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Diagnosi del tumore al seno a casa possibile grazie all’invenzione di Judit Giró Benet

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Si chiama Judit Giró Benet la giovanissima studentessa di biomedica vincitrice dell’International 2020 James Dyson Award con The Blue Box, un apparecchio che consente di rilevare il tumore al seno da casa, senza procedure costose e invasive.

Judit Giró Benet ha progettato una piccola scatola capace di effettuare uno screening biomedico del tumore al seno, attraverso un campione di urina e un algoritmo dotato di Intelligenza Artificiale, rilevando così i primi segnali della malattia. Il dispositivo è collegato inoltre ad una app che mette immediatamente in contatto l’utente con un operatore sanitario, nel caso in cui il campione risultasse positivo. Come lei stessa afferma:

Blue Box ha il potenziale di rendere lo screening tumorale parte della routine quotidiana. Può aiutare a cambiare il modo in cui la società lotta contro il tumore al seno, facendo sì che le donne possano evitare una diagnosi in stadio avanzato.

Un controllo più agevolato e accessibile

L’obiettivo di Judit Giró Benet era quello di fornire un servizio usufruibile comodamente nell’ambiente domestico per agevolare i processi di screening e renderli più accessibili alle utenti, fornendo un’alternativa meno invasiva, indolore e a basso costo. Un prodotto di cui si dispone già in casa infatti permette di effettuare un esame abitualmente consentendo di tenere sotto controllo in modo semplice un problema che colpisce una donna su otto in tutte le fasce di età.

Solo in Italia ogni anno vengono diagnosticati più di 55.000 casi ma è grazie ai continui progressi della medicina e agli screening per la diagnosi precoce che oggi si muore meno che in passato. La Blue Box, ottenuto il brevetto, costituirà un ulteriore mezzo per la lotta al cancro al seno.

Anche la prevenzione diventa “smart”

Globalmente necessari risultano essere quindi screening più agevoli e accessibili. Si stima che già prima della pandemia il 40% delle donne saltasse la propria mammografia di screening per il tumore al seno, portando alla rilevazione tardiva della malattia e riducendo in questo modo la possibilità di sopravvivenza. Con la pandemia e la chiusura di quest’anno la situazione è ulteriormente peggiorata. I primi cinque mesi del 2020 registrano 400 mila esami di screening in meno rispetto all’anno precedente.

Un progetto come la Blue Box appare rivoluzionario soprattutto nell’ottica del periodo storico che stiamo attraversando. La giovane ingegnera, spinta anche dalla diagnosi di tumore al seno della madre, presenta un prodotto che renderà lo screening tumorale parte della routine quotidiana e soprattutto un cambiamento radicale nel modo in cui si combatterà questa malattia.

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Di Francesca Russo

Francesca, laureata in Comunicazione Interculturale, oggi studentessa al secondo anno magistrale in Area and Global Studies for International Cooperation presso l'Università degli Studi di Torino.

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