Premio Nobel nel 1993 proprio per questa scoperta, era ben consapevole dell’importanza di un lavoro di tale portata, grazie alla PCR è infatti possibile:

  • Diagnosticare malattie genetiche
  • Scoprire malattie infettive
  • Identificare geni di agenti patogeni difficili da coltivare in vitro
  • Studiare il DNA fossile e comprendere i processi evolutivi

Era anche conscio però, dell’inutilità di tale tecnica se la si ripete troppe volte (ovvero moltiplicando più del necessario i cicli di amplificazione):

Con il PCR chiunque può essere testato positivo a praticamente tutto, se lo fate abbastanza a lungo. Per questo bisogna fare molta attenzione ad usare il PCR come test diagnostico”

 

 

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Arianna

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