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Erdogan sta dando fuoco al gas del Mediterraneo

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“Una  esercitazione militare congiunta israelo-cipriota ha avuto luogo la settimana scorsa a Cipro, con la partecipazione della forza aerea e unità di commandos. Il capo dello stato maggiore israeliano generale Aviv Kochavi ha visitato il capo della guardia nazionale”: così il comunicato dell’ambasciatore israeliano a Cipro, Sammy Revel.

di Maurizio Blondet

Evidentemente, la piccola debole Cipro e la Grecia hanno trovato un difensore di peso di fronte alle provocazioni di Erdogan contro i giacimenti subacquei di gas – divisi in varie zone di sfruttamento “legale” fra Cipro, Israele (il gas  sarebbe di Gaza) Libano, e Libia.  Giacimenti immensi che stanno creando l’area di crisi più pericolosa del Mediterraneo orientale. Ankara ha spesso dichiarato di non riconoscere gli accordi stilati fra Egitto, Israele e Libano, ed ha minacciato i mezzi navali di prospezione che stanno operando nelle zone, su mandato dell’Egitto l’ENI, con le sue navi da guerra. Chiaramente vuole partecipare al bottino, in nome della minoranza turco-cipriota separatista, che è la sola a riconoscere.

Ora, l’accordo di Erdogan con Al Sarraj, il capo del governo di unione nazionale (riconosciuto internazionalmente, anche se non controlla che l’8% del territorio libico) che ha delimitato la ZEE (zona di sfruttamento esclusivo), il 27 novembre, ha creato la protesta di Atene e di Egitto (sembra che la zona libico-turca passi sulle loro), e anche del maresciallo Haftar che ha fatto appello addirittura al Consiglio di Sicurezza Onu perché intervenga contro le violazioni di Al Sarraj ed Erdogan.

Al Sarraj insieme a Erdogan

Richiesta paradossale

da un personaggio che non è apparentemente riconosciuto internazionalmente (anche se dietro Haftar c’è la Russia e, mezzo di nascosto, la Francia), senza dimenticare che Haftar ha vissuto metà della sua vita in Usa presso il quartier generale della Cia.

Ma il punto è che la ZEE che Erdogan s’è inventato con Al Sarraj  penetra nelle acque greche e cipriote, in violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) che favorisce le zone cipriote e greche; convenzione che la Turchia è stata l’unica a non firmare. Quando manda le sue navi a minacciare le zone  degli sfruttamenti greci e ciprioti, Erdogan dice di farlo in base al diritto internazionale: di cui ha un’idea personale, essendo la Convenzione UCLOS appunto il diritto internazionale.

Con lo stesso diritto Erdogan

ha occupato la striscia della Siria settentrionale (con il placet  americano). Sono sottigliezze del diritto ottomano a cui dovremo abituarci.

Perché infatti, il mese scorso nell’area del Mediterraneo orientale la Turchia ha condotto esercitazioni aeronavali  congiunte –tenetevi forte– con il Pakistan, durante le quali il Pakistan ha violato più volte lo spazio aereo e marittimo greco e cipriota e ha molestato le navi mercantili cipriote. Anche Islamabad vuole la sua zona di sfruttamento di gas e petrolio nell’ex Mare Nostrum? Per il momento non ha avanzato questa pretesa, si limita ad appoggiare con le maniere forti le pretese dell’amico turco.

Erdogan semplicemente mostra di avere

anche alleati ”grossi”, non solo  il piccolo Al Serraj; come terzo alleato, a favore della Turchia s’è schierato il Qatar, terzo produttore mondiale di gas dopo Russia e Iran, notoriamente provvisto di miliardi (anche se dalle ultime il Qatar sta facendo marcia indietro).  Va anche contato il fatto che per Sarraj stanno i Fratelli Musulmani ,  la setta   armata onnipresente  in ogni paese islamico.

Una delle ragioni per cui dalla parte  avversa, quella del Cairo e di Haftar, si è schierata Ryad, insieme ad Abu Dhabi.  Quindi oggettivamente alleati a Grecia e Cipro, ed ora da quel che si vede, a Israele. Grecia e Cipro hanno l’appoggio della UE sulla questione.

Ed ecco che il generale Haftar ha detto apertamente che vuole relazioni strette con Israele, rompendo un tabù fra i musulmani:  cosa che gli ha aperto lo spiraglio nelle porte della legittimità internazionale che continua a sfuggirgli.

Il Maresciallo Haftar

Del resto di recente la diplomazia USA

ha chiesto ad Haftar di mettere fine alle operazioni militari contro il nemico Al Serraj, con la motivazione che agevolava la penetrazione russa in Libia. Haftar ha rifiutato, spiegando che gli americani si sbagliano di grosso, mettendo in chiaro che la Libia (da loro destabilizzata) è l’arena in cui si regolano i conti le potenze regionali, Egitto e Ryad e Emirati contro la Turchia, il Qatar e Fratelli musulmani. Ed  ha  ovviamente ragione. Come ultimo tocco,  Saif Gheddaf, il secondo figlio del defunto colonnello, ha annunciato di essersi schierato – con le sue alleanze tribali– con Haftar.

Insomma Al Sarraj sembra sempre meno sostenuto, e forse ha scelto con Erdogan l’alleato sbagliato. E forse è Erdogan che ha scelto gli alleati sbagliati. Per una volta, sia gli americani sia i russi hanno condannato le aggressioni e le provocazioni turche nel Mediterraneo orientale, come “inutili” e provocatorie. La diplomazia americana si è schierata con Atene.

Manca qualcosa al pantano

attorno ai giacimenti marini oggetto di tutte le brame? Ovviamente il Libano, le cui zone sono valutate a 11 miliardi di metri cubi di gas, che ha firmato contratti con Total, ENI e Novatek (Russia) di provvedere alla prospezione delle sue zone. Di cui una è in acque contestate da Tel Aviv.

Orbene Sayed H. Nasrallah ,il  capo di Hezbollah, ha dichiarato il 16 febbraio scorso: “Siamo in grado di danneggiare le piatteforme di estrazione israeliane, se lo decide l’Alto Consiglio di Difesa del Libano”.  In seguito a ciò, Israele ha annunciato di aver messo a punto  un suo sistema  concepito per centrare ogni missile hezbollah sulle piattaforme, che ha chiamato “Fionda  di Davide”.

Secondo Marco Florian, della camera di commercio italiana a Tessalonica, Ankara sta ricalcando un piano segreto, scoperto dai servizi greci  nel ’96, elaborato dall’Accademia Militare turca, chiamato EGAYDAAK, acronimo di “Egemenligi Anlasmalarla Yunanistan’a Devredilmemis Ada Adacιkve Kayalιklar”  che significherebbe “Isole, isolette e scogli, la cui sovranità non è stata trasferita alla Grecia”, insomma rivendicazioni su isole elleniche mai lasciate nell’anima ottomana.

A lui dobbiamo l’ultima informazione: la fregata italiana Martinengo è attraccata al porto di Larnaka (Cipro), nel quadro del progetto di mostrare un po’ di muscoli a favore di Grecia e Cipro, dopo che il nostro ministro degli Esteri Di Maio ha incontrato il pari grado turco Cavusoglu al quale ha sottolineato “l’importanza  di un dialogo franco e costruttivo”.

 

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