Esteri

Il gigantesco scandalo della Famiglia Biden

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Hunter Biden, il figlio del candidato democratico Joe Biden, era obbligato a versare al padre metà dei suoi introiti (fino a 50 mila dollari al mese che “guadagnava” alla Burisma, la petrolifera del noto oligarca ucraino, e ora sta emergendo, milioni da una compagnia cinese).

di Maurizio Blondet

Questo strano rapporto risulta dalle email che Hunter Biden mandava alla figlia Naomi. In un testo, Hunter Biden dice a sua figlia Naomi che non può continuare a vivere come la figlia di un miliardario perché suo padre è al verde.

In un altro, promette alla figlia “di non pretendere mai la metà del suo stipendio come fa suo nonno”. Le email incriminanti le ha pubblicate il New York Post. Un gigantesco scoop. Ma perché Hunter Biden appare sempre al verde nonostante i milioni “guadagnati”? Ma soprattutto: perché avrebbe acconsentito a trasferire metà delle sue entrate a suo padre? E sembra di non potersi esimere? Joe Biden stava ricattando suo figlio?

Monta uno scandalo enorme, che ovviamente silura il candidato Biden padre e il Deep State che lo sta aiutando a impadronirsi della Casa Bianca. Non a caso, l’FBI sta indagando sulle e-mail, ma non sulla loro veridicità, bensì sul fatto che sono state fornite da Putin per favorire il suo burattino Donald Trump. “Vengono dal Cremlino”, ha balbettato alla CNN Adam Schiff, il capo della Commissione Intelligence al Senato già noto per essere uno dei massimi fabbricatori del Russiagate, giurando anche di avere le prove della collusione Putin-Trump. Prove che non ha mai fornito.

Come le mail estremamente compromettenti

siano arrivate ai trumpiani (Rudy Giuliani le ha mostrate in tv) è di per sé un canovaccio da film di Hollywood. Eccolo:

Il 12 aprile 2019, Hunter Biden consegna tre suoi laptop danneggiati a un negozio  di riparazione a Wilmington, nel Delaware (Hunter abita lì), il 12 aprile 2019. Che sia stato lui non c’è dubbio: c’è la sua firma nella biglietto di ricevuta di servizio dei laptop che il negoziante, John Paul Mac Issac, ha in suo possesso. Nel riparare i computer (di uno dei tre ha recuperato il disco rigido), il tecnico “ha visto immagini inquietanti e una serie di e-mail che riguardavano Ucraina, Burisma, Cina e altre questioni”. Ma il peggio è che finito il lavoro, e nonostante le sue ripetute richieste, Hunter non ha mai pagato né mai è venuto a ritirare i computer. Per ben quattro mesi (maggio, giugno, luglio e agosto), Mac Issac ha cercato di contattare Hunter Biden senza mai riuscirci.

Ad un certo punto, il tecnico (un ipovedente) ha temuto per la sua stessa sicurezza, se teneva per sé quel materiale compromettente. Così, consultatosi con suo padre, consegna il disco rigido “radiattivo” ad un ufficio dell’FBI di Albuquerque, New Mexico (!) ad un agente che rifiuta di dire il suo nome . Non solo. Dice all’agente di altro materiale scottante che c’era nei laptop, e li offre ma l’agente si rifiuta di prenderli.

Mac Issac s’aspettava che l’FBI

iniziasse un’indagine su quel materiale ultra-scottante; niente accade. A parte il fatto che, a dicembre, due agenti FBI gli si presentano in negozio con un mandato di sequestro del disco rigido – quello stesso che Mac Issac aveva offerto all’FBI mesi prima, e che l’FBI aveva rifiutato. Per di più, uno dei due agenti che firmano il mandato di sequestro è, o sarebbe, noto per le sue indagini nella pornografia infantile (occhio, NewsGuard! È Qanon! Pizzagate!).

BREAKING: Its now being REPORTED THAT FBI AGENTS TOLD the Delaware store owner who discovered Biden’ hard drive that.. “Nothing will happen to you if you KEEP YOUR MOUTH SHUT about Biden”—

Difatti nel disco rigido sembra ci sia molto più che “una serie di email che riguardavano Ucraina, Burisma, Cina” (le gigantesche mazzette che Hunter prendeva da stranieri per esercitare la sua influenza: di per sé reati federali), ma “immagini inquietanti e altre questioni”. Fra cui”25.000 immagini con selfie e porno sessualmente espliciti”e  “un video di sesso e droga di 11 minuti che deve ancora essere visto”. 

Fatto sta che nei mesi successivi

alla visita con mandato di sequestro dei due federali, il riparatore, constato che nulla l’FBI fa delle prove contenute nel disco, prende la decisione di consegnare la sua copia (ha avuto la previdenza di farla) all’avversario politico di quel Biden che l’FBI stava coprendo: Rudy Giuliani, l’ex sindaco di New York, che diffonde le prime mail.

Ha pieno diritto di farlo, perché i computer di Hunter sono diventati di proprietà della sua azienda, per legge, 90 giorni dopo essere stato abbandonati e non pagato il lavoro. E’ inspiegabile il motivo per cui il figlio di Biden (del resto è un fumatore di crack e frequentatore di prostitute) non ha mai risposto e non ha mai chiesto il computer. Soltanto martedì 13 ottobre 2020. Una persona che dichiarava di essere l’avvocato di Hunter Biden ha chiamato al telefono John Paul Mac Issac e ha chiesto la restituzione del computer. Troppo tardi.

Per fortuna di Biden e del partito democratico che ha voluto imporlo come candidato presidente (non avevano nessun altro) FBI e media stanno attivamente insabbiando l’enorme scandalo.

Ricapitoliamo:

Le e-mail di Hunter Biden denunciano uno scandalo multimilionario di mazzette – fra l’altro con la Cina, roba da alto tradimento – che coinvolge Joe e Hunter Biden. Le e-mail provenivano con certezza assoluta dal computer di Hunter Biden. Almeno una persona nelle catene email esposte ha già confermato il contenuto delle email.

E che fa il Direttore dell’FBI Chris Wray? Ha nascosto queste informazioni al Congresso e al ramo esecutivo durante la bufala dell’impeachment di Trump accusato di essere una pedina di Putin. L’informazione avrebbe assolto il presidente Trump. Invece, l’FBI sta ora indagando sulla ipotesi che quelle mail siano state fabbricate da Mosca…

Twitter blocca l’ account del New York Post, perché portava le notizie sulla email di Hunter. E si rifiuta di sbloccarlo a meno che il Post non elimini sei tweet sui suoi articoli sul figlio del candidato democratico.

Impagabile la spiegazione

con cui NBC News ha spiegato perché ha censurato la notizia-bomba:

L’autenticità delle e-mail non è stata verificata in modo indipendente e i giornalisti hanno segnalato errori e lacune importanti nella storia di The Post dopo la sua pubblicazione.

Lo riconoscete? E’ il frasario di NewsGuard.

Ci saranno prossime puntate.

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Redazione Elzeviro.eu

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