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Su Aleppo le amenità dei media occidentalisti continuano

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Le grandi testate left-wing del pianeta si sono profuse nella condivisione di video girati da presunti civili intrappolati, che altro non sono, come ha dimostrato questo articolo (ma anche altri), ribelli che servono la causa dei terroristi di Al Nusra. Gente che inneggiava a Bin Laden, per intenderci. Tutte le riserve sulla paternità dei video dei falsi civili intrappolati erano già state espresse nel corsivo di M.Crudelini.

Dacché sempre in guerra comandano gli interessi economici, però, gli Stati Uniti hanno seguitato con un’arroganza quasi comica ad attaccare la Russia per le nefandezze commesse. Sopra di tutti gli episodi per comicità si rammenta ancora il recente il teatrino recitato in settimana dell’ambasciatrice Usa, Samantha Power, alle Nazioni Unite. La stessa, rivolgendosi ai rappresentanti russo, siriano e iraniano, ha chiesto se “non si vergognassero” per le atrocità commesse in Siria. In risposta il diplomatico russo Vitaly Churkin ha domandato alla Power se fosse “Madre Teresa”, aggiungendo che il Paese da lei rappresentato non può dare lezioni di civiltà a nessuno, considerato il suo curriculum sanguinis. 

Non ci si può nascondere dietro un tifo da stadio (USA versus Russia) nella questione siriana, né cedere alle balle mediatiche stile Economist, che si è dato al catastrofismo dopo la liberazione di Aleppo: “Quando gli interessi trionfano sopra i valori, cose terribili possono accadere“. Se gli interessi a prevalere fossero stati quelli dei ribelli/terroristi armati dagli Stati Uniti, animati da “valori” sì, ma di estremismo pazzoide, con tanto di complicità dei qatarioti e dei sauditi, nei palesi progetti di rendere sunnita (paesi del Golfo persico che hanno perso milioni di petrodollari in questa battaglia) ed ottomanizzare la Siria (Erdogan), la corrida massmediatica occidentalista si sarebbe prodotta in giubili e avrebbe profetizzato sprazzi di luce nella lotta contro Assad. 

Oggi persino questa corrente massmediatica imperante si piega a fronte di una controinformazione di pari potenza ed attendibilità, con inviati da tutta Europa, finanziati dal crowfunding. Non siamo più negli anni d’oro in cui le fonti d’informazione erano limitate alle testate controllate dai grandi gruppi editoriali. A causa di questa premessa anche giornali come Guardian, Economist e Repubblica devono ammettere, e ammettono, che “oggi una parte dei ribelli è composta da terroristi”. La verità è però che la maggior parte dei ribelli è composta da ex militanti di Al Qaeda, attuali simpatizzanti o membri di Al Nusra, e persone che non fanno la guerra all’Isis, quanto piuttosto al regime di Assad.

Il circo occidentalista (Economist) li identifica con i partecipanti alle sparute manifestazioni anti Assad del 2011, prima dell’inizio della guerra, alle quali presero parte anche Curdi e Cristiani, et voilà l’inverecondo assioma: i ribelli sarebbero in minima parte terroristi, per il resto Cristiani, Curdi, e mussulmani sunniti moderati. Bestialità da condannare in toto: bene si conosce la condizione dei Curdi, alleati indefessi di Assad nella speranza di un’indipendenza (magari passando per l’autonomia) e timorosi della Turchia che li ha lungamente perseguitati. Sulla persecuzione dei cristiani in Siria, invece, si sono spesi fiumi di inchiostro, ma non di aiuti umanitari e “cristiani”.

La Turchia solo ora sta abbandonando il progetto di ottomanizzazione dell’area, anche a causa di una rinnovata alleanza con la Russia maturata a fronte della poca credibilità delle istituzioni occidentali come la Nato, della quale fa parte, e che si produce in teatrini come quello di cui sopra. Probabilmente nella decisione di Erdogan ha pesato altresì la nomina a presidente di Donald Trump, che vorrebbe cessare o drasticamente diminuire l’impegno militare nell’area. Altroché “boots on the ground”, come profetizzava l’endorsement hillariano…

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Di Redazione Elzeviro.eu

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