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I corsari inglesi tornano alle origini: dopo la Brexit, ecco i primi paradisi fiscali

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Il Regno Unito annuncia la creazione di otto porti franchi sottoposti a giurisdizioni speciali: banali paradisi fiscali, nei quali i vizi privati e il malaffare vengono trasformati in benefici pubblici. Esattamente quello che succede in alcuni stati europei e con effetti nocivi sul medesimo soggetto: il nostro erario.

di Pierluigi Fagan

L’altro giorno, la ONG collegata ad ATTAC, Tax Justice Network, informava che ogni anno noi italiani perdiamo 7 miliardi di gettito fiscale, per colpa di una costellazione di paradisi fiscali, per lo più europei. Tra questi, nei primi dieci, quattro sono territori britannici, due lo erano, uno è di uno stato creato anch’esso dai britannici.

Gli altri tre, uno è europeo per geostoria (Svizzera) e due invece sono europei a tal punto da essere nell’Unione. Uno ci ha dato il simpatico ex Presidente della Commissione europea J.C. Juncker per 18 anni Primo Ministro di un Granducato (Lussemburgo), l’altro è una monarchia i cui rappresentati in Europa pare abbiano una predilezione critica verso l’Italia, bacchettata da sempre di esser spendacciona e poco seria (Paesi Bassi).

Insomma sei decimi della galassia dei pirati fiscali sono granducati e regni, in Europa. Regni, Granducati, pirati e corsari, quando si dice “la modernità”.

In effetti, l’istituzione piratesca moderna fu inglese nelle sue origini. Nel XVI secolo, l’Inghilterra era uno stato dallo statuto precario perché gli inglesi, d’origine, sono molto diffidenti verso qualsiasi attore possa limitare le loro libertà barbare, quelle degli angli e dei sassoni che lì migrarono quando i romani tolsero le tende quattro secoli dopo Cristo.

Essendo uno stato debole, non avendo un sostenuto e preciso introito fiscale, il sovrano non aveva i soldi per pagarsi una marina militare. Ma gli inglesi per mare ci andavano, privatamente e ci andavano per fare rapine ad altre navi.

Gli spagnoli si prendevano la briga di armare pesanti flotte che facevano avanti indietro con le Americhe, ma quando tornavano verso le coste europee, ecco le navi pirata con gli astuti inglesi che le assaltavano facendo bottino a poco prezzo.

Il monarca inglese, allora, decise di reclutarli come esercito privato donando loro una sorta di documento di ufficialità, la lettera di corsa, dai cui i corsari. Alcuni diventarono poi “Sir” per i servizi resi alla Corona e di loro discendenti sedettero di nobile diritto nel Parlamento.

La stragrande maggioranza dei paradisi fiscali sono ancora oggi britannici, poi un po’ americani che sempre dai britannici vengono o olandesi che fecero sistema con gli inglesi lungo tutto il XVII secolo. Ora, la Gran Bretagna post Brexit, come qui più volte previsto, ha deciso di rinverdire la tradizione di sfruttare i vizi privati per trarne pubblici benefici.

I vizi privati sono economicamente trattati in parte dalla delinquenza organizzata, in parte coltivati dai pirati fiscali che però non sono privati, sono giurisdizioni che rispondono in sovranità alla madre patria, britannica appunto. Però per alcune cose sì, per altre no.

UK quindi, ci annuncia di voler disporre ben otto nuove giurisdizioni speciali dove le leggi son sospese, sei sulle proprie coste più due aeroporti. L’attuale Cancellerie per lo Scacchiere, lo aveva teorizzato nel 2016 e l’idea venne ripresa nel programma politico di B. Johnson che oggi ha dato via libera.

In questi paradisi senza legge, si ricicla denaro sporco, si trattano merci imbarazzanti, non si pagano tasse e si fa elusione a go-go, ci si mette sede legale di qualche scatola cinese, si sospendono diritti sindacali e si dà libero sfogo ai vizi privati che però diventano pubblici benefici, ovviamente per i britannici.

Queste zone extra-giuridiche pur facenti parte di uno Stato, sono 5400 nel mondo e 1000 sono state aperte negli ultimi cinque anni. Sono lo scolino che fa colare l’essenza del sistema ovvero del capitalismo, i soldi.

Soldi che evitano strettoie giuridiche e soprattutto evitano il pagamento della quota fiscale che tutti i convenuti in società dovrebbero pagare ovvero le tasse. Ma attrarre flussi di business, che sia finanziario o commerciale al limite o oltre al limite del legale, porterà comunque benefici indiretti all’Isola.

Chissà se i tifosi euro-continentali della Brexit, invaghiti dal moto sovranista dei fieri anglosassoni, avevano capito che i brit si apprestavano ad issare il jolly roger per rapinare ricchezza europea, cioè quella dei loro stessi stati. Scappi dall’Europa e ti ritrovi i pirati, che mondo tremendo eh?

Ma nel mondo terribile non c’è paradiso che tenga. Invece che sovranisti alle vongole, potreste scegliere di esser europeisti alla vaccinara. Così vi beccate la concorrenza fiscale ritenuta legale, da parte dei simpatici olandesi, irlandesi, ciprioti, maltesi, lussemburghesi e persino i miti belgi che pure ospitano palazzo Berlaymont in quel di Bruxelles. Così va il mondo.

Ciò che perdiamo annualmente in fisco vale più o meno quello che spendiamo per il criminale reddito di cittadinanza. Non passa praticamente giorno che la occhiuta libera stampa non ci informa di qualche criminale che prende il reddito di cittadinanza, soldi tolti allo sviluppo produttivo del bene comune.

Articolo probabilmente scritto da un tizio che lavora per una azienda i cui proprietari probabilmente usufruiscono dei servizi di evasione ed elusione fiscale testé descritti. Ma tanto, mediamente, chi mai capisce come funziona l’idraulica del sistema?

L’importante è che poniate la vostra precaria attenzione su un pezzo del sistema alla volta e che sfoghiate la vostra impotente rabbia su qualche osso datovi apposta per appuntire i denti, cosa mordere e cosa no lo decide chi vi dà l’osso.

Ogni inferno ha il suo paradiso, ma al primo è occlusa la vista del secondo. Meno male che in Occidente c’è la democrazia, altrimenti queste cose non potremmo scriverle, una bella soddisfazione no?
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