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Il nuovo disastro ambientale in Siberia mentre il mondo tace

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Da tempo la Siberia è vittima di disastri ambientali: dopo il circolo incessante di incendi che hanno colpito le sue foreste lo scorso anno, adesso è collassata una cisterna di carburante, costringendo Putin a dichiarare lo stato d’emergenza.

La tragedia si è consumata pochi giorni fa: un incidente in una centrale elettrica ha provocato una fuoriuscita di ben 20mila tonnellate di gasolio da una cisterna, il quale si è riversato direttamente nel fiume Ambarnaya, colorandolo di rosso per ben dodici chilometri della sua lunghezza. In tutto, il gasolio avrebbe contaminato un’area di circa 350 chilometri quadrati. L’incidente sembrerebbe essere stato causato dal cedimento dei pilastri che sostenevano il serbatoio.

La responsibilità dell’accaduto è stata affibbiata dallo stesso Putin, all’azienda proprietaria della centrale, NTEK, una sussidiaria della Norilsk Nickel, una delle più importanti società al mondo di estrazione e fusione di nichel e palladio. La radice della disgrazia infatti sembrerebbe essere insita in quello che, in gergo tecnico, viene chiamato permafrost (permagelo in italiano); si tratta di un tipo di terreno perennemente ghiacciato, caratteristico delle zone del Nord Europa, della America Settentrionale e, appunto, della Siberia. Il problema di questo particolare suolo è che, il suo strato più superficiale, risulta essere particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici e dunque potrebbe aver risentito del peggioramento del riscaldamento globale degli ultimi anni.

La colpa è stata addossata alla NTEK, poiché ha avuto l’imprudenza di costruire la centrale proprio su questo tipo di terreno. Non è neanche la prima volta che incidenti del genere avvengono in impianti della Norilsk Nickel: nel 2016 da un installazione metallurgica di proprietà della società era fuoriuscito del materiale inquinante che si era poi (anche in quel caso) riversato in un fiume. Putin, qualche giorno fa, ha lasciato una dichiarazione in riguardo all’accaduto, annunciando lo stato d’emergenza: il presidente della federazione russa ha annunciato che verranno mobilitate ingenti risorse per soccorrere la zona interessata dall’incidente, oltre ad assicurare che verrà avviata un’indagine per fare luce sulle cause della perdita di gasolio.

I problemi che ne derivano sono gravissimi

Prima di tutto, si teme un ulteriore catastrofe ecologica: il contenimento attivato non garantisce che elementi tossici non siano già effettivamente entrati nel fiume, poiché quelli più velenosi sono composti aromatici (come benzene e toluene), che se si mescolano nell’acqua, diventa pressoché impossibile raccogliere.
Dmitry Klokov, portavoce dell’agenzia di pesca statale russa Rosrybolovstvo, ha dichiarato:

“Si può già dire che ci vorranno decenni per il ripristino dell’equilibrio ecologico del sistema idrico Norilo-Pyasinsky interessato”.

Danni seri inoltre, potrebbero ripercuotersi anche sull’economia del paese. La Siberia è un territorio che negli ultimi anni è stato più volte vittima di catastrofi ambientali gravissime, le quali hanno progressivamente piegato la popolazione a condizioni di vita al limite dell’umana tolleranza. Come dimenticare, ad esempio, l’interminabile serie di incendi che avevano colpito le sue foreste durante l’estate scorsa? Nonostante la zona lesa corrisponde a un’area grande cinque volte il Belgio, il mondo sembra essersi dimenticato di questa tragedia, assecondato dal mutismo collettivo dei media.

A causa dello sfruttamento spudorato delle risorse ambientali russe, sono stati danneggiati diversi meccanismi naturali che garantivano un fragile equilibrio tra uomo e natura, oltre ad una certa prosperità. Dopo essere entrati in competizione con Cina e India (i giganti del legname a livello internazionale), la Russia ha avviato negli ultimi anni un disboscamento selvaggio – e spesso illegale – delle aree forestali, prime fra tutte proprio quelle della Siberia.

Lo scorso anno, con l’inasprimento del cambiamento climatico (venti irregolari e clima molto secco), la tragedia si è consumata, sotto lo sguardo omertoso di alcuni rami della Federazione Russa. Non c’è da meravigliarsi, quando personaggi come Alexander Uss (presidente della Siberian Federal University), sostengono che “spegnere il fuoco nelle foreste è inutile tanto quanto lo è lottare contro la neve d’inverno”.

L’opinione di Nicolai Lilin

Nicolai Lilin, autore e scrittore russo, residente in Italia da moltissimi anni, ha spiegato che il maggiore problema a monte di questi disastri sia la corruzione insita nei grandi meccanismi che pilotano il paese.


Cosa fanno queste persone: loro arrivano d’inverno, tagliano gli alberi, li puliscono sul posto con grandi macchinari mobili capaci di separare il tronco dai rami direttamente in loco; poi verso primavera, danno fuoco a tutto, lasciando che la zona bruci. Tutto questo per coprire le tracce, in modo da poter dire in seguito che la foresta non è stata disboscata ma bruciata. Ovviamente tutto questo è possibile perché il governo centrale di Mosca ha deciso di guardare dall’altra parte, di ignorare questa gente.”

L’aspetto peggiore, a dire il vero, non è solo l’elegante “voltafaccia” messo in atto dai vertici politici russi ed internazionali, ma anche la marginalizzazione dell’evento operata dai media; come è già stato appurato durante gli incendi dell’estate scorsa infatti, un problema di rilevanza globale, non è mai stato degnato della giusta risonanza. D’altronde, questo non fa altro che riflettere il tipico comportamento dell’uomo moderno: deresponsabilizzarsi da situazioni che non lo coinvolgono nell’immediato e non impongono una mutazione radicale del proprio stile di vita.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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