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Multinazionali e radical chic contro Trump

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Adesso è ufficiale. Radical chic, ex comunisti e le multinazionali giocano nella stessa squadra. Già da tempo immemore noi abbiamo denunciato come esponenti di quella che, una volta, poteva essere chiamata sinistra, si siano venduti totalmente al capitale. Ora però non c’è più spazio per il dubbio. La nuova amministrazione americana targata Trump e le sue prime azioni stanno smascherando un’alleanza che era in piedi già da tempo. Le multinazionali Starbucks, Nike, Google e Airbnb hanno preso una netta posizione contro il “muslim ban”, adducendo alla protesta motivi moralistici.

Inutile sottolineare quanto sia grottesco e tragicomico che una multinazionale, che per natura contrattuale, ha come unica morale la massimizzazione del profitto, si permetta di dare lezioni di moralità ed etica a chicchessia. Da Starbucks, Nike, Google e Airbnb potremmo accettare lezioni su come si massimizzano i profitti, socializzando i rischi. Ovvero come scaricare sulla popolazione tutti i rischi dovuti alla produzione. O ancora lezioni su come aggirare plurime volte le leggi di stati sovrani nazionali per sfruttare manodopera a basso costo e distruggere l’ambiente.

La Nike per esempio, che oggi dichiara che “i nostri valori sono minacciati dal recente decreto”, potrebbe insegnarci come è stato possibile pagare i suoi operai vietnamiti, indonesiani e thailandesi, 50 centesimi al giorno. Sfruttandone la manodopera per oltre 12 ore giornaliere, con la possibilità di impiegare minori. Oppure come ha fatto a scatenare uno dei più grandi scioperi della storia recente, che vide 20.000 operai vietnamiti in strada, perché la Nike non riusciva a dare più di 40 euro mensili agli stessi. Una cifra inferiore al prezzo di un comune paio di scarpe. Povera Nike che non riesce a dare più di 40 euro mensili, pur avendo un fatturato annuo di 30,601 miliardi di dollari.

Meno male che ci pensano loro a dare lezioni di moralità. Starbucks potrebbe invece insegnarci come si sia supinamente piegata al volere dell’Arabia Saudita, quando un anno fa poneva all’ingresso di un locale di Ryad la scritta “Qui le donne non possono entrare”. I muri di Trump non piacciono a Starbucks, quelli di genere sì.

D’altra parte Airbnb ci potrebbe spiegare come si costruisce un mercato monopolistico che va contro i principi basilari di una libera concorrenza. Trovando modi e sotterfugi legislativi che gli permettano di subire una lievissima imposizione fiscale. In effetti ne hanno proprio bisogno di pagare meno tasse per sopravvivere, visto che il loro fatturaro annuo si aggira sui 24 miliardi di dollari.

Tutte queste multinazionali sono in allarme perché l’isolazionismo americano può davvero creare un effetto a catena tale da risollevare il ruolo degli Stati nazionali e dei loro confini naturali. Lo Stato nazionale e le sue leggi sono i primi ostacoli alla volontà di profitto delle multinazionali. Se Trump chiude ai paesi arabi, anche i paesi arabi chiuderanno a Trump e alle multinazionali che negli States hanno la sede, come tutte le sopracitate.  

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Di Redazione Elzeviro.eu

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