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Iraq e Libano: lo zampino visibile dietro le rivolte

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Le incessanti manifestazioni di piazza per il carovita, che  avvengono simultaneamente in Libano e in Iraq,  per il grande giornalista Elijah Magner (che vive in Libano) non sono spontanee.

di Maurizio Blondet

Sono  “primavere  colorate”  fatte per colpire “l’Asse della Resistenza” (Iran-Hezbollah)  e destabilizzare i due paesi.

“Usa e Arabia Saudita hanno perso in Siria, ma adesso continuano la loro battaglia su altri teatri”.

Ci sono  ragioni legittime per le  proteste. In Iraq, la maggioranza della popolazione ha meno di 20 anni ed ha bisogno di posti di lavoro, che lo stato devastato e corrotto non sa certo dare.

In Libano

il malcontento è stato decisamente aumentato dalle sanzioni che gli Usa  hanno imposto alle banche libanesi che  loro accusano di sostenere Hezbollah – il solito gioco US-raeliano e saudita per schiacciare l’Iran e i suoi alleati  – ed ulteriormente aggravato dalla chiusura di tutte le banche, per volontà di una banca centrale agli ordini di Ryad, e che sta durando da due settimane: con la gente a corto di contanti, e la prospettiva sicura che alla riapertura si produca un assalto agli sportelli di tutti per ritirare i loro conti in dollari, perché la società libanese è “dollarizzata”.

Però lo zampino degli stranieri si vede. Nelle assemblee dei manifestanti domina tale Robert Gallagher – che accende gli animi proponendo ai rivoltosi di creare  “Un governo parallelo” – il quale è un ex impiegato dell’ambasciata Usa, oggi direttore di un think tank chiamato “Eudemian Institute”.  Il quale un’organizzazione fondata dallo stesso Gallagher, David Konstan (j) e Spencer Pack (j), che sono  professori con sede a New York. Pack, un economista, è un ebreo americano pro-“Israele” che ha scritto numerose pubblicazioni a favore delle politiche fiscali neoliberiste, del capitalismo  –  insomma un tipico neocon.

Un altro indizio è la comparsa, nelle manifestazioni, del simbolo del pugno chiuso

“Sapete cosa significa, il pugno chiuso?”, dice Elija. Per chi sa, è una firma: la ricomparsa di “Otpor”,  il gruppo “spontaneo” che organizzò con perfezione geometrica le manifestazioni di strada a Belgrado e in Serbia per far cadere Milosevic –  e poi, visto il successo, è diventato una specie di compagnia di giro  che potete noleggiare se avete bisogno di  suscitare una “primavera  colorata”.

Allora  – era il 2000 – i giovani di Belgrado erano istruiti da corsi intensivi sui metodi di “lotta non-violenta” da un colonnello americano in pensione, Robert Helvy, che abitava all’Hilton di Belgrado. E che anni dopo, in una intervista, raccontò come  fosse stato mandato lì, stipendiato, dall’International Republican Institute di Washington, una emanazione del partito repubblicano USA e ovviamente, della CIA. In seguito, gli esperti di  Otpor  sono andati a prestare i loro servizi in posti come Georgia, Ucraina e Bielorussia.

Tutto spiegato in questo articolo: “Bisogno di rivoluzione? Chiamate OTPOR”.

 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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